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Manolo Portanova rompe il silenzio sulla condanna per stupro: “Siamo stati zitti troppo a lungo”

Il calciatore del Genoa Manolo Portanova ha parlato per la prima volta pubblicamente dopo la condanna a 6 anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo comminatagli in primo grado: il 22enne si è presentato in conferenza stampa con il papà Daniele che ha sostenuto con forza l’innocenza del figlio e il proprio avvocato che è entrato nel merito della vicenda giudiziaria anticipando su cosa si baserà il ricorso in Corte d’Appello.
A cura di Michele Mazzeo
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Il calciatore del Genoa Manolo Portanova ha parlato pubblicamente per la prima volta del processo per stupro di gruppo che lo vede coinvolto e per il quale, in primo grado, è stato condannato a 6 anni di reclusione. Pochi giorni dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza emessa dal tribunale di Siena nei suoi confronti, il 22enne si è infatti presentato in conferenza stampa con al fianco il padre Daniele (ex calciatore con un lungo trascorso in Serie A con le maglie di Siena, Bologna e Genoa) e l'avvocato Gabriele Bordoni parlando, per la prima volta, ai media da quando è stato avviato il procedimento giudiziario per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza romana che ha poi portato alla condanna sua e di altre tre persone per la quale è già stato presentato ricorso alla Corte d'Appello.

A prendere la parola per primo è stato subito Manolo Portanova che, più che entrare nel merito della vicenda giudiziaria, ha spiegato il perché abbiano deciso di rompere il silenzio sulla questione e raccontare il suo stato d'animo prima e dopo la condanna per stupro: "Io, mio padre e il mio avvocato tenevamo a questa conferenza stampa perché penso che il nostro silenzio sia durato troppo – ha difatti esordito il centrocampista del Genoa –. A oggi posso dirvi che continuo a chiedermi il perché stia succedendo questo. Soffro per quello che sta accadendo e per quello che sto leggendo. Fino a poche settimane fa il mio scopo era indossare la maglia più bella del mondo, sia per me che mio padre. Ora sto rinunciando a quello che è un sogno di un bambino – ha poi proseguito il classe 2000 –. Quello che ho ottenuto l'ho fatto da solo, senza l'aiuto di un papà che ha fatto il calciatore da anni. Questa vicenda non è solo giudiziaria ma anche mediatica" ha quindi chiosato il ragazzo condannato per violenza sessuale di gruppo dal Tribunale di Siena.

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A fargli eco ci ha pensato poi il padre Daniele che si è detto certo dell'innocenza del figlio: "Il nostro avvocato non voleva una situazione del genere perché i processi tecnicamente si devono fare nelle aule. A livello penale per ora siamo stati ‘sconfitti' ma la Costituzione dice che ci sono altri due gradi di giudizio per dimostrare l’innocenza di Manolo e degli altri ragazzi. Ma nonostante nel penale ci siano tre gradi di giudizio, a livello mediatico sembra che Manolo sia stato giudicato prima – ha difatti detto il papà del calciatore –. Noi dobbiamo dire la nostra verità basata su carta. Questa conferenza è stata fatta solo perché mio figlio soffre di questa situazione non giocando. L'unica cosa che interessa a mio figlio è questa. Mediaticamente Manolo viene accusato di essere uno stupratore, ma questo è solo l'inizio. La ragazza ha scritto ‘l'unica cosa che mi dispiace è di non aver detto di no'. Se io ci metto la faccia, è perché so che mio figlio non è uno stupratore – ha poi aggiunto rimarcando la sua convinzione riguardo l'innocenza del ragazzo –. Mio figlio è stato condannato già a livello mediatico. Se mio figlio avesse fatto una cosa del genere, non avevo bisogno della giustizia, me la sarei fatta da solo. Un ragazzo di 22 anni che ha un sogno non può essere condannato prima che la gente sappia come stanno le cose. Tutti difendono la ragazza, ma il nostro silenzio l'ha difesa. Io non ho parlato per rispetto alla ragazza" ha infine concluso Daniele Portanova.

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Ad entrare nel merito della motivazioni della condanna per stupro di gruppo comminata a Manolo Portanova in primo grado è stato poi l'avvocato Gabriele Bordoni, amico di vecchia data della famiglia Portanova e legale del calciatore: "Non amo mai di parlare dei processi al di fuori delle aule perché non appartiene al mio modo di essere. Ma nel tempo, avendo praticato in certi processi che ridondavano sul piano mediatico, mi sono portato a rivedere tutto perchè quel silenzio della difesa a volte può essere malinteso e talvolta anche strumentalizzato – ha premesso –. Nell'ambito di un incontro sessuale ci si deve mettere dal punto di vista di colui che dissenta in maniera pantomimica. Cosa vuol dire pantomimico? Significa partire dal presupposto che sia un no, ma che tu puoi con alcuni comportamenti trasmettermi una tua adesione pur non dicendolo.

L'appello che presenteremo è già scritto perché dovrò contraddire le pochissime pagine della sentenza ricevuta, scritta da un giudice che non vuole dialogare – ha quindi proseguito il legale di Manolo Portanova –. La ragazza ha assunto ex post che il consenso non ci sia stato. Tra i tanti messaggi ce ne erano alcuni che ci sembravano significativi. La stessa ragazza nelle ore immediatamente successive alla serata chattando diceva di non aver mai espresso un dissenso, di non essersi mai opposta e di non aver saputo gestire la situazione. Nella sentenza leggiamo che il dissenso è stato manifesto e protratto sempre, ma non è così. Non lo dico io, lo dice lei in quei messaggi. Rimane la parola modificata nel tempo di questa ragazza che dice ‘No, a un certo punto io ho manifestato il dissenso’. Allora andrebbero fatte delle verifiche per capire la veridicità di questa unica voce narrante che ha cambiato la sua versione nel tempo non si sa per quali motivazioni" ha infine terminato l'avvocato Bordoni anticipando su cosa baserà il ricorso alla Corte d'Appello sulla condanna per violenza sessuale di gruppo a 6 anni di reclusione ricevuta dal 22enne calciatore cresciuto nelle giovanili della Lazio e poi passato dalla Juventus prima di approdare al Genoa.

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