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Marchisio: “L’addio al calcio è stato duro. Ma la pandemia ha cambiato tutto”

Claudio Marchisio racconta gli ultimi anni di carriera e la decisione di ritirarsi dopo l’ultima esperienza in Russia allo Zenit. Quanto sia stato difficile fare quella scelta e quali sono state le emozioni provate? “La mia testa e il mio cuore non erano mai del tutto pronti. Paradossalmente la pandemia ha reso meno difficile il distacco. E anche tutta la preoccupazione per il virus ha spostato l’attenzione su altro”.
A cura di Maurizio De Santis
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Il 19 maggio 2018 è una data che Claudio Marchisio non dimenticherà mai. Fu il giorno dell'ultima partita in Serie A con la maglia della Juventus: i bianconeri vinsero 2-1 e conquistarono l'ennesimo scudetto a margine di una stagione caratterizzata dal duello a distanza con il Napoli di Maurizio Sarri. Se la sconfitta all'Allianz Stadium (gol di Koulibaly) rischiò d'infliggere un brutto colpo ai bianconeri, la vittoria a San Siro contro l'Inter (2-3) e il crollo dei partenopei a Firenze spianarono la strada al successo della ‘vecchia signora'.

Il ‘principino' (è il soprannome che lo ha accompagnato durante tutta l'esperienza alla Juve, dalle giovanili fino alla prima squadra) lasciò a Torino un pezzo di cuore e di vita (389 presenze, 37 reti). Fece i bagagli e volò in Russia per disputare scampoli di carriera allo Zenit San Pietroburgo ma quell'avventura durò poco a causa di problemi fisici che lo tormentavano da tempo.

Dal 2016, a causa della rottura del legamento crociato, non è stato più lo stesso. A frenarlo sono stati i continui acciacchi sia di natura muscolare sia articolare (infortunio al ginocchio nel 2017-2018) culminati con un intervento per guarire dalla condropatia rotulea. A 33 anni Marchisio disse basta, quel fisico che lo aveva sostenuto in tante battaglie combattute nel cuore della mediana non era più forte abbastanza da reggere alle sollecitazioni.

Fu una decisione meditata – ha spiegato nell'intervista al Corriere della Sera chiarendo quanto sia stato difficile fare quella scelta -. La mia testa e il mio cuore non erano mai del tutto pronti. Paradossalmente la pandemia ha reso meno difficile il distacco dal mondo del calcio perché ha fermato i campionati che poi sono ripresi senza pubblico. Vedere un calcio così diverso da quello che ho vissuto io ha attutito gli effetti dell’addio. E anche tutta la preoccupazione per il virus ha spostato l’attenzione su altro.

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