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Il padre di Simoncelli fatalista su Viñales: “Questi ragazzi inseguono un sogno, come fermarli?”

Il giorno dopo la morte del 15enne pilota spagnolo Dean Berta Viñales, il mondo dei motori cerca risposte a tragedie che si ripetono periodicamente sulle piste. Risposte che secondo Paolo Simoncelli, padre dell’indimenticato Marco, non è possibile trovare e forse non andrebbero neanche cercate: “Questi sono i motori, la velocità. Risparmiatemi il resto: la retorica delle parole, dei giudizi. Chi non conosce questo mondo, è meglio non parli”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Ancora una volta il mondo dei motori piange una giovane vita tragicamente spentasi in pista. Dean Berta Viñales è morto a 15 anni sul circuito di Jerez mentre faceva quello che amava di più: correre su due ruote incurante del vento del destino, perennemente in agguato alle spalle di chi sceglie di sposare la velocità. A maggio era toccato al 19enne Jason Dupasquier, dinamica simile: è un attimo, la vita di un ragazzo, un collega, un amico va via, ci si ferma in lacrime e poi si riparte subito verso la prossima pista. Spesso si dice che sia il modo migliore di onorare la memoria di un pilota, che lui stesso avrebbe voluto così. Una filosofia che si ritrova nelle parole di Paolo Simoncelli, il padre del mai dimenticato Marco, morto in gara in MotoGP a Sepang 10 anni fa.

"Questi ragazzi inseguono un sogno. Come puoi fermarli? – dice a Repubblica il papà del Sic – Vorrei dirvi che è tutto sbagliato, che non era giusto farlo correre: ma vi mentirei, perché non è così. Era poco più di un bambino, aveva 15 anni ma voleva fortissimamente diventare un campione. Ed era pronto a dare tutto, per riuscirci. Questi sono i motori, la velocità. Risparmiatemi il resto: la retorica delle parole, dei giudizi. Chi non conosce questo mondo, è meglio non parli".

Paolo Simoncelli invita a non cercare nessun colpevole per la morte del giovane pilota spagnolo di Supersport: "Non date la colpa ai circuiti, perché non è più come tanti anni fa: adesso le piste sono sicure, e poi c’è tutta una serie di prodigi tecnologici, dai caschi alle varie protezioni sotto la tuta, che davvero riduce al minimo un certo tipo di rischio. La velocità invece esiste, sempre e dovunque. Anche per chi va in bicicletta a 60 all’ora: se cadi per terra, se all’improvviso perdi l’equilibrio, le conseguenze possono essere tragiche".

Il padre del compianto campione del mondo del 2008 è fatalista e lo fa capire con immagini forti: "Non voglio provocare nessuno, dico la verità: se deraglia un treno, non fermiamo le ferrovie. E così se cade un aereo. Non cercate a tutti i costi un colpevole. Perché queste sono cose che succedono. Possono accadere anche a noi, che ci mettiamo al volante ogni giorno. Il motociclismo risponde a un istinto naturale. Quello di correre. Di andare più veloce degli altri".

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