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Il film dell’Italia di Mancini a Euro 2020: dall’autorete di Demiral al rigore di Jorginho

Dall’autogol della Turchia al rigore decisivo di Jorginho contro la Spagna. Questo è L’Europeo di un’Italia che ha (sempre) vinto in qualsiasi maniera: di misura, di goleada, al 90′ come al 120′ o ai rigori. Un cammino straordinario che adesso attende tutti per la partita più importante: l’11 luglio a Wembley, per la finale di Euro 2020.
A cura di Alessio Pediglieri
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Che sia grazie ad un autogol che spalanchi le porte del successo o che sia un tiro dagli undici metri, in questo Euro 2020 abbiamo imparato semplicemente una cosa: l'Italia di Mancini sa solo imporsi e vincere. Al 90′, al 120′, ai rigori. Sono dettagli perché la sostanza azzurra è sempre stata la stessa, la vittoria. Che contro la Spagna è valsa la finale degli Europei del prossimo 11 luglio, il primo grande evento dell'era Mancini, della Nazionale post 2018 l'anno della sconfitta di un intero sistema, fuori dai Mondiali e immerso nelle critiche.

L'Europeo dell'Italia è iniziato da un'autorete, non dimentichiamocelo, in quel 3-0 alla Turchia arrivato solamente nel rush finale di una gara che non si era riusciti a sbloccare. Una vittoria baciata dalla buona sorte che al 53′ ha permesso alla nostra nazionale di brindare al vantaggio su autogol di Demiral, di una partita, anche dominata per larghi tratti, ma che non eravamo stati in grado di spaccare in due. Poi, la goleada con le reti di Immobile e Insigne ad alleggerire il carico di un dolce debutto.

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Con la Svizzera e con il Galles altre due prove di conferma. Il successo sugli elvetici, poi rivelatisi gli avversari più tosti in questo torneo, giunti fino ai quarti ed eliminati ai rigori proprio dalla Spagna. E' la vittoria della conferma. La seconda gara era quella decisiva per dare una direzione all'Europeo e così è stato: grazie al Locatelli show, autore di una doppietta liberatoria a cavallo tra primo e secondo tempo e alla rete di Immobile per il 3-0 finale. La terza, contro il Galles è stata la vittoria della tranquillità: già qualificati, senza il ‘biscotto' atteso e temuto da tutti, si cercava il successo per mantenere alta la concentrazione e la qualità. E' bastata la perla di Pessina, sufficiente per imporsi nel Girone senza subire gol e guadagnarsi l'ottavo contro l'Austria.

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L'ottavo di finale a Wembley, a conti fatti, è stato il test generale per ritornare su quel prato più avanti contro la Spagna e per giocarsi la finale dell'11 luglio. Contro l'Austria è andata in scena la vittoria dalla maturità: mai il gruppo di Mancini in tre anni di lavoro aveva prima affrontato un match dal valore così alto, una gara secca dove l'imperativo era vincere. L'abbiamo trascinata ai supplementari, godendo e soffrendo dopo 90 minuti di parità.  Tutti promossi: Chiesa e Pessina risolutivi con i due gol agli austriaci, Mancini perfetto nel trovare i cambi giusti al momento giusto.

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Ai quarti di finale, il Belgio di Lukaku, de Bruyne, i fratelli Hazard. La qualità di una nazionale che parte favorita contro un'Italia forte, matura e compatta ma che rischia di pagare pegno davanti ai diavoli rossi nel pieno della loro evoluzione. Invece, altro successo, quello della qualità: ad andare in vantaggio sono gli azzurri con Barella e Insigne. Poi, il rigorino segnato dal solito Lukaku, la sofferenza nel finale, le sbandate ma mai la resa, fino al 90′. Quando sono gli Azzurri a riconquistarsi il diritto di Wembley per la semifinale.

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Quindi, la Spagna. Una semifinale in cui è andata in scena la vittoria del cuore. Forse la più brutta partita azzurra dell'Europeo con una nazionale frenata, a volte insicura e che ha perso certezze davanti al possesso e alle folate spagnole. Una gara "durissima" dirà poi Mancini, a ragione: si va in vantaggio con il solito straordinario Chiesa, si subisce il pareggio da Morata, ci si trascina ai supplementari, si passa ai rigori. Dove Donnarumma da un lato e Jorginho dall'altro ristabiliscono gli equilibri: in finale ci va l'Italia, una Nazionale che ha dimostrato di saper vincere sempre e comunque.

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