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Imprenditorie dolciario arrestato per mafia a Rimini: “Colpiti uomini d’onore riservati”

L’uomo è finito in carcere perché destinatario di una ordinanza di custodia cautelare insieme ad altre sette persone. Secondo i carabinieri, l’inchiesta ha permesso di svelare l’esistenza di “uomini d’onore riservati” rimasti fino ad oggi del tutto estranei alle cronache giudiziarie,
A cura di Antonio Palma
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Vi è anche un imprenditore dolciario tra i sette arrestati nell'operazione antimafia condotta ieri dai carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo per smantellare la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, appartenente al mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli. Si tratta di Pasquale Saitta, 68enne di Palermo fermato dai militari mentre partecipava alla fiera del dolce a Rimini.

L'uomo era in Romagna proprio in qualità di imprenditore del settore e aveva partecipato all'evento riminese in programma tra 21 e 25 gennaio mischiandosi con i tanti altri imprenditori arrivati alla nota fiera. I carabinieri quindi non sono intervenuti subito ma hanno eseguito il mandato di arresto in un albergo di Rimini dove alloggiava con un blitz poco prima dell’alba di martedì 24 gennaio.

Nei suoi confronti le accuse sono pesantissime come dimostra l'ordinanza di custodia cautelare che lo ha portato in carcere insieme ad altre quattro persone e che ha disposto i domiciliari per altri due. Secondo gli inquirenti, apparterrebbe al vertice mafioso della famiglia di Rocca Mezzomonreale che si stava riorganizzando dopo i dissidi interni che avevano creato una spaccatura.

Secondo i carabinieri, l'inchiesta ha permesso di svelare l’esistenza di "uomini d’onore riservati" rimasti fino ad oggi del tutto estranei alle cronache giudiziarie, i quali, pur dimostrando una piena adesione al codice mafioso universalmente riconosciuto da cosa nostra, godrebbero di una speciale tutela e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità dell’associazione.

Per gli inquirenti, gli arresti hanno permesso di smantellare la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale ma anche di confermarne le storiche figure di vertice, già in passato protagoniste di episodi rilevantissimi per la vita dell’associazione mafiosa, quali, ad esempio, la gestione operativa della trasferta in Francia del capomafia deceduto Bernardo Provenzano per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con l’allora capomafia trapanese latitante Matteo Messina Denaro.

La stessa inchiesta ha confermato la piena operatività dell’associazione mafiosa nel suo complesso, nonché il costante richiamo alle più arcaiche regole mafiose scritte nello "statuto della mafia" dai “padri costituenti”, custodito gelosamente da decenni e considerato  il baluardo dell’esistenza stessa di cosa nostra

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