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La vera storia del machiavellico calcio d’inizio del PSG contro l’Inter: non era una spacconata

Luis Enrique ha teso una trappola nella quale è caduta anche l’Inter. Non era la prima volta che aveva proposto una soluzione del genere, utilizzando quell’insolito approccio anche in altre occasioni della stagione, compresa la semifinale di Coppa vinta contro l’Arsenal.
A cura di Maurizio De Santis
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Il calcio d'inizio del Paris Saint-Germain contro l'Inter è entrato nel corredo accessorio di una partita trionfale per i francesi in finale di Champions. La palla lanciata in fallo laterale, nei pressi della bandierina del corner nella metà campo nerazzurra, non è stato un errore ma un abile trucco strategico che aveva (e ha) un preciso fine tattico: tenere subito alta la pressione sugli avversari, disorientandoli con quella scelta che non è stata né un errore, né una spacconata. Non era nemmeno la prima volta che Luis Enrique aveva proposto una soluzione del genere, utilizzando quell'insolito approccio anche in altre occasioni della stagione, compresa la semifinale di Coppa vinta contro l'Arsenal.

La verità – e lo si è visto anche dopo, per la piega presa dall'incontro – è che il tecnico spagnolo aveva in mente un piano differente dall'impostare il match semplicemente sul possesso palla e sul controllo del campo. Aveva teso una trappola e voleva di più, entrare nella testa dell'Inter e distruggerla psicologicamente. Come? Esercitando ritmo e una presenza asfissiante, tale da costringere i nerazzurri a fare esattamente ciò che aveva studiato: far perdere loro ogni punto di riferimento, colpirli nelle certezze di formazione quadrata, esperta, capace di ribaltare il fronte dell'azione grazie alla velocità degli esterni (Dumfries, Dimarco) oppure agli inserimenti di centrocampisti di lotta e di governo (Barella), tagliare fuori gli attaccanti (Lautaro e Thuram) neutralizzando anche Calhanoglu e Mkhitaryan.

In cosa consisteva quel tipo di acchito sul prato verde dell'Allianz Arena? Spedire la palla in fallo laterale e in quella porzione di campo serviva a creare i presupposti per tendere l'imboscata: impedire all'Inter di far girare la sfera rapidamente ed effettuare lanci lunghi, soffocarla in spazi stretti assieme all'intensità di gioco. Certo, questo era solo un tassello di una prestazione che, nel complesso, ha rispecchiato – complice anche l'incapacità di Simone Inzaghi di trovare adeguate contromisure – le intenzioni del PSG che ha fatto tutto esattamente come doveva.

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È bastato applicare (e recitare) a memoria un copione che il tecnico aveva cucito su misura addosso ai suoi calciatori, esaltandone in pieno le caratteristiche e quella fame agonistica cresciuta in maniera esponenziale con la parte (anche) dell'ultima stella (Mbappé) pagata a peso d'oro ma a fronte di delusioni cocenti in Europa. Sempre in Coppa, ad accusare il colpo erano stati i Gunners di Arteta: subito il calcio d'inizio s'erano visti aggrediti da ben sette calciatori del Paris Sanit-Germain, tutto lì a prendersi il oto giorno di gloria.

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