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Sacri abusi, storie di preti pedofili

Abusi dal prete, gip archivia: “Era consenziente”. Giada: “Ha vinto potere della Chiesa”

“Ha vinto il potere della Chiesa”. Così commenta Giada Vitale, vittima di violenza sessuale da don Marino Genova, l’archiviazione del fascicolo riguardante gli approcci sessuali avvenuti dopo il compimento del 14esimo anno di età. Dopo quella soglia, infatti, per l’ordinamento italiano Giada sarebbe stata ‘consenziente’. I fatti sono avvenuti nel 2009 a Portocannone.
A cura di Angela Marino
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Don Marino Genova, ex parroco di Portocannone, non sarà processato per gli approcci sessuali avuto con Giada Vitale dopo il compimento del 14esimo anno di età. Il GIP di Larino, Rosaria Vecchi, infatti, ha respinto la l'opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla pm Ilaria Toncini per il fascicolo riguardante gli episodi che hanno seguito il 14esimo compleanno di Giada, quando, secondo i giudici sarebbe entrata in un'età che le permetteva di esprimere consenso. A rendere paradossale la divisione in due filoni del caso di abusi sessuali, è anche il fatto per che per gli approcci sessuali andati in scena quando Giada aveva 13 anni (strusciamenti, rapporti completi e incompleti), Don Marino è stato condannato in appello a 4 anni e dieci mesi di carcere per violenza sessuale e sospeso dalla diocesi di Larino a divinis fino al pronunciamento definitivo del Tribunale italiano, dall’ufficio di parroco. I reati commessi da Don Marino, che ha avuto contatti sessuali con Giada dai 13 ai 17 anni della giovane, sono così stati limitati nel tempo a soli due mesi. Appena sessanta giorni, dall'aprile 2009, quando c'è stata la prima violenza, al giugno 2009, quando Giada ha compiuto gli anni.

Condannato in appello a 4 anni: violenza sessuale

C'è da dire, inoltre, che per i fatti avvenuti nella sacrestia della chiesa di San Pietro e Paolo nel 2009, anche la Chiesa ha processato e condannato Don Marino, ma senza operare distinzioni sulla colpa in base all'età anagrafica della vittima. Ecco quanto riportato, all'epoca, da un comunicato della Diocesi di Larino. "Si precisa anche che la legge della Chiesa considera la minore età quella inferiore ai 18 anni senza la distinzione, per questa tipologia di reati, di periodi antecedenti o successivi ai 14 anni come prevede, invece, l’ordinamento penale italiano". "Per questo motivo – si legge – il sacerdote è stato già processato con sentenza in autonomia dallo Stato italiano secondo quanto previsto dall’ordinamento canonico".

Condanna dalla Chiesa, ma senza distinzioni di età

"Il vescovo, Gianfranco De Luca  – continua – appena ricevuta la notizia dei fatti contestati a don Marino Genova da parte di Giada Vitale ha immediatamente proceduto per verificare la verosimiglianza delle accuse con una indagine preliminare che ha accertato i fatti contestati; ha quindi allontanato dalla parrocchia di Portocannone il sacerdote e ha istituito il Tribunale ecclesiastico diocesano per svolgere il processo canonico che ha emesso  la sentenza". La condanna della Chiesa, che ha quindi ravvisato gli abusi e le violenze perpetrate su Giada Vitale, all'epoca organista della parrocchia, è consistita "nella sospensione a divinis fino al pronunciamento definitivo del Tribunale italiano, nell’interdizione all’ufficio di parroco e nell’invito a vivere in una casa religiosa”.Sospensione che a quanto pare Don Marino, libero in attesa di giudizio definitivo, non sta rispettando. L'ex sacerdote è stato immortalato recentemente con la tonaca bianca sull'altare della Chiesa di Subiaco, come riportato alcune settimane fa da Fanpage.

Don Marino sospeso, ma veste la tonaca da prete

Giada Vitale ha denunciato l'ex parroco a 17 anni, dopo quattro anni di quelli che la legge non considera abusi ma una ‘relazione consenziente'. Nel processo celebrato al Tribunale di Larino, i difensori di Giada hanno fatto presente più volte la condizione di minorità e di subalternità di Giada nei confronti del allora 55enne parroco, che, oltre ad essere una figura di riferimento in quanto sacerdote della parrocchia della sua comunità, era per lei un tutore. Dopo la morte del papà di Giada quando lei era piccolissima, infatti, sua nonna paterna l'aveva ‘affidata' al sacerdote perché, pur a distanza, si prendesse cura di lei e la seguisse. Neanche queste considerazioni sono valse a cambiare la posizione dei giudici, tuttavia. "Una piccolissima parte di me credeva profondamente che il GIP questa volta avesse deciso in scienza e coscienza, ma questo non è accaduto. Ma loro d'altronde, avevano già deciso. Certo, così doveva andare. Bisognava assolutamente salvare anche questa volta don Marino Genova. Il potere della Chiesa ha vinto".

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