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L’amicizia impossibile di Djokovic con Federer e Nadal: “Nella mia testa cambiavo tutto”

Novak Djokovic durante il torneo di Roma ha parlato anche della sua carriera, e della rivalità con Federer e Nadal che lo ha paradossalmente aiutato.
A cura di Marco Beltrami
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Djokovic a Roma ha una grande occasione. Dopo la sorprendente eliminazione di Alcaraz, nuovo numero uno al mondo, è lui il favorito per la vittoria degli Internazionali. Nel frattempo il campione serbo ha trovato il modo di raccontarsi in una lunga intervista a Corriere.it, per parlare del suo passato, della sua formazione, della sua rivalità con Federer e Nadal e della difficile esperienza in Australia.

Tutto parte dall'incontro con un lupo. Un Nole giovanissimo si ritrovò faccia a faccia con l'animale, e da quel momento per lui cambiò anche la sua indole. Le sue parole su quell'esperienza sono pregne di significato: "Un giorno ero solo nella foresta, avrò avuto dieci anni, e ho incontrato un lupo. Provai una paura profonda. Mi avevano detto che in questi casi bisogna indietreggiare lentamente, senza perderlo di vista. Ci siamo guardati per dieci secondi, i più lunghi della mia vita; poi lui ha piegato a sinistra e se n’è andato. Provai una sensazione fortissima che non mi ha mai abbandonato: una connessione d’anima, di spirito. Non ho mai creduto alle coincidenze, e pure quel lupo non lo era. Era previsto. È stato un incontro breve, ma molto importante".

Perché quell'esperienza ha inciso così tanto nella sua vita? Nole lo spiega così: "Perché il lupo simboleggia il mio carattere. Sono molto legato alla mia famiglia, e cerco di essere disponibile con tutti; ma a volte devo stare da solo. Spesso nella vita mi sono ritrovato solo. Solo con la mia missione, con i miei obiettivi da raggiungere. Sono rimasto connesso con quel lupo. Anche perché il lupo per noi serbi è sacro. È il nostro animale totemico".

Tornando agli anni dell'infanzia, il serbo ha raccontato del suo crescere libero e di come dopo lo sci (il suo idolo era Tomba), abbia iniziato a scoprire il tennis. Fondamentale l'incontro con l'ex tennista Jelena Gencic, dopo che il piccolo Nole si era appassionato a questo sport in tv. È stata lei a fissare subito i paletti sia in campo che fuori ("Mi ha fatto crescere anche come uomo, mi ha preparato alla vita. Il mio approccio olistico. l’attenzione a quel che mangio, a come dormo, a come recupero, a come accolgo i pensieri, l’ho trovato in lei. Mi portava a casa sua e mi faceva ascoltare la musica classica").

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Il suo tennista preferito era il brasiliano Kuerten, ma poi Djokovic ha lavorato per assomigliare a quei campioni che Jelena le mostrava: "Mi faceva vedere i video dei campioni: il rovescio di Agassi, il servizio di Sampras, la volée di Rafter e di Edberg, il dritto e i salti di Becker, quei salti che non ho mai imparato a fare".

Dalla terribile esperienza della guerra, vissuta in primo piano con il trauma che si ripropone ancora oggi, al ritrovarsi senza niente e solo con il tennis in zone lontane dai possibili bombardamenti. I genitori per consentirgli di giocare s'indebitarono, e tutta la famiglia dovette sopportare sacrifici enormi. Situazioni che hanno temprato Djokovic, che a proposito della sua vita privata ha poi ricostruito una famiglia solidissima con sua moglie Jelena che conosce da quando aveva 16 anni.

Tutto questo ha permesso a Djokovic di diventare forte tanto tecnicamente e fisicamente, quanto mentalmente. Impossibile non parlare della rivalità con Federer e Nadal. A proposito del primo Nole ha rivelato: "Non siamo mai stati amici, tra rivali non è possibile; ma non siamo mai stati nemici. Ho sempre avuto rispetto per Federer, è stato uno dei più grandi di tutti i tempi. Ha avuto un impatto straordinario, ma non sono mai stato vicino a lui".

