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Nicolò Martinenghi a Fanpage.it: “Odiavo l’acqua, a Tokyo col terzo tempo nella storia nei 100 rana”

Nicolò Martinenghi è stato protagonista di un clamoroso exploit a Riccione ma non ha nessuna intenzione di fermarsi in questo 2021: dopo aver firmato il terzo tempo all-time nei 100 rana adesso ha la testa già rivolta ai Giochi Olimpici. A Fanpage.it il nuotatore classe 1999 si è soffermato su cosa vuol dire “essere ranista”, sui suoi inizi e su come si sta preparando per Tokyo.
A cura di Vito Lamorte
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"Se odiavo l’acqua? Sì, è vero. Ma poi ho fatto la scelta giusta (ride)”. Nicolò Martinenghi è uno dei nuotatori italiani più forti degli ultimi anni ma da piccolo non amava l’acqua. Che strane situazioni ci riserva la vita, visto che questo classe 1999 poche settimane fa negli Assoluti di Riccione ha firmato il terzo tempo all-time nei 100 rana e il miglior crono al mondo del 2021 della specialità, confermandosi uno dei prospetti più interessanti della nostra scuola e con un avvenire tutto da scrivere.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Nel 2018 Martinenghi ha dovuto affrontare un infortunio all'osso pubico sinistro che lo ha tenuto fermo ai box per parecchi mesi: Nicolò non ha mai mollato, ha lavorato ed è tornato in acqua con ancora più forza e passione. A Fanpage.it il ranista di Varese ha parlato dei record messi a referto agli Assoluti, dei suoi punti di riferimento, del suo terribile periodo post-infortunio e di come si avvicina ai Giochi Olimpici di Tokyo.

Cosa ti hanno lasciato gli Assoluti disputati a Riccione e cosa vuol dire essere il primo italiano nella storia ad infrangere il muro dei 59” nei 100m rana?
"Mi porto a casa una grande soddisfazione a livello personale ma dico sempre che quando arrivano certi risultati non ci si deve mai abituare. È stato tutto molto positivo. C’è tanto da dire che ottenere dei risultati nell’anno olimpico fa sempre ben sperare. Aiuta anche a livello mentale per l’avvicinamento ai Giochi. Ci sono tante cose che magari non si vedono ma dietro c'è tanto: ad esempio, sono felice di aver vissuto quei momenti con Pizzuti, il mio compagno che da quest’anno si allena con me. Vittorie in condivisione con tutto il team (allenatore, mental-coach, compagni) che mi piace raccontare".

Da piccolo odiavi l’acqua, cosa ti ha fatto cambiare idea?
"È verissimo, ho sempre preferito il basket. I miei mi portavano in acqua ma io non volevo avere a che fare con qualsiasi cosa che mi facesse provare la sensazione del freddo. Piano piano la mia relazione con l’acqua è migliorata e ho portato avanti il binomio nuoto-basket fino alla seconda media, finché ho dovuto fare una scelta. Alla fine credo sia stata una decisione serena e, col sennò di poi, anche giusta (ride). Più che altro penso di aver scelto lo sport che premia di più il merito del singolo, mentre in uno sport di squadra ci sono altre varianti da considerare. Non si è mai soli e non si può gestire tutto fino in fondo".

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In che modo sei riuscito a superare il brutto infortunio del 2018?
"Credo di essere stato fortunato ad aver subito una cosa del genere da giovane, quindi avevo la consapevolezza che non avrebbe potuto segnarmi la carriera. Quel momento credo mi abbia portato ad una maturazione a livello personale, non solo come atleta: sono riuscito a fare un salto psicologico importante e ho iniziato a vedere le cose con un occhio diverso. Se poi è quello che vuoi fare, sai che devi andare incontro a certi momenti di difficoltà e devi relazionarti con loro in un certo modo. Il fatto di restare sempre sul pezzo, anche in quel momento, è stato importante. A me ha aiutato molto il fatto che fosse l’anno della maturità e mi ha permesso di fare una vita come quella di un ragazzo di 18 anni. Mi è servito molto sotto tanti aspetti".

Il tuo idolo è sempre stato Fabio Scozzoli. Perché?
"Io ho iniziato a vedere il nuoto nei primi anni d’oro di Fabio e avendo in Italia un punto di riferimento così non potevo che fermarmi a lui. L’unico atleta di cui ho l’autografo è Fabio. La crescita che mi ha portato da guardarlo in tv a sfidarlo in acqua è qualcosa di molto bello, da idolo ad avversario. Il rapporto che si è creato è sano e c’è grande rispetto da parte di entrambi. Lui mi dà sempre consigli e questo non può che confermare la mia stima nei suoi confronti".

Come spiegheresti l’essere ‘ranista’ ad uno che conosce poco il nuoto?
"Un cosa é certa: siamo i più odiati all’interno di una corsia (ride). Però, allo stesso tempo, posso dire che è lo stille più tecnico, il più bello. C’è questa leggenda che vuole i ranisti come i nuotatori più strani, più pazzi. Siamo un po’ una razza a parte. Poi è uno stile talmente tecnico che ognuno lo interpreta a modo proprio, non c’è una nuotata ideale per chiunque. È molto soggettivo".

Foto di Mine Kasapoglu.
Foto di Mine Kasapoglu.

Ci pensi mai al fatto che hai fatto il terzo tempo all-time nei 100 rana nella storia del nuoto?
"È la cosa che mi ha dato più soddisfazione perché è la cosa che ci metti più tempo a metabolizzare. Ma è quella che fa più piacere. Certo, quando pensi di essere il terzo tempo all-time nei 100 rana dà un certo spessore alla prestazione che hai fatto. Penso che sia stata la parte più bella dell'esperienza che ho vissuto a Riccione perché è un qualcosa che rimarrà impressa almeno per un po' nella storia di questo sport. A livello mentale bisogna stare sempre attenti dopo risultati del genere ma solitamente questi momenti aiutano a migliorare o a tenere alto il livello per evitare brutte figure".

Le tue sensazioni in vista dei Giochi di Tokyo.
"Dopo le ultime prestazioni sono buone ma indipendentemente da questo sto cercando di lavorare sulla serenità nell’approccio all’appuntamento. Arrivare tranquilli aiuta moltissimo. Essere mentalmente sicuri di quello che si è fatto è già un grande passo in avanti. L’Olimpiade è già di per sé un buon risultato, non è quello finale, ma si va lì e poi si cerca di ottenere il massimo. Essere lì vuol dire che ci sono delle carte per potersela giocare con i migliori. Cercherò di arrivarci bene anche grazie all’esperienza internazionale che ho accumulato negli anni, poi una volta lì si vedrà".

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