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Lazio, caso tamponi: accolto in parte il ricorso. La corte d’Appello dovrà rivalutare le sanzioni

Il verdetto emesso dal Collegio di Garanzia del Coni non chiude definitivamente il caso tamponi della Lazio e rispedisce il procedimento in secondo grado: dovranno essere rivalutate le sanzioni comminate nei confronti del presidente, Claudio Lotito, e i medici sociali, Ivo Pulcini e Fabio Rodia. Il massimo dirigente può evitare il decadimento dall’incarico federale.
A cura di Maurizio De Santis
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Il cerino resta in mano alla Corte d'Appello federale. Il verdetto emesso dal Collegio di Garanzia del Coni non chiude definitivamente il caso tamponi della Lazio e rispedisce il procedimento in secondo grado: dovranno essere rivalutate le sanzioni comminate nei confronti del presidente, Claudio Lotito, e i medici sociali, Ivo Pulcini e Fabio Rodia. Accolta una parte del ricorso presentato dal club capitolino che ottiene così una mezza vittoria nell'attesa che i provvedimenti nei confronti del massimo dirigente e dei tesserati possano essere ridimensionati.

Le regole non sono state rispettate – il concetto ribadito dalla Figc e dalla Procura federale al termine del dibattimento -. Sul mero dubbio di positività si deve attuare il protocollo a difesa del giocatore e delle persone a lui vicine.

Il numero uno dei capitolini era arrivato dinanzi alla Collegio di Garanzia del Coni, la Cassazione del calcio, dopo essere stato sanzionato per il caso tamponi (oltre ai medici sociali Ivo Pulcini e Fabio Rodia) con una squalifica di 7 mesi in primo grado, punizione divenuta più severa in Corte d'Appello (12 mesi e 200 mila euro di multa alla società). Un anno di inibizione con l'aggravante, per il suo incarico federale, del cumulo di provvedimenti ricevuti negli ultimi dieci anni, tra il 2011 e il 2021: 3 mesi e 15 giorni che, sommati agli atti più recenti, hanno messo in discussione non solo l'attuale posto nel Consiglio della Figc ma anche la possibilità che venga rieletto nel 2025, nessun problema invece per i suoi poteri di massimo dirigente della Lazio.

Contestiamo il fondamento logico-giuridico indicato nella sentenza della Corte d’appello federale – è stata la versione espressa dai legali della Lazio al termine del dibattimento -. A fronte di un tampone positivo contro tre tamponi negativi e l’esame sierologico, doveva essere Lotito a dire a Immobile di chiudersi in casa?

Dalla sentenza del Collegio presieduto da Frattini dipendeva il conteggio complessivo dei provvedimenti nei confronti di Lotito: il motivo è da ricercare nella normativa per effetto della quale è prevista una decadenza da ogni carica in caso di un cumulo di squalifica superiore ai 12 mesi.

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