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Infiniti i confronti con Nadal: "Nadal ha solo un anno più di me, siamo tutti e due dei Gemelli, all’inizio siamo anche andati a cena insieme, due volte. Ma anche con lui l’amicizia è impossibile. L’ho sempre stimato e ammirato moltissimo. Grazie a lui e a Federer sono cresciuto e sono diventato quello che sono. Questo ci unirà per sempre; perciò provo gratitudine nei loro confronti. Nadal è una parte della mia vita, negli ultimi quindici anni ho visto più lui della mia mamma…".

E proprio con loro due sono arrivate le partite che Djokovic non potrà mai dimenticare, come la finale di Wimbledon 2019: "Alla fine ho detto che il pubblico urlava Roger-Roger e dentro di me il grido diventava Novak-Novak. Quella finale è stata una delle due partite della vita. La finale del 2012 in Australia con Nadal: una battaglia fisica, durata quasi sei ore. Nella maggioranza dei tornei, quando giocavo contro Federer e contro Nadal, il pubblico era contro di me. Mi dicevo: devi sviluppare la forza dentro la tua testa, se no non vinci mai. Ma non è una cosa facile, trasformare il tifo contrario in energia. Non è che funziona sempre. Come diceva Michael Jordan: ho fallito, ho fallito, ho fallito; e ho vinto". Il suo segreto sta tutto in una frase: "I pensieri negativi non vanno respinti, ma accolti e lasciati passare".

Djokovic dopo l'espulsione dall'Australia
Djokovic dopo l'espulsione dall'Australia

Dal campo alla brutta storia legata al suo status vaccinale e alla difficile esperienza australiana del carcere. Djokovic non dimenticherà mai l'espulsione e le polemiche: "Io non sono no vax e non ho mai detto in vita mia di esserlo. Non sono neppure pro vax. Sono pro choice: difendo la libertà di scelta. È un diritto fondamentale dell’uomo la libertà di decidere che cose inoculare nel proprio corpo e cosa no". 

Impossibile dimenticare il posto in cui è stato trattenuto in Australia: "Ero in un carcere. Non potevo aprire la finestra. Io sono rimasto meno di una settimana, ma ho trovato ragazzi, profughi di guerra, che erano lì da moltissimo tempo. Il mio caso è servito a gettare luce su di loro, quasi tutti sono stati liberati, e questo mi consola. Un giovane siriano era lì da nove anni. Avevo avuto il Covid ed ero guarito. Ho rispettato tutte le norme e non ho messo in pericolo nessuno. Eppure una volta là sono diventato un caso politico, uno che metteva in pericolo il mondo. Il sistema, di cui i media sono parte, esigeva un bersaglio, che fosse opposto al mainstream; e lo sono diventato".

Quello che è certo però è che Nole non dimentica tutto quello che ha dovuto subire. "Mi hanno messo l’etichetta di no vax, una cosa del tutto falsa, che ancora adesso mi fa venire il mal di stomaco. Poi si è scoperto che la situazione della pandemia era molto diversa da come veniva presentata. Ora l’Organizzazione mondiale della sanità ha scritto che il virus non è più così grave, che fa parte di tutti i virus che abbiamo. Però si è divisa la società. E io sono stato messo in mezzo, additato come persona non grata".

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Djokovic grato per sempre a Federer e Nadal, ma l’amicizia è un’altra cosa: “

"Mi sono ritrovato solo; ma quella volta mi sono sentito la pecora, circondata da venti lupi. E un uomo solo contro i grandi media non ha chance. Io dimentico in fretta, sono concentrato sulle cose positive. Ho avuto il Covid una seconda volta. Ho sempre accettato le regole, non potevo andare in America e non sono andato, ho rinunciato a due Us Open per restare coerente con me stesso. Non ho parlato, perché ho visto che quel che dicevo veniva distorto. Sono tornato in Australia e ho vinto. Però sono rimasto deluso. Dai media e da molti colleghi".

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