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Stepchild adoption, valida in Italia l’adozione di una coppia gay avvenuta in Usa

Dopo un lungo iter giudiziario passato anche per la Corte costituzionale, la Corte d’appello di Bologna ha accolto il ricorso di una donna italo-americana sposata con la madre biologica della minore da adottare, stabilendo che la sentenza emanata in Usa nel 2004 è valida a tutti gli effetti anche in Italia.
A cura di Antonio Palma
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La sentenza con cui un tribunale degli Stati Uniti aveva disposto l'adozione di una bambina da parte di una donna italo-americana sposata con la madre biologica della minore è valida anche in Italia. Lo ha stabilito la Corte d'appello di Bologna che ha accolto il ricorso che la signora aveva presentato dopo il rifiuto di trascrivere l’adozione da parte dello Stato civile del capoluogo emiliano. La vicenda riguarda una coppia da anni legata formalmente negli Stati Uniti: entrambe madri con la fecondazione eterologa che dopo il matrimonio hanno ottenuto ciascuna l'adozione del figlio dell'altra. Il caso era approdato in Italia nel 2013 quando una delle due, insegnante universitaria, ottenne la cittadinanza italiana per discendenza e prese la residenza a Bologna dove il nucleo familiare si è trasferito.

A questo punto era scattata la richiesta di trascrizione degli atti sanciti in Usa ma il Comune, dopo un primo accoglimento, in seguito a parere contrario della prefettura, rifiutò la trascrizione per contrarietà all'ordine pubblicò. La parole è passata così ai giudici che dopo un complesso iter giudiziario passato anche per la Consulta, hanno deciso che la sentenza presa nel 2004 da un giudice dell'Oregon è efficace anche in Italia. Della vicenda infatti si occupò anche la Corte costituzionale che, nel 2016, si era pronunciata sul caso dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale sulla stepchild adoption, promossa dal tribunale per i minorenni di Bologna spiegando che il collegio di merito aveva "erroneamente trattato la decisione straniera come un’ipotesi di adozione da parte di cittadini italiani di un minore straniero (cosiddetta adozione internazionale), mentre si trattava del riconoscimento di una sentenza straniera, pronunciata tra stranieri".

Da qui il rinvio al tribunale ordinario che ha ritenuto ininfluente che la stepchild non sia un istituto previsto dall'ordinamento italiano. Secondo i giudici, infatti,  questo argomento si perde "di fronte alla centralità del superiore interesse del minore cui e di fronte ancor ai principi di uguaglianza tra i sessi e di signoria privata e libero sviluppo del singolo nella famiglia". Le due donne, spiega la Corte, sono una famiglia formata ormai molti anni fa, dove le capacità genitoriali non sono in discussione e dove non è mai stato segnalato "nessunissimo problema". Per questo "è interesse primario della minore a mantenere l'ambiente affettivo di sempre". Si provi a immaginare il contrario "e ci si convincerà facilmente della mancanza di alternativa a questa decisione", perché il contrario significherebbe o "separare una famiglia diversificando lo status dei suoi membri, oppure costringerla a revocare la scelta di vivere in Italia, scelta che invece è funzionale al benessere di tutti i suoi membri".

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