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La condanna a Grillo nel Paese dei cialtroni e degli avvoltoi

Ben venga la condanna per un linguaggio molesto di cui avremmo bisogno di liberarci per davvero ma allora ci dovrebbero essere decine di dirigenti politici condannati subito domani per “associazione politicante di bene pubblico per interesse privato”. Un reato così, una cosa da “inettitudine al governo” o un reato di cialtroneria o un rinvio a giudizio per atteggiamento avvoltoio.
A cura di Giulio Cavalli
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Dunque la notizia del giorno è che Beppe Grillo si prende un anno di galera (con "50.000 euro di multa" come aggiunge lui stesso nel suo blog) perché ha inveito contro Franco Battaglia, docente di Chimica ambientale del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell'Università di Modena e Reggio, che in televisione (pubblica) voleva convincerci che il nucleare fosse cosa buona e giusta (non che sia una novità, questa) ma soprattutto che secondo alcuni studi le radiazioni di Chernobyl non siano state dannose e che non siano più dannose di molti altri luoghi a rischio (nel corso della trasmissione ha addirittura puntato il dito sulle radiazioni rilevate lì in diretta nello studio di Santoro). Durante l'esposizione del proprio illuminato pensiero il professore pro-nucleare ci ha anche avvisato di come i pannelli solari siano una "truffa tecnologica". Grillo poi, nel corso di un comizio elettorale nel 2011 per il referendum sul nucleare avrebbe etichettato come "vergognoso" il servizio pubblico che accetta di ospitare tale negazionismo pro nucleare augurando al professore qualche calcio nel culo, Cose alla Grillo, insomma. Invece il Tribunale di Ascoli ha ritenuto gravemente diffamatorio il comportamento del comico genovese e oggi è arrivata la condanna.

Lungi da me discutere una sentenza di cui ancora non conosciamo le motivazioni e senza nascondere una certo "fastidio" per l'iperbolico linguaggio di Beppe Grillo su molti temi non posso però evitare di pormi una domanda: nel Paese in cui si invoca la morte in mare dei profughi, nel paese in cui un ex ministro dichiarò che "dobbiamo imparare a convivere con la mafia" (Lunardi, ve lo ricordate?), nel paese in cui Casapound occupa illegalmente un paese della periferia milanese per una manifestazione neofascista, nel paese in cui Salvini ogni giorno lucra su notizie (false) e su disperazioni (vere), nel paese in cui impunemente si disse che il mafioso Mangano era un eroe, nel paese in cui si è nascosto e si nasconde il fatto che (da sentenza di Cassazione) Andreotti sia stato in contatto con Cosa Nostra, nel paese in cui i giudici e la magistratura sono da vent'anni turlupinati da un ex Presidente del Consiglio, nel paese in cui a giorni alterni a qualcuno torna la memoria su una presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, nel paese in cui le donne che si avvalgono di un diritto sancito dalla legge (l'aborto) vengono chiamate "assassine", nel paese in cui "gli elettori di sinistra sono dei coglioni", nel paese in cui un olocausto è raccontato come un'invasione, nel paese in cui un sottosegretario (Nicola Cosentino) è non "un amico dei Casalesi" ma un camorrista egli stesso, nel paese in cui un ex senatore (Totò Cuffaro) avvisava un mafioso di non parlare perché intercettato, nel paese in cui un Presidente della Repubblica (Francesco Cossiga) disse che per tarpare le manifestazioni "l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti", in un paese in cui l'ex sindaco di Seregno Giacinto Mariani disse  “Che le opposizioni la smettano di rifarsi a siti anonimi gestiti da animali, da ladri e da schifosi. Perché queste persone devono morire”, nel paese in cui si nega l'esistenza della mafia o della resistenza, ecco in questo Paese qui, siamo sicuri che una sentenza di condanna come questa abbia una misura, abbia un senso?

Senza cadere nel gioco del "tutti ladri" perché "nessuno sia ladro" mi chiedo (e non trovo una risposta) se davvero sia da un'affermazione fatta da Grillo, come mille altre, contro una lobby di pensiero che si debba ripartire per mettere argine ad una classe politica che trova nell'iperbole detta un male minore rispetto alle spericolatezze etiche delle malefatte. Mi chiedo se qualcuno di noi abbia mai pensato di denunciare una delle milioni di bugie che ci vengono propinate quotidianamente, mi chiedo se davvero qualche magistrato non abbia mai intravisto un'apologia di reato nelle parole di una Santanchè qualsiasi, tanto per citarne una?

Ben venga la condanna per un linguaggio molesto di cui avremmo bisogno di liberarci per davvero ma allora ci dovrebbero essere decine di dirigenti politici condannati subito domani per "associazione politicante di bene pubblico per interesse privato". Un reato così, una cosa da "inettitudine al governo" o un reato di cialtroneria o un rinvio a giudizio per atteggiamento avvoltoio. Perché altrimenti se ne colpisce uno senza sapere che sarà il santo e il martire della prossima incazzatura.

Ed è patetico un Paese che trasforma un comico in un Pertini o Mandela mentre gli altri con il sangue che gli gocciola in tasca ridono fuori scena.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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