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Gosens non può dimenticare, quelle battute facevano male: “I miei compagni ridevano di me”

Robin Gosens oggi è uno degli esterni più forti della Serie A, appetito da squadre di mezza Europa, ma ai suoi esordi le cose non andavano esattamente così. Il giocatore dell’Atalanta racconta come i suoi compagni di squadra lo deridessero: “Nessuno ha mai riposto in me grande fiducia”. Adesso ride lui.
A cura di Paolo Fiorenza
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Ne ha fatta di strada Robin Gosens, da quando l'Atalanta nel 2017 scommise su questo poco conosciuto esterno tedesco scovato in Olanda tra le fila dell'Heracles Almelo. Oggi, a quasi 27 anni, il mancino che ara la fascia sinistra nerazzurra, spiccando in Europa tra i difensori goleador, è nell'ordine: titolarissimo di Gasperini, pezzo fondamentale della splendida macchina orobica, nazionale tedesco, uomo mercato dal valore che cresce di mese in mese.

Non male per chi ai suoi esordi nel mondo del calcio non sembrava potesse raggiungere queste vette, anzi tutt'altro. Avete presente il compagno di squadra più scarso, quello scherzato da tutti con battute sarcastiche? Ecco, quello era Gosens, che oggi non ha dimenticato da dove viene e quanta fatica ha fatto per superare e lasciare dietro di sé quegli stessi che lo deridevano. Adesso, per sogni realizzati e conto in banca, ride lui. Lo racconta lui stesso in una accorata lettera scritta per il sito ‘Gameplan'.

"Sì, ora sono un calciatore professionista, ma all'inizio ho fatto fatica. Durante gli allenamenti, i miei compagni di squadra sorridevano per la mia scarsa tecnica e la mancanza di coordinazione. Certo, fuori dal campo ero ben integrato, ma sul campo di gioco ho sempre avuto la sensazione che gli altri pensassero che fossi molto peggio di loro, perché non ero mai stato in un settore giovanile e mi mancavano le basi per giocare a calcio. Ed era vero: quando cercavo di controllare il pallone, rimbalzava a cinque metri di distanza. In effetti, venivo elogiato solo per la mia capacità di correre molto e chiudere i buchi aperti dai miei compagni quando perdevano la palla".

L'atalantino tuttavia con grande umiltà e voglia di arrivare ha attinto a tutte le risorse dentro di sé per rovesciare la situazione a suo vantaggio.

"Questa impressione mi ha accompagnato per molto tempo come professionista. Ma allo stesso tempo, è servita come motivazione per fare più di chiunque altro. Se chiedeste ai miei compagni di squadra – passati e presenti – chi è sempre il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene, la maggior parte di loro risponderebbe ‘Robin Gosens'. Sapevo che avrei potuto affrontare i miei deficit solo se avessi lavorato di più. Ogni giorno chiedevo a uno degli allenatori se potevo aggiungere più esercizi di tecnica, preparazione fisica o coordinazione al termine dell'allenamento. Solo così ho potuto svilupparmi ulteriormente e guadagnarmi il rispetto dei miei compagni di squadra. Credo che tutti conosciamo la sensazione di non essere presi sul serio. Non c'è niente che mi faccia stare peggio. Mi ha divorato, ma mi ha anche dato la motivazione quando ho iniziato a vedere i risultati dei miei sforzi. Sono migliorato velocemente e continuamente".

Quando Gosens parla di "non essere preso sul serio", è inevitabile pensare a quanto raccontato a proposito del rifiuto sprezzante ricevuto da Cristiano Ronaldo quando gli l'atalantino gli aveva chiesto la maglia. Momenti della vita e della carriera presi come motivazioni fortissime dal tedesco.

"La mia mentalità e disciplina sono sempre state le capacità che mi hanno fatto risaltare. Se oggi mi chiedessero come sono arrivato a questo punto, nominerei queste due capacità. C'è sempre stata la discussione su ciò che è più importante: talento o mentalità. Certo, hai bisogno di entrambi se vuoi realizzare il tuo sogno, ma sono assolutamente convinto che la mentalità faccia la differenza alla fine. Ho visto così tanti professionisti che avevano più talento di me, ma non hanno avuto lo stesso successo. Nessuno ha mai riposto grande fiducia in me per quanto riguarda il gioco del calcio. Non sono mai stato il più talentuoso o quello che tutti ammiravano. Sono convinto che uno dei motivi principali per cui sono riuscito a ritagliarmi una carriera nel calcio è perché ho sempre voluto dimostrare che è possibile realizzare il proprio sogno".

A quasi 27 anni, Gosens può ben dire di avercela fatta.

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