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Cosa è successo tra Conte e il Napoli, quelle frizioni nello spogliatoio innescate da un confronto

Il malessere dei campioni d’Italia è deflagrato a Bologna ma covava già da tempo, piccoli segnali ci sono stati nel corso del tempo. Poi è successo qualcosa che ha fatto sentire il tecnico tradito.
A cura di Maurizio De Santis
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Il messaggio del presidente, Aurelio De Laurentiis, ha rimesso Antonio Conte al centro dello spogliatoio del Napoli. E se a qualcuno dei calciatori malpancisti ronza qualche strana idea per la testa, che se la faccia passare. Il malessere serpeggia da un po' di tempo a giudicare da quel che si vede e dalle parole spesso usate dal tecnico per sottolineare le difficoltà della squadra a gestire la nuova stagione dopo il titolo dell'anno scorso. E i gesti di stizza (è il caso agli albori di Kevin De Bruyne a Milano) oppure di moderato fastidio (Anguissa che a Lecce, insultato dall'allenatore per una giocata sbagliata, replica dicendogli di stare calmo) sono solo alcune delle increspature visibili in superficie. Avvisaglie della crisi che è nata un poco strisciando e a Bologna è scoppiata provocando uno strappo tra il tecnico e quei calciatori sui quali aveva fatto maggiore affidamento. Conte ha prestato udienza, fatto loro una piccola concessione rispetto alla richiesta di allentare un po' i ritmi di lavoro in un periodo particolarmente intenso (anche) per gli impegni in calendario ma si è sentito tradito quando ha verificato qual è stata la risposta in campo.

La mano tesa di Conte alla squadra e la sensazione di tradimento

Basta avvolgere il nastro e, una volta mondate le parole dell'allenatore da alcuni eccessi dialettici, si può andare dritti al sodo, alla radice del problema, alle cause che hanno provocato la sbandata pericolosa del Napoli in campionato e in Champions. Al netto delle sue responsabilità nella gestione della squadra, Conte s'è trovato nei guai quando, paradossalmente, ha smesso di essere se stesso aprendo una breccia nella metodologia di lavoro quotidiano: lo ha fatto per non per intima debolezza ma per andare incontro alle richieste dei giocatori di rimodulare la tabella di marcia rispetto alla scorsa stagione perché quella attuale è del tutto diversa quanto a contesto (era oggettivamente difficile fare peggio dell'annata post 3° scudetto), obiettivi e aspettative, nuovi interpreti (l'ambientamento dai 9 acquisti citati più volte dal tecnico) e densità di calendario.

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Un anno fa si giocava solo una volta a settimana, considerata l'uscita anticipata dalla Coppa Italia. Adesso dal Pisa al Manchester City è un attimo, ti ritrovi davanti quel colosso di Haaland che ti sbatte gambe all'aria e ci vuole un fisico bestiale per resistere anche ai suoi urti. E il Napoli non ha (altro tema di discussione) tutta questa birra in corpo.

Lo sfogo durissimo del tecnico dopo la disfatta a Bologna

Ecco perché Conte, pur restando fedele al suo approccio, ha teso una mano rivedendo l'opportunità dei ritiri pre-partita e lasciando ai calciatori un po' di respiro ma quel che ne ha ricavato non gli è piaciuto affatto. Anzi, gli ha fatto proprio male dentro: dopo la disfatta di Eindhoven, che non è stata solo un incidente di percorso, c'è stata la trasferta nefasta di Bologna che ha toccato l'allenatore nel profondo, lo ha punto nell'orgoglio e, cosa peggiore, gli ha provocato un moto di disistima anche nei confronti di coloro che riteneva i suoi punti fermi.

E s'è scansato, senza fare più da paravento comunicando pubblicamente il disagio (il "non vi posso più proteggere" urlato alla squadra e ripetuto in conferenza) per un comportamento che ha vissuto come un atto di diserzione. Conte ha avvertito che la situazione gli è sfuggita di mano, cosa che lui stesso ha portato alla luce nel post gara al Dall'Ara utilizzando frasi molto forti sul "morto che non vuole accompagnare", facendo riferimento diretto alla mancanza di "cuore" e a una presunta incomunicabilità con i giocatori ("non sto facendo un buon lavoro o qualcuno non vuole sentire").

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Cosa succede adesso dopo le parole del presidente De Laurentiis

La sosta e la sortita sui social di De Laurentiis hanno messo un punto a questo andazzo. Il tecnico gode della massima stima da parte della proprietà: non che l'allenatore salentino sia esente da colpe per una crisi deflagrata dopo appena 3 mesi ma ci sono ancora i margini di tempo per guardarsi in faccia, dritti negli occhi e trovare insieme la soluzione migliore per tutti, anche la più dolorosa se necessaria per non mandare alla malora investimenti importanti sostenuti dalla società con la conferma del tecnico dello scudetto (il più pagato in Italia) e una campagna acquisti mirata a dare maggiore profondità alla rosa.

Un aspetto, quest'ultimo che pure è tra le note dolenti considerati sia lo stress psicofisico di chi gioca sempre, troppo, sia la frustrazione di quanti si sono convinti d'essere solo controfigure da chiamare in causa per mettere una toppa. E il fatto stesso che anche a Bologna fossero in panchina buona parte dei nuovi acquisti (Lucca, Lang, Beukema, Marianucci tanto per citarne alcuni) costati un centinaio di milioni è la riprova ulteriore di qualcosa che proprio non va. La società ha parlato, il cerino è in mano a Conte. Tocca a lui ritrovare il bandolo della matassa.

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