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Opinioni

A Roma come a Milano e Napoli: una partita di calcio non può cancellare il Covid

Come se il Covid non esistesse. È successo a Roma, alla vigilia della partita con il Manchester United, ma scene di euforia/isteria collettiva hanno fatto (e fanno) parte del corredo accessorio di insana passione che ha acceso a intermittenza anche Napoli, Milano e più di recente Como per festeggiare la promozione in B dei lariani. Bello/bellissimo. Stupidità superlativa. In piena pandemia, con 400 morti al giorno.
A cura di Maurizio De Santis
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Se mi devo spiegare, allora è tutto inutile. È la prima frase che viene in mente guardando le immagini che arrivano da Trigoria, dove i tifosi della Roma si accalcano, urlano, sventolano bandiere, agitano fumogeni, mulinano le braccia e stanno gli uni addosso agli altri. Senza alcun distanziamento, la maggiore parte di loro senza mascherina (pur avendola sul viso, in quel pandemonio di droplets e umori, servirebbe davvero a poco), per nulla preoccupati del Covid, dei contagi, di quanto è devastante il virus e cosa può lasciarti addosso, del numero dei morti (in media, 400 al giorno che si uniscono ai 120 mila deceduti in un anno). Sono tutti lì per incoraggiare la squadra di Fonseca che deve giocare la semifinale di andata di Europa League contro il Manchester United. Commovente. Bello/bellissimo. Stupidità superlativa.

Alla spocchia del manager dei Red Devils, Solskjaer, che agli avversari ha riservato un laconico quanto sprezzante "non li conosco" (salvo fare ammenda in conferenza), il popolo della ‘magica' ha risposto presente affiggendo manifesti e convocando l'adunata nei pressi del centro sportivo del club all'insegna del ‘lei non sa chi sono io'. Anche questo deve far parte del "rischio ragionato delle riaperture" che, in piena pandemia (perché se non è ancora chiaro, non ne siamo affatto fuori), dal Paese è stato accolto con la stessa reazione di un animale in gabbia. Liberi tutti, tornati allo stato brado e fuori controllo.

È successo a Roma, alla vigilia di una gara molto importante, ma scene di euforia/isteria collettiva hanno fatto (e fanno) parte del corredo accessorio di insana passione che ha acceso a intermittenza NapoliMilano e più di recente Como per festeggiare la promozione in B dei lariani. Gli assembramenti per la vittoria della Coppa Italia oppure per la morte di Diego Armando Maradona nulla di diverso hanno rispetto alla pletora di ultrà che ‘al mio segnale, scatenate l'inferno' in occasione del derby della Madonnina, per le vittorie dell'Inter di Conte, per il furore agonistico di Ibra e del Milan.

Dissolvenza e cambio di campo conservano il filo conduttore della trama recitata a braccio, a corpo libero: stesso copione, stessa folle incoscienza. Stessa idiozia fatta passare per manifestazione di libertà. Liberi erano anche i tifosi di Atalanta e Valencia che – ignari di quel che stava accadendo – nella transumanza da una città all'altra hanno brindato con la morte. La chiamarono ‘la partita del contagio', la bomba epidemiologica che trasformò il sogno in incubo, la gioia in dolore. Andarono al diavolo, qualcuno c'è anche rimasto. E se mi devo (ancora) spiegare, allora è tutto inutile.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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