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I timori dei gestori di palestre e centri sportivi: “Siamo in regola, non chiudeteci”

Davanti al reale pericolo di una nuova chiusura del settore relativo ai centri sportivi, palestre e piscine gli addetti ai lavori all’unisono rivendicano il diritto di poter continuare a lavorare dimostrando il rispetto delle regole: “Il comparto è costituito da una percentuale altissima di realtà piccolissime che non hanno problemi a seguire le norme anti Covid. Chiuderci ci porterebbe al fallimento”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Dopo l'ultimo Dpcm e le nuove disposizioni riguardanti il mondo delle palestre, delle piscine e degli impianti sportivi, tra i gestori è diffuso il timore di una nuova chiusura generalizzata. Nonostante le rassicurazioni dell'ANIF, l'associazione di categoria. Fanpage.it ha ascoltato alcune voci dal mondo del fitness, in particolare, dopo la divulgazione delle nuove direttive del Governo che richiedono “Un protocollo attuativo più rigido per le palestre, che prevede maggiore distanziamento dove non si può usare la mascherina e l'uso di quest'ultima in determinate attività”. Pena il rischio totale di chiusura.

"C'è una falla nella normativa italiana che qualifica le nostre strutture di fitness come semplici ‘palestre', verso cui è rivolto l'ultimo appello del Governo", sottolinea Marco Campagnano (CEO e Founder di "Fit e Go"). "Un problema che ci punisce oltremodo: rischiamo che si faccia di tutta l'erba un fascio, arrivando ad una chiusura indiscriminata". Medesimo problema riscontrato anche da altre realtà simili come da Davide Sbrajon (Doc Personal Training Studio): "Siamo un semplice centro personal, non facciamo palestra eppure siamo considerati tali anche se facciamo entrare un massimo di tre clienti alla volta, prendiamo prenotazioni e seguiamo tutte le normative per la sanificazione e le disposizioni anti Covid"

La mancanza di chiarezza e di normative univoche

Il problema non è essere a norma con le direttive dell'ultimo Dpcm ma capire se il Governo abbia la forza di fare dei distinguo all'interno di una ‘filiera' che non può essere ridotta alla mera dicitura ‘palestre'. "Non c'è nulla di diverso oggi di quanto già pubblicato lo scorso marzo. Ritengo che 7 giorni per mettersi in regola siano più che sufficienti – continua Campagnano – ma non vorrei pensare che sia la classica caramella da darci. Per poi farci comunque chiudere senza distinzioni". "Siamo a norma da sempre – spiega Sbrajon – abbiamo sempre rispettato tutte le norme, non è corretto farci chiudere. Quando ho contattato la Regione Lombardia sostenendo che ho un'attività individuale per sapere se dovevo sottostare alle nuove norme mi hanno risposto dopo giorni: ‘in teoria no, ma essendo al chiuso sì, quindi nel dubbio le conviene chiudere'". Alessio Zoncada (Reverbia Centro Personal Training) rincara la dose sulla mancanza di chiarezza: "Dovremo sottostare alle decisioni e quindi probabilmente chiudere anche se seguiamo dall'inizio tutte le direttive del Comitato Tecnico Scientifico".

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Una situazione che sfiora il paradosso, con richiesta del rispetto delle regole senza che vi siano adeguati controlli per verificare se le strutture sono effettivamente a norma oppure no. "Non abbiamo mai avuto alcun controllo da parte dell'Asl e noi lavoriamo con un rapporto di uno a uno (un cliente, un personal trainer, ndr). Quindi noi potremmo restare aperti avendo un'affluenza anche minore di bar e locali", continua Zoncada. "Poche verifiche", conferma Campagnano: "Su 80 esercizi in tutta Italia abbiamo ricevuto un paio di controlli dallo scorso maggio, uno subito dopo la riapertura e uno ora: una percentuale davvero bassa". "Io non ho mai avuto un controllo – sottolinea Sbrajon – e abbiamo aperto quest'anno durante i Dpcm ma nessuno è mai venuto a verificare che noi siamo a norma".

"La sensazione è che le direttive verso il nostro settore siano state fatte senza conoscerlo a fondo. In Italia c'è un'altissima percentuale di piccole realtà che costituiscono la struttura dominante del comparto.  E' sbagliato rivolgersi alle ‘palestre' generalizzando il tutto", spiega Alessandro Scalici (Universo Fitness Milano)"Si dovevano riferire al rapporto con la clientela e le realtà che lavorano sul rapporto singolo con il cliente dovevano venire tutelate. I grandi centri sono una percentuale minima, siamo noi piccole attività, in grado di rispettare tutte le norme richieste dal Cts, a pagare il prezzo più alto di una chiusura" 

Le iniziative per evitare la chiusura indiscriminata del settore

Il rischio concreto è dunque la chiusura indiscriminata del settore, senza distinzioni: "Ho anche scritto al Presidente Conte per sensibilizzare il Governodice ancora Campagnano – La sensazione è che la politica non voglia prendersi la responsabilità di un nuovo lockdown totale come lo scorso marzo e si stia iniziando a incutere terrore psicologico, anche attraverso l'informazione". "Noi ci siamo rivolti ad un architetto per chiedere una deroga alla chiusura dimostrando di non essere una palestra, ma le direttive non sono chiare – evidenzia ancora Sbrajon – Non ci sono criteri scritti cui ci si possa appellare, nessuno ci da una mano". "Forse sarebbe opportuno far presente che si dovrebbe lavorare più a tutela dei piccoli, che già rispettano le regole da sempre, magari attraverso il rilascio di una certificazione da parte delle autorità preposte", conclude Scalici.

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