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Boateng: “La polizia mi ferma senza motivo. Forse perché sono di colore e ho una bella macchina?”

Kevin-Prince Boateng, oggi al Besiktas, ha spiegato il suo personale rapporto con il razzismo all’indomani delle manifestazioni del calcio e dello sport dopo la morte di George Floyd: “Il calcio ne deve fare ancora di strada così come nella vita di tutti i giorni. C’è ancora troppo silenzio. In carriera mi è capitato di tutto: insulti, minacce, cori. Da giovane subivo e piangevo oggi reagisco”
A cura di Alessio Pediglieri
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Kevin Prince Boateng ha voluto dare il proprio contributo su un tema caldissimo in questo periodo, il razzismo. Dopo la morte di George Floyd e l'impatto che l'evento ha avuto a livello internazionale, coinvolgendo anche il mondo del calcio, che non si è tirato indietro davanti a manifestazioni di solidarietà, anche il trequartista oggi al Besiktas ha voluto spiegare il proprio punto di vista denunciando quanto – e non solo nel calcio ma anche e soprattutto nella società di tutti i giorni – ci sia ancora molto da lavorare per superare le barriere di pregiudizi e odi territoriali.

Kevin-Prince Boateng ha girato il mondo grazie al calcio e grazie al calcio è conosciuto ovunque. Dunque, le sue dichiarazioni rilasciate ai microfoni di Sky Sports News per parlare di quanto avvenuto non sono passate inosservate anche perché ha espresso concetti ancora una volta forti e controcorrente: "Perché si deve giudicare una persona dal suo aspetto? Ancora oggi a me capita di continuo: quando cammino per la strada, le persone attraversano dall’altra parte e mi guardano in modo strano quando guido in macchina. La polizia mi ferma senza motivo. Forse perché sono un ragazzo di colore con tatuaggi e una buona macchina"

A me è capitato di tutto in carriera. Mi hanno chiamato scimmia, lanciato banane, insultato me e i miei cari,  che mi avrebbero messo in una scatola e riportato al mio paese che mi avrebbero lavato perché ero sporco. Quando ero giovane ho anche pianto, ma adesso no, non più: sono sufficientemente forte

Poi il pensiero al mondo del calcio che ha reagito alla norte di Floyd con diverse manifestazioni di sostegno anche clamorose, come in Bundesliga. Ma il percorso, sostiene Boateng è ancora lungo e tortuoso: "Ancora oggi molti pensano che se dicono qualcosa o condividono la cosa sbagliata, perderanno un contratto o uno sponsor ma non ha senso di esistere un sentimento del genere. Il gesto dei calciatori di riunirsi in queste ore e manifestare pubblicamente mi ha fatto piacere. Sicuramente è qualcosa di bello ma si può e si deve fare di più”.

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