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L’NBA contro i no-vax: senza vaccino Wiggins e Irving non potranno giocare le gare casalinghe

Adam Silver non fa sconti: l’ala di Golden State, che più volte non si è risparmiato nel manifestare diffidenza verso il vaccino contro il covid-19, si è vista respingere la richieste di esenzione vaccinale motivata da ragioni religiose. E, ad oggi, non potrà quindi disputare le gare casalinghe con i suoi Warriors. Stessa sorte potrebbe toccare a Kyrie Irving.
A cura di Luca Mazzella
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A poco più di due settimane dall'inizio della stagione NBA, la lega si trova a dover fare i conti con spinosi casi di no-vax. A fronte infatti del 90% circa dei giocatori vaccinati ce ne sono ancora oggi circa una cinquantina che, per diversi motivi, non si sarebbero ancora sottoposti alla vaccinazione. Notizia recente in tal senso è che Andrew Wiggins, ala piccola dei Golden State Warriors con un passato ai Minnesota Timberwolves con un rapporto quantomeno "burrascoso" con il vaccino e, sia finito nell'occhio del ciclone. Il giocatore, che non ha mai fatto segreto della sua diffidenza per la vaccinazione contro il covid-19, si è infatti finora sottratto alla somministrazione del farmaco, motivandola lo scorso marzo con frasi del tipo "Ognuno è libero di farlo, io ho scelto di non farlo, a meno che non mi obblighino, e a ridosso del media-day del team si è trovato a dover fronteggiare la rigida legislazione della città di San Francisco.

Il numero 22 avrebbe infatti richiesto un'esenzione per motivi religiosi (unica motivazione possibile oltre a ragioni mediche), ricevendo un secco no dai vertici NBA. La presenza in campo di Wiggins da non vaccinato contravverrebbe infatti alle regole del Dipartimento della Salute Pubblica dell’area di San Francisco (dove appunto giocano i Golden State Warriors), per il quale tutti gli over 12 presenti ad avvenimenti al chiuso con massiccia presenza del pubblico devono essere vaccinati da almeno due settimane. Il giocatore non potrà quindi disputare le partite casalinghe.

Il comunicato NBA

Adam Silver ha preferito non fare troppi giri di parole al riguardo, limitandosi a un poco diplomatico e lapidario: “L’NBA ha esaminato e negato la richiesta di Andrew Wiggins di esenzione religiosa dall’ordine del Dipartimento della sanità pubblica di San Francisco che richiede la vaccinazione COVID-19 per tutti i partecipanti di età pari o superiore a 12 anni a grandi eventi al coperto. Wiggins non potrà giocare le partite casalinghe degli Warriors finché non soddisferà i requisiti di vaccinazione della città”.

Il caso Kyrie Irving

Lo stesso problema di Wiggins potrebbe ora toccare a Kyrie Irving, stella dei Brooklyn Nets, la cui posizione secondo alcuni rumors riportati da più siti americani (tra cui il Rolling Stone) sarebbe ben oltre il semplice negazionismo, essendosi avvicinato a diverse teorie cospirazioniste secondo cui il vaccino sarebbe collegato ad alcune società segrete che favorirebbero l'inserimento degli afroamericani in un computer secondo un ben definito "piano di Satana". Una delle varianti più fantasiose della teoria dei microchip che tanta strada ha fatto tra i complottisti su scala mondiale. Anche nel suo caso, la legge della città di Brooklyn non gli consentirebbe di partecipare alle gare casalinghe. Un motivo in più per far crescere la tensione tra giocatore e franchigia, che più volte lo scorso anno ha preferito chiudere un occhio davanti ai tanti screzi e capricci di Kyrie, peraltro vicino anche al movimento terrapiattista. Un motivo in più per far crescere in realtà la tensione in tutta la lega, che a pochi giorni dal via ufficiale si trova nella scomoda posizione di dover fronteggiare richieste di esenzione dal vaccino, gruppi whatsapp di giocatori complottisti e teorie delle più disparate che sembrano pericolosamente aver fatto breccia nella mente di tante star.

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