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Djokovic è libero, scontri tra sostenitori serbi e la polizia: “Lotta contro il mondo intero”

Gli incidenti tra i sostenitori serbi di Djokovic e la polizia sono scoppiati a corredo del giorno più lungo per il campione di tennis. Il tribunale lo ha rimesso in libertà e gli ha restituito il visto d’ingresso in Australia ma la decisione finale spetta al ministro per l’Immigrazione.
A cura di Maurizio De Santis
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Uno dei sostenitori di Djokovic salta sul tetto della vettura a bordo della quale c'è il campione serbo, in attesa di sapere se avrà o meno il visto d'ingresso per restare in Australia e giocare lo Slam.
Uno dei sostenitori di Djokovic salta sul tetto della vettura a bordo della quale c'è il campione serbo, in attesa di sapere se avrà o meno il visto d'ingresso per restare in Australia e giocare lo Slam.

"Free Novak, free Novak" è il grido che ha accompagnato gli incidenti tra i sostenitori di Novak Djokovic e le forze dell'ordine. Hanno lanciato bottiglie contro la polizia. Hanno provato a sfondare il cordone di agenti. E hanno lavato gli occhi col latte dopo essere stati colpiti dallo spray al peperoncino spruzzato per disperderli. Nella sua "lotta contro il mondo intero", come dichiarato alla tv serba dal fratello Djordje, il campione di tennis non è solo.

Lì fuori, all'esterno degli uffici dei suoi legali dov'è rimasto per quattro ore in attesa di una decisione definitiva del ministro dell'Immigrazione (rinviata a domani), c'è una folla di sostenitori che si raduna, urla e sbraita contro il governo australiano per l'atteggiamento repressivo, è pronta a tutto quando si diffonde la voce del suo arresto gioisce, quando apprende la notizia che il giudice ha dato ragione al campione serbo no vax, finalmente libero. Impazziscono e prendono d'assalto per la felicità la vettura a bordo della quale c'è il giocatore, uno dei fan più esagitati vi si arrampica e salta sul tetto.

Un agente della polizia spruzza spray al peperoncino sulla folla per disperderla in seguito agli incidenti.
Un agente della polizia spruzza spray al peperoncino sulla folla per disperderla in seguito agli incidenti.

Anthony Kelly è l'ufficiale che ha restituito a Djokovic visto e passaporto. Ha sancito che al giocatore non era stato lasciato tempo a sufficienza per dimostrare la regolarità della certificazione in suo possesso. Ha ritenuto attendibile la sua documentazione sulla comprovata relazione medica alla base dell'esenzione vaccinale, può allenarsi e andare in campo per giocare gli Australian Open.

Djokovic ha avuto ragione in appello che è stato come vincere una battaglia, non la guerra. È stato rilasciato, non alloggerà più in quel centro d'accoglienza dove ha trascorso notti da incubo, ma non è finita. Il Migration Act potrebbe essere brandito dal ministro, Alex Hawke, per motivare il decreto di espulsione dal Paese con l'aggravante dei 3 anni di messa al bando perché "persona non gradita".

Servirà attendere ancora un po' per arrivare, finalmente, a capo di una vicenda divenuta un caso internazionale. La conferma arriva anche da un portavoce del Governo: "Resta a discrezione del ministro dell'Immigrazione, Hawke, prendere in considerazione l'annullamento del visto del signor Djokovic sotto il suo potere personale di cancellazione ai sensi della legge sulla migrazione. Il ministro sta attualmente esaminando la questione e il processo resta in corso". In strada, intanto, le notizie degli incidenti entrano nel corredo accessorio del caso Djokovic e alimentano il tam tam anche nelle piazze ‘virtuali', quelli dei social, dove rimbalzano il malcontento e le proteste sull'onda del dissenso variopinto, dai toni marcati, provocato dall'ignoranza o dalla paura contro la campagna vaccinale.

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