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A Wuhan i Giochi del contagio già a ottobre, Tagliariol: “Mai stato così male”

Lo spadista azzurro, Matteo Tagliariol, ha raccontato cosa è accaduto a fine ottobre scorso a Wuhan, in occasione dei Giochi Mondiali militari. Febbre alta, tosse, difficoltà respiratorie scandirono la permanenza nella città divenuta l’epicentro dei contagi da coronavirus. Il rientro in Italia fu anche più duro, alla compagna disse: “Se vedi che non respiro bene, chiama l’ospedale”.
A cura di Maurizio De Santis
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AtalantaValencia di Champions League è stata definita la partita del contagio. L'acceleratore della carica virale del Covid-19 esplosa con effetti devastanti in Lombardia, in particolare nel Bergamasco e nel Bresciano. Ma il match di Coppa, scandito dall'esodo di 40 mila tifosi orobici verso lo stadio San Siro di Milano, non è stato l'unico evento che ha favorito la diffusione del morbo. Matteo Tagliariol, olimpionico di "spada" a Pechino nel 2008, aziona il rewind e torna indietro nel tempo: un viaggio che lo conduce in Cina, a Wuhan, l'epicentro della pandemia che s'è propagata in tutto il mondo. Era lì assieme alla delegazione azzurra (circa 200 persone nel complesso) e ad altri 10 mila atleti che dal 18 al 27 ottobre avrebbero partecipato ai Giochi Mondiali militari.

Febbre alta, tosse, difficoltà respiratorie scandirono la sua permanenza (e dei compagni di avventura) in terra cinese. Nessuno immaginava che quella ondata di malessere, che sembrava una "banale influenza", avrebbe prodotto dolore e morte da un capo all'altro del mondo. Il racconto fatto alla Gazzetta dello Sport è da brividi.

Quando siamo arrivati a Wuhan, quasi tutti ci siamo ammalati – ha spiegato Tagliariol -. Io ho avuto tosse, molta tosse. In infermeria non c’erano più nemmeno le aspirine, tutto