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A che punto è la discussione sul salario minimo orario

Si torna a parlare di salario minimo orario, il Partito Democratico ha presentato una nuova proposta di legge al Senato aprendo alle richieste dei sindacati. Di Maio ha commentato: “a me sembra la retromarcia di un partito che ancora una volta non difende i lavoratori, ditemi se questa è la sinistra in Italia”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Si sta parlando di nuovo di salario minimo orario, perché il Partito Democratico ha presentato un nuovo disegno di legge al Senato cambiando completamente la proposta precedente. Ora a Palazzo Madama ci sono due ddl diversi sulla questione, il primo è stato proposto dal Movimento 5 Stelle, che vorrebbe allargare la misura anche in Europa, il secondo dal Pd, con i due partiti che discutono da quando Nicola Zingaretti, appena eletto segretario dei dem, aveva avuto un botta e risposta a distanza con Luigi Di Maio. Dopo aver incontrato i sindacati e le associazioni di imprese, i democratici hanno deciso di accogliere le richieste e scrivere una nuova proposta. La novità più importante del nuovo testo è che non contiene più una cifra fissa per il salario minimo, ma il valore legale sarebbe stabilito in base ai contratti collettivi nazionali. Mentre per i lavoratori non coperti dal CCNL sarebbero le stesse parti sociali a determinare il salario minimo. Il Pd cerca così di rimettere al centro i contratti collettivi per garantire il salario minimo, con un disegno di legge che dalla settimana prossima arriverà in Commissione Lavoro al Senato.

"Noi abbiamo un tavolo aperto sul salario minimo al ministero del lavoro con i sindacati ed è un dialogo che porteremo avanti anche con le associazioni di categoria dei datori di lavoro – ha annunciato il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, durante una diretta Facebook dal Salone del Mobile di Milano – a me quella del Pd, più che una proposta sul salario minimo, sembra la retromarcia di un partito che si dimostra ancora una volta un partito che non difende chi lavora". L'obiettivo del nostro disegno di legge, ha continuato il ministro del Lavoro, è garantire "due diritti: uno a chi lavora, di arrivare a fine mese, e l'altro alle imprese, di non subire dumping salariale, che significa che qualcuno fa il furbo, sottopagando i dipendenti e facendo concorrenza sleale alla maggioranza degli imprenditori". Poi Di Maio è tornato ad attaccare il Partito Democratico, sostenendo che la loro proposta "non è sul salario minimo, ma interviene sulla normativa dei contratti collettivi. Il Pd dell'era Zingaretti ha proposto prima di aumentare gli stipendi ai parlamentari, poi di ricostituire i vitalizi, poi una patrimoniale, adesso fa retromarcia sul salario minimo. Ditemi se questa è la sinistra in Italia, a me sembra il vecchio Pd rinato un po’ stanco".

Il salario minimo è il primo punto della sezione lavoro nel contratto di governo, in più, in via generale, è una proposta che sulla carta è largamente condivisa anche dalle opposizioni. Infatti, oltre ai due disegni di legge al Senato, ce ne sono altri tre alla Camera sullo stesso argomento: uno proposto sempre dal Partito Democratico, uno da Fratelli d'Italia e uno da Liberi e Uguali. Fino a ieri la differenza principale tra i due testi di Palazzo Madama era proprio la cifra minima oraria del salario, che per i 5 Stelle doveva essere di 9 euro lordi e per il Pd di 9 netti, mentre ora nel nuovo testo dei dem è scomparsa. In entrambi i documenti era contenuto un processo di adeguamento al costo della vita, con il Pd che proponeva l'aumento del salario minimo rispetto al Foi dell'Istat (indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati) e il Movimento 5 Stelle che preferiva utilizzare l'IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea). I sindacati, spaventati dalla possibilità che i datori di lavoro si sottraessero ai contratti collettivi perché avvantaggiati da un nuovo salario minimo, hanno chiesto da subito un cambiamento netto che, alla fine, il Partito Democratico ha deciso di concedere.

Che cos'è il salario minimo

Il salario minimo orario corrisponde alla cifra minima che il datore di lavoro deve pagare all'ora al suo dipendente per legge. Da tempo si discute se una riforma del genere migliorerebbe o peggiorerebbe le condizioni del mercato del lavoro. Bisogna innanzitutto considerare che nei Paesi Ocse che hanno il salario minimo per legge, questo equivale a un valore tra il 40% e il 60% del salario mediano, che in Italia sarebbe tra i 5 e i 7 euro. I 9 euro prospettati finora sarebbero sostanzialmente un costo altissimo per le aziende. Approvare una misura simile ha due rischi: se la cifra fosse troppo bassa invoglierebbe i datori di lavoro ad uscire, quando fosse possibile, dai contratti collettivi nazionali, la più grande paura dei sindacati, e se fosse troppo alta favorirebbe il lavoro nero, perché imporrebbe costi troppo alti agli imprenditori.

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