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Il giallo del tampone di Djokovic: da negativo a positivo, l’esito è stato cambiato

Il QR code e i numeri di protocollo della documentazione digitale dei test alimentano il giallo sulla veridicità della documentazione prodotta da Novak Djokovic. Il tennista ha sempre affermato di essere risultato positivo il 16 dicembre – dettaglio chiave sul quale è stata basata la sua memoria difensiva – ma l’esito certificato dice qualcosa di diverso. E ci sono diversi punti oscuri.
A cura di Maurizio De Santis
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Il giallo sul risultato del tampone è l'ennesimo colpo di scena nel caso Djokovic.
Il giallo sul risultato del tampone è l'ennesimo colpo di scena nel caso Djokovic.

Una matassa ingarbugliata. Un rompicapo che sembra uscito dalla trama di un romanzo giallo di Agatha Christie. Perché tale sembra essere la vicenda di Novak Djokovic, il campione serbo giunto in Australia per giocare lo Slam è finito al centro di un caso di portata internazionale per la rilevanza del personaggio, della sua posizione sui vaccini, delle strane incongruenze sulle date e sui risultati dei test in cui è risultato positivo e poi negativo al Covid, delle foto che sollevano sospetti anche sulla gestione della quarantena, della battaglia legale con le autorità istituzionali iniziata in aeroporto sulla (mancata) concessione del visto e quant'altro abbia fatto parte di questi giorni tormentati, dell'interrogatorio nel quale si è detto scioccato.

Dalla "stanza tugurio, sporca e piena di insetti", in cui sarebbe stato confinato nel centro d'accoglienza in attesa che la sua posizione si chiarisse, fino alla vittoria in tribunale che lo ha messo in libertà consentendogli di allenarsi per scendere in campo agli Open (ma non è detto che vi partecipi): c'è di tutto nella trama, compreso il possibile colpo di scena finale con il ministro dell'Immigrazione che – forte dei poteri concessigli dal Migration Act – può rimettere alla porta Djokovic e far sì che il provvedimento di espulsione di quella "persona non gradita" resti tale per i prossimi 3 anni.

Nella conferenza stampa svolta in collegamento con la famiglia la stella numero uno del tennis mondiale ha detto di voler pensare solo "a giocare" mentre i parenti – che nei giorni più caldi lo avevano definito un martire "crocifisso come Gesù" – hanno fatto il possibile perché i media dessero ampio risalto alla sua versione dei fatti parlando di "torture e molestie" ma senza fare luce su alcuni dei punti critici (emblematica la reazione del fratello di Djokovic che se ne va senza rispondere). C'è stato anche un giallo ulteriore quando, una volta rilasciato dal giudice che ha preso in esame il suo caso ("cos'altro avrebbe potuto fare quest'uomo?", ha ammesso in riferimento al vizio procedurale avvenuto al momento del suo arrivo nel Paese) s'era diffusa la voce di un presunto arresto, indiscrezione subito smentita a corredo degli scontri tra sostenitori del tennista e agenti all'esterno dell'ufficio dei legali.

In realtà, era stato solo trattenuto per quattro ore come previsto dalla legge: se in quel lasso di tempo il ministro si fosse pronunciato – in un senso o nell'altro – la sua vicenda sarebbe finita in quel momento. Dentro o fuori, lo saprà il 12 gennaio considerata la decisione di rimandare la comunicazione per meglio valutare tutti gli aspetti. Perché tra i punti oscuri ce ne sono alcuni che alimentano sospetti ulteriori.

Djokovic in collegamento con i familiari durante la conferenza stampa svoltasi qualche ora dopo la sua "liberazione".
Djokovic in collegamento con i familiari durante la conferenza stampa svoltasi qualche ora dopo la sua "liberazione".

Il focus questa volta non è relativo alle foto di Djokovic ma al QR code e ai numeri di protocollo della documentazione digitale dei suoi test. Cosa è successo? In buona sostanza, il tennista ha sempre affermato di essere risultato positivo il 16 dicembre – dettaglio chiave sul quale è stata basata la memoria difensiva imperniata sull'esenzione vaccinale  – ma l'esito certificato dice qualcosa di diverso.

Si tratta di un errore di registrazione oppure ci troviamo di fronte a una manipolazione dei dati? Il "giallo" intorno al tampone ha spiazzato Ben Rothenberg, il giornalista del New York Times e i tedeschi di Der Spiegel: quando hanno effettuato la scansione del codice Qr del test che risale al 16 dicembre hanno ricavato risultati contrastanti: a volte risulta negativo, altre positivo. Ed è un bel guaio per il serbo, considerato che quell'esito è negli atti del Tribunale e adesso rischia perfino di dover rispondere dell'accusa di falso. "Questa cosa è sospetta – dice Rothenberg in un tweet -. Il test Covid-19 presentato da Djokovic il 16 dicembre (codice 7371999-259039) produce un codice QR che rimanda a un sito web che mostra che il risultato è ‘negativo', non positivo. Ma ora, ho riprovato e ottengo il risultato opposto per lo stesso test: positivo. Chi sta giocando con questa pagina web? È tutto molto strano".

Nella ricostruzione fatta da Der Spiegel attraverso il sito zerforschung.org emergono altri dettagli inquietanti. Tutto parte dal giorno dell'arrivo in Australia di Djokovic che, non vaccinato, esibisce all'ufficiale due certificati di test Pcr: l'uno positivo il 16 dicembre, l'altro negativo il 22 che ne attestava la guarigione dal coronavirus. Ritenendo bastasse per ottenere un permesso speciale per entrare nel Paese (al netto 120 giorni di tempo per effettuare vaccinazione), quando gli hanno negato il visto è scoppiato il caso in seguito parzialmente risolto dal tribunale.

Le date dei test e la progressione dei numeri di protocollo incrociati sono il nocciolo del problema. In Serbia i risultati sono inseriti in un registro statale: dopo averlo effettuato, la persona riceve un certificato e un codice Qr. Se lo scansioni, puoi andare al sito web del registro del test per la convalida. Il dettaglio che balza all'occhio è uno: l'url contiene un codice che inizia con un timestamp (una sorta rapporto cronologico dell'operazione) che rimanda a un giorno diverso: per il test Pcr positivo di Djokovic non rimanda al 16 dicembre ma al giorno 26.

Altra incongruenza, l'ID del codice di conferma nella pagina dei risultati del test. È un numero progressivo che corrisponde al numero di test Pcr registrati in Serbia in quel momento. Ecco, quello di Djokovic non combacia ancora una volta con le date da lui indicate: l'ID del test positivo (7371999) del 16 dicembre è maggiore del test negativo del 22 dicembre (7320919). Cosa può essere accaduto? Eseguito in precedenza, il test è stato inserito in sistema in un secondo momento. Ma a rendere più ingarbugliata la matassa è un'altra constatazione che conferma la deduzione precedente: il numero di protocollo riconduce al 26 dicembre (e non al 16), quando sarebbe stata attestata la positività al Covid.

Il giornalista australiano, Matthew Abbot, ha aggiunto ancora un tassello: "L'Istituto per la salute pubblica in Serbia non ha risposto alle domande su come sia possibile che la scansione QR porta a due risultati diversi". Già, perché? È quel che si chiedono anche le autorità istituzionali che stanno passando al vaglio il dossier sul campione serbo. Djokovic, intanto, si allena. Ma non sa cosa ancora se potrà giocare o meno.

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