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A ottobre il campionato è già finito? Ancelotti e Conte si sono già arresi

“La Juve è di un’altra categoria” ha ammesso il tecnico dell’Inter dopo la sconfitta nello scontro diretto. L’azione da 24 passaggi in 35 secondi per il gol di Higuain è il più chiaro manifesto del sarrismo in bianconero. Il Napoli ha una rosa migliore dell’anno scorso ma non gira: Lozano non incide, Insigne è spento. I tifosi vorrebbero Ancelotti fuori.
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L'hashtag #ancelottiout e la Juventus che, in omaggio agli acrostici a tema tv, passa dalla BBC all'HD: dal trio Barzagli-Bonucci-Chiellini alla coppia gol Higuain-Dybala. Napoli prima e dopo, verrebbe da dire, a chiusura di un weekend di primi verdetti, di frustrazioni sfogate senza che siano davvero risolte.

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24 passaggi in 35 secondi: il Sarrismo ha attecchito alla Juve

La trama da 24 passaggi in 35 secondi che porta al gol di Higuain è l'immagine più sarriana della Juve dall'inizio della stagione. Il nuovo corso bianconero non è, e non può essere, la riproposizione mutatis mutandis del 4-3-3 del Napoli. È l'applicazione di un principio di organizzazione e occupazione del campo differente dal passato, che come tutti i principi funziona se si adatta alle caratteristiche degli uomini che lo interpretano.

Le variazioni delle geometrie in attacco, dal tridente puro alle due punte con il trequartista e il relativo, frequente scambio di posizioni, perseguono innanzitutto di individuare l'adattamento più proficuo per accomodare un attaccante fuori scala come Cristiano Ronaldo. La versatilità, come la verticalità, resta la chiave per la ricerca della vittoria attraverso il gioco. L'Inter, come a Barcellona, dimostra di perdersi un po' di fronte alla versatilità quando non è in controllo della situazione e non detta i ritmi del gioco. E scopre di non poter fare a meno di Sensi: quando è uscito lui per infortunio, è cambiata la partita.

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Il limbo del Napoli e l'hashtag #ancelottioiut

Il limbo del Napoli delude i tifosi, che si aspettavano un definitivo salto di qualità anche come conseguenza di una campagna acquisti che in effetti suggeriva un upgrade. Ma Lozano, l'acquisto azzurro più costoso di sempre, è rimasto al primo acuto al debutto contro la Juve. Da allora, è un girare a vuoto per il messicano e per Insigne, che appare fuori, lontano, da un'altra parte, anche quando è in campo. Sarà che Ancelotti preferisce la coppa, e contro il Liverpool ha visto il suo Napoli giocare sì una partita da grande squadra, sarà che in campionato mantenere la motivazioni dopo anni passati a giocare per il secondo posto non è facile. Sarà anche che, come ogni percorso di crescita, il prossimo step del Napoli comporta prove ed errori. Ma nelle ultime settimane, gli errori son più delle prove, e si accumulano come indizi di un'altra stagione di transizione.

Tredici punti non portano bene. Negli ultimi sette campionati, solo due volte il Napoli ne ha ottenuti dopo sette partite. Lo 0-0 contro il Torino, il primo pareggio senza gol per gli azzurri dopo 20 incontri in Serie A, matura al termine di una partita con solo tre tiri in porta: il Napoli non ne effettuava così pochi in un singolo match in Serie A dall’agosto 2018 (tre contro Lazio). La squadra che all'inizio andava a duemila all'ora e subiva troppi gol adesso rallenta ma vivacchia senza pungere. Anche il cambio di modulo, il passaggio al 4-3-3 che varia la forma più della sostanza se si guarda alle posizioni medie occupate in campo dai giocatori, ha lasciato gli stessi dubbi: chi è l'uomo d'ordine? Chi è la prima scelta in attacco? Come proteggere l'investimento su Lozano? La risposta soffia nel vento.

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Roma, le proteste di Petrachi un errore di forma e sostanza

Restano, invece, le tracce della protesta del ds della Roma, Petrachi. "Il calcio non è teatro, non c’è bisogno di usare il fioretto. Non è un gioco da signorine. Allora andiamo a fare danza classica no? Ma questo è un gioco di maschi, un gioco maschio" ha detto a proposito di Pisacane che, a suo dire, avrebbe esagerato le conseguenze della spinta di Kalinic nell'azione del gol del 2-1, poi annullato. Pisacane, nella caduta, si scontra con il suo portiere Olsen e viene portato in ospedale a fine partita. La forma, non serve sottolineare quanto discutibile e retrogada con cui si è espresso il direttore sportivo, si accompagna alle proteste dell'allenatore Fonseca e del presidente Pallotta che twitta dagli Stati Uniti. Parlano tutti di partita falsata, i tifosi accennano alla successione di decisioni contrarie alla Roma dopo la partita col Lecce.

Tanti, compreso Fonseca, si chiedono perché non sia stato usato il VAR sull'azione del gol di Kalinic. Semplice, perché l'arbitro è in controllo dell'azione e la valutazione della gravità di una spinta, in un episodio simile, spetta solo all'arbitro: ovvero, il VAR non sarebbe intervenuto nemmeno se Massa il gol l'avesse convalidato e a protestare fossero stati i sardi. Anche la sostanza della protesta della Roma affonda sulla rabbia per i due punti persi, sul calore della battaglia. Perché la spinta c'è e il gol è da annullare. L'errore di Massa è di non segnalare subito, di fischiare senza indicare: infatti il fallo viene poi certificato dal guardalinee Tegoni. È probabilmente questo che spinge Fonseca a pensare che l'arbitro abbia prima convalidato il gol e poi cambiato idea.

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Il tramonto del Milan

Il weekend della settima giornata può trasformarsi, nonostante la vittoria a Genova, nel capolinea di Giampaolo al Milan. Un'esperienza nata sotto una luna morta piccola per due ordini di problemi: la difficoltà a superare il peso del passato e del blasone di una squadra che ha definito un'epoca con Sacchi e Capello e che continua a vivere nella contemplazione di un passato destinato a non tornare. Liberarsi dalla memoria dei giorni di gloria è difficile, come pure cancellare la tendenza a vedere il gioco di passaggi come unica via per la gioia e per la bellezza, la stessa che ha travolto Di Francesco alla Sampdoria e che ancora mantiene De Zerbi, nonostante risultati in chiaroscuro sulla panchina del Sassuolo.

Montella si riprende la Fiorentina

Va invece premiata, insieme a un'Atalanta cui è mancata un po' di esperienza per gestire l'impatto con la Champions League per evitare le sole ombre della stagione che in Serie A procede nel segno delle belle vittorie, l'unità nella molteplicità di Vincenzo Montella alla Fiorentina. Non era scontato, dopo l'arrivo di Ribéry, il passaggio a una squadra senza punte di ruolo, ancor meno per un allenatore con una storia da attaccante alle spalle. Invece, per ora funziona. E Montella non cambia, perché i piani che funzionano si difendono, e quelli che non funzionano si cambiano anche se si è innamorati dell'idea che prima o poi possano produrre risultati. I viola scendono in campo per la quinta volta di fila con la stessa formazione titolare, un record di continuità nell'era dei tre punti per vittoria. E festeggiano la terza vittoria consecutiva, come non succedeva da aprile 2018.

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