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Totò Schillaci dice com’è andata a Pechino Express: “Una rivincita sul tumore dopo due operazioni”

Totò Schillaci racconta la battaglia col tumore al colon e l’avventura a Pechino Express. “Una rivincita sulla malattia e su quello che si era portata dietro, depressione e pensieri di morte”. L’arresto di Matteo Messina Denaro ad un passo da lui: “Ho una mia teoria”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Salvatore Schillaci – in arte Totò, come tutti noi abbiamo imparato a conoscerlo durante le ‘notti magiche' dei Mondiali di Italia '90 – sta per tornare nelle case di tutti gli italiani dal prossimo 9 marzo, come concorrente in coppia con la moglie Barbara del reality show Pechino Express, che sarà trasmesso da Sky. Con loro, tra le nove coppie che hanno partecipato al programma – che è già stato interamente registrato – c'è anche un'altra sportiva d'eccezione come Federica Pellegrini, anche lei assieme al suo compagno, il marito Matteo Giunta.

Per Schillaci prendere parte a una prova così pesante dal punto di vista fisico non è stato facile, anzi è stata una vera e propria sfida per riprendersi a morsi la vita dopo aver incassato un ceffone all'inizio dello scorso anno, quando gli è stato diagnosticato uno dei tumori più subdoli che ci siano, quello al colon: "A gennaio di un anno fa mi trovano un tumore al colon retto, a febbraio mi operano per la prima volta, due mesi dopo la seconda".

Totò Schillaci oggi, a 58 anni
Totò Schillaci oggi, a 58 anni

Ecco dunque perché – se lo erano chiesti in molti quando era uscita la notizia al momento dell'arresto di Matteo Messina Denaro – il 58enne ex attaccante di Juventus e Inter si trovava proprio nella clinica specializzata in cure oncologiche ‘La Maddalena' di Palermo: "Erano le 8.15 del mattino, aspettavo la mia visita di controllo, perché lì sono in cura. Avevo appena finito la colazione al bar, in un attimo mi sono ritrovato circondato da persone incappucciate con le armi spianate. Ho pensato a un attentato. Poi i carabinieri si sono qualificati, ma per un attimo io e quelli intorno a me ci siamo spaventati, c'era confusione".

"Una persona come Messina Denaro che circola tranquillamente per la città e va in clinica come un cittadino qualsiasi, mi dà da pensare – dice Schillaci a Sportweek della Gazzetta, alludendo a possibili connivenze, lui che a Palermo ci è natoHo una mia teoria, ma ben venga se un problema che si trascinava da trent'anni è stato risolto. Di sicuro adoro Palermo e mi dà molto fastidio vederla associata solo alla criminalità, perché offre tante cose belle. Bisogna investire sui quartieri, togliendo i giovani dalle strade. Ho rilevato questo centro sportivo, il Louis Ribolla, in una zona popolare, proprio per restituire qualcosa di quanto mi è stato dato dalla città. Mi rimane un solo rimpianto: non aver mai vestito la maglia del Palermo. Lo avrei fatto anche gratis".

Adesso dunque rivedremo il buon Totò darsi da fare a Pechino Express. Ecco com'è nato tutto e i suoi timori nell'accettare: "Quando arriva la proposta, mi prendono i dubbi perché sapevo che sarebbe stata tosta. I medici mi dicono ‘Sei guarito, riprenditi la tua vita'. Barbara insiste. Dico sì solo perché lei sarebbe stata con me. Questa avventura è stata una rivincita sulla malattia e su quello che si era portata dietro: depressione e pensieri di morte".

Schillaci con la maglia dell'Italia ai Mondiali del 1990: notti indimenticabili
Schillaci con la maglia dell'Italia ai Mondiali del 1990: notti indimenticabili

Il reality si svolge in terre lontane, Schillaci è uscito segnato da quello che ha visto: "L'India? Impatto devastante. Mi aspettavo un'India di colori e profumi, ho trovato molta povertà. Traffico, sporcizia, bagni a cielo aperto, puzza dappertutto, bambini laceri e a piedi nudi… Ma la gente ha un cuore grande: ti ospita, ti offre da mangiare… Facevo vedere la mia foto in Nazionale, venivo riconosciuto e mi davano indicazioni su dove andare".

L'ex bomber azzurro è un uomo che ritiene di avere avuto tanto dalla vita, la malattia non ha cambiato la sua idea: "Da piccolo sognavo di fare il calciatore e, insieme a questo, ho realizzato tutti i miei desideri: per esempio, giocare nella Juve. Mi sarei accontentato di poco, invece il calcio mi ha dato tutto: fama, vittorie, denaro. Rapporti con la Juve? Con quella di questi ultimi anni, no. Il legame c'è a distanza. Vado nei club dei tifosi e mi dispiace che quella che era una tradizione si sia persa: oggi i calciatori non incontrano più le persone, anche gli ex più recenti respingono gli inviti nei circoli. Ad andarci siamo solo noi vecchie glorie".

"Il calcio è cambiato in peggio – spiega amaramente Schillaci – si gioca troppo, non esiste più l'attaccamento alla maglia, è tutto basato sui soldi. I giocatori fanno meno sacrifici, a 14 anni si perdono perché non hanno voglia di rinunciare a certe distrazioni. Si arriva in alto troppo in fretta, ma il livello tecnico, anche nei settori giovanili, è sceso tantissimo. C'è pochissimo talento. E troppo presto si arriva in Nazionale. Una volta la maglia azzurra era il premio a una carriera; oggi, con così pochi italiani in Serie A, Mancini è costretto a pescare dappertutto, anche all'estero e in B. E in questa maniera dove vuoi andare?".

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