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“Dylan dovrebbe vincere il Nobel”: le parole di Dario Fo, profezia dei tempi che cambiano

Nel 2001 Dario Fo indicava Bob Dylan come il più adatto a vincere il Premio dell’Accademia svedese. Parole profetiche, nel giorno in cui il Maestro se ne va e Dylan, davvero, vince il Nobel.
A cura di Federica D'Alfonso
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Bob Dylan e Dario Fo

Probabilmente il 13 ottobre 2016 resterà una data memorabile. Nello stesso giorno, il Maestro assoluto del teatro se ne va, e un menestrello scarmigliato si trasforma in un Premio Nobel. Tredici ottobre, lo stesso giorno, due emozioni molto diverse, contrastanti: muore Dario Fo, e Bob Dylan vince il massimo riconoscimento per la letteratura.

In queste ore si parla molto di questi due personaggi: una vita per il teatro che non è mai stato semplicemente “solo” teatro, da un lato, e il cantautore che ha decretato l'ingresso ufficiale della musica “pop” nel novero della poesia, dall'altro. Ma queste due storie solo apparentemente sono diverse: entrambi, Fo e Dylan, sono o sono stati il simbolo dei tempi che precorrono i tempi, ognuno a suo modo. Di quei “tempi che stanno cambiando”, come cantava lo stesso Bob Dylan.

È un'unica storia, quella del premio Nobel Dario Fo e del Nobel Dylan, che al di là di poetiche seppur affascinanti accostamenti, è scritta nelle pagine dei giornali. Questa unione si realizza infatti nelle parole dello stesso Fo quando, in attesa della proclamazione del Nobel per la letteratura del 2001, il Giullare espresse un pensiero che oggi sa di profezia: “Sarei proprio contento se fosse Bob Dylan a vincere il premio Nobel. Purtroppo temo che non avverrà perché da sempre vige la regola che quando si fanno previsioni, non si avverano”. La sua previsione, in effetti, non si avverò: nel 2001 viene scelto lo scrittore trinidadiano Vidiadhar Surajprasad Naipaul, “per aver unito una descrizione percettiva ad un esame accurato incorruttibile costringendoci a vedere la presenza di storie soppresse”.

Ma il Nobel di Dylan “soffiava nel vento” da tempo, dal lontano 1997, quando Gordon Ball, docente di letteratura all'Università della Virginia, lo indica come candidato: quell'anno sarà proprio Fo a vincere il Premio Nobel. Ma ora, quindici anni dopo che alla letteratura viene consegnato un Nobel atipico come Fo, Bob Dylan realizza la profezia. Una profezia forse di parte: Dario Fo era sempre stato fan del menestrello del Minnesota. Il 18 giugno 2010 al Parco Ducale di Parma, al concerto di Dylan, lui era fra il pubblico.

Il giullare e il menestrello

Un'ironica, seppur triste coincidenza. Il Giullare se ne va, il Menestrello diviene poeta. Entrambi vincono il Nobel, a 21 anni di distanza: il primo, “perché, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”, il secondo “per aver creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana”. Dario Fo premio Nobel non piace proprio a nessuno; Dylan ci mette vent'anni per ottenerlo, e anche dopo tutto questo tempo, anche questa scelta non è piaciuta a nessuno. Sembra che i tempi non siano cambiati affatto.

Fanno ormai parte della storia, le polemiche seguite, soprattutto in Italia, alla proclamazione di Fo: alcuni arrivarono addirittura a dire di “non sapere chi fosse Dario Fo”, nella letteratura. Oggi si polemizza su Dylan, criticando una scelta che sembra voler mettere da parte un mondo già abbastanza sofferto e poco rispettato, quale quello della letteratura, “quella vera”. Si tratta in effetti di un grande colpo di scena, di una differenza sostanziale rispetto agli ultimi Nobel: si pensi che nel 2015 veniva scelta la bielorussa Svetlana Alexievich e la sua letteratura politica, "un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo". Non tutti hanno preso bene questo, solo apparente in effetti, cambiamento di rotta: lo scrittore scozzese Irvine Welsh ha scritto una serie di tweet dai toni molto accesi, definendo la scelta come “un premio alla nostalgia mal concepito, strappato dalla prostata rancida di vecchi hippies balbettanti". Musica e letteratura non sono paragonabili. Come all'epoca non erano paragonabili letteratura e teatro. I tempi, davvero, non sono cambiati.

Profezia, o tempi che cambiano?

E invece no. I tempi sono davvero cambiati: ed è proprio per merito di questi due personaggi così diversi. Quella che per alcuni è oggi una profetica coincidenza, potrebbe in realtà leggersi come la più reale, sincera e importante dimostrazione dell'altissimo valore di Nobel inusuali e controcorrente come Dylan e Fo. Le parole di Fo non erano profetiche: erano le parole di un'intellettuale nel vero e ancestrale senso della parola, di colui cioè che sa leggere nelle cose, che sa prevederle in quanto sa andare oltre l'immediatezza del reale. Forse quelle parole pronunciate vent'anni fa non fanno che valorizzare il profondo segno che un'intellettuale, un uomo di cultura come Dario Fo, ha lasciato: la capacità di guardare oltre gli standard stabiliti, per creare qualcosa di nuovo. Una cosa che d'altra parte Dylan fa, da decenni, con la sua poesia musicale.

Venite madri e padri da tutto il Paese, e non criticate ciò che non capite. I vostri figli e figlie non sono ai vostri ordini, il vostro antico percorso rapidamente decade. Gentilmente levatevi dal nuovo, se non potete aiutare…'Ché i tempi stanno cambiando.

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