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Professor Tagliaro: Pantani non fu aggredito

Il professor Tagliaro ha consegnato la sua consulenza medico-legale. Le ferite sul corpo di Pantani, sostiene, sono compatibili con una caduta. Ma resta il giallo della coca: come l’ha assunta? Per Tagliaro non l’ha solo ingerita e non l’ha bevuta.
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I primi risultati delle nuova perizia autoptica sul caso di Marco Pantani fanno aumentare le domande, i dubbi, le ombre su un giallo che dura ormai da più di dieci anni. Nelle 62 pagine della consulenza, disposta dal Procuratore di Rimini Paolo Giovagnoli, il professor Paolo Tagliaro sostiene che Pantani non è stato aggredito e che le ferite riscontrate sul corpo sono compatibili con una caduta. Le lesioni, dunque, sarebbero auto-prodotte, una conclusione che andrebbe a contrastare la tesi del professor Francesco Maria Avato, perito incaricato dalla famiglia del Pirata e dall'avvocato De Rensis.  Ma nelle 62 pagine della relazione ci sarebbe molto più di questo, e non mancano elementi che andrebbero anche in altre direzioni. Per Tagliaro, infatti, Pantani non è morto perché è caduto. Il nodo centrale da sciogliere per capire se si è trattato di overdose, di suicidio, o di omicidio, come recita il capo d'accusa con cui la procura di Rimini ha riaperto l'inchiesta, non sono le ferite. E' la droga: come ha assunto la cocaina in quelle ultime ore?

Dose letale? – La quantità di droga nel corpo di Pantani al momento della morte è alta, molto alta. E' sei volte superiore alla dose letale, come ci aveva spiegato il professor Avato. Una concentrazione “tale da lasciar intuire un’assunzione in forme diverse da quella classica”. Tagliaro, convinto che anche con quella dose si possa sopravvivere se fortemente assuefatti, ha potuto lavorare solo sui reperti usati dieci anni fa per i test tossicologici, conservati in copia dal laboratorio che li aveva eseguiti. Tutti i reperti anatomici, infatti, compreso il cuore di Pantani, prelevati dalla salma e fissati su vetrini o in blocchi di paraffina, sono stati distrutti. È vero che la distruzione dei reperti anatomici è prevista dal codice penale quando si arriva alla sentenza della Cassazione, come in questo caso. Ma la sentenza della suprema corte ha assolto in terzo grado Fabio Carlino, il titolare della Angel’s Agency dove lavoravano le ultime due compagne di Pantani, Cristina Jonsson e Elena Korovina, accusato di essere il trait d'union fra il Pirata e i suoi pusher, è del 9 novembre 2011. Viene da chiedersi perché i reperti stati distrutti solo lo scorso aprile, otto mesi dopo che la famiglia Pantani aveva chiesto alla Procura di Rimini gli atti del processo per inoltrare istanza di revisione.

Non l'ha solo ingerita, ma non l'ha bevuta – Tagliaro, che ha chiesto altri 60 giorni per completare i test tossicologici, non sarebbe convinto che Pantani abbia semplicemente ingerito la coca, ma esclude anche che gliel'abbiano fatta bere a forza dalla bottiglia sporca, e peraltro mai repertata, su cui nessuno ha mai preso le impronte digitali, presente sulla scena e che ben si vede nel controverso video della scientifica, che dura 51 minuti anche se copre 3 ore. Tagliaro esclude questa ipotesi per due motivi: perché l'assunzione forzata con quella bottiglia di vetro avrebbe lasciato dei segni sulle labbra, sui denti, che invece non sono state riscontrate. E poi perché nello stomaco di Pantani c'erano sì cibo e coca, ma niente acqua. Un dettaglio che aveva già fatto riflettere Giuseppe Fortuni, il medico legale che ha eseguito la prima autopsia sul corpo di Pantani, nel 2004. In trent'anni di pratica, Fortuni si è occupato del mostro di Firenze, dello schianto di un aereo militare su una scuola di Casalecchio di Reno, dell'attentato terroristico alla stazione di Bologna. Dieci anni prima aveva anche praticato l'autopsia sul cadavere di Ayrton Senna. Fortuni colloca la morte fra le 11.30 e le 12.30, ricalca le tesi formulate a caldo che parlano di overdose, non si sofferma molto sulle ferite (alla testa in tre diversi punti, sulla fronte, sul sopracciglio sinistro, sulla nuca, sul polso, sulle gambe) che per mamma Tonina sarebbero invece la prova di un'avvenuta aggressione. Fortuni, però, è l'unico a notare “la presenza di due contenitori di un fast-food asiatico ritrovati appoggiati sopra un cestino”, come ricorda Philip Brunel nel suo libro “Gli ultimi giorni di Marco Pantani”. Il medico legale, scrive ancora Brunel, giudicava plausibile l'ipotesi di una supposta di coca, idea scartata invece dal pm Gengarelli che ha condotto la prima inchiesta. Ma ha trascurato, conclude il giornalista, “tutta la parte genetica dell'autopsia. Una ricerca di DNA sotto le unghie e sulle ecchimosi, così come un esame rettale, avrebbero consentito di sapere: 1) Se era entrato in contatto fisico con un aggressore; 2) Se aveva avuto dei rapporti sessuali prima della sua morte; 3) Se qualcuno gli aveva somministrato con la forza una supposta".

Il mistero della pallina – Nelle prime ore dopo la scoperta del cadavere, Fortuni aveva anche sottolineato a Brunel come non ci fosse niente di rotto nella stanza. Una situazione molto diversa da quella che documenteranno gli inquirenti. L'ipotesi di una possibile messinscena coinvolge non solo gli arredi, le sedie, il lavabo del bagno divelto, secondo la testimonianza del portiere che ha scoperto il cadavere, ma al suo posto nel video della scientifica. Coinvolge anche uno dei particolari chiave per capire come effettivamente Pantani abbia potuto assumere tutto quel quantitativo di droga: la pallina di mollica di pane semi-masticata e coca che compare in una pozza di sangue accanto al cadavere. Secondo la testimonianza dei due infermieri del 118 che per primi videro il corpo di Pantani, e che sono ascoltati di recente dall'avvocato De Rensis in luoghi e giorni diversi, non c'era quando loro sono arrivati sulla scena. E tra l'altro, a giudicare dalle immagini rese pubbliche da Sport Mediaset, quella pallina di pane e coca, l'ultimo boccone che Pantani avrebbe rigurgitato e che sarebbe ricaduto a 50 centimetri dal cadavere, sembra stranamente pulita. Eppure, il corpo è stato trascinato, spostato, come dimostrano i segni sul pavimento. Allora si disse che erano stati gli infermieri, per defibrillarlo, c'è un agente che lo afferma chiaramente nel video girato dalla scientifica. Ma oggi i due infermieri smentiscono, sostengono di aver spostato leggermente il corpo per applicare degli elettrodi e verificare l'eventuale presenza di attività, senza la quale la macchina non consente la defibrillazione. Per le prime risposte bisognerà aspettare due mesi e le conclusioni di Tagliaro sulle decine di grammi di coca presenti nel sangue del Pirata. Intanto l'avvocato De Rensis, che avrebbe dovuto essere presente al Teatro degli Atti per la presentazione del libro “Delitto Pantani: l’ultimo chilometro (Segreti e bugie)” di Andrea Rossini, ha annunciato un nuovo colpo di scena. Vuole chiedere che l'inchiesta sia trasferita da Rimini.

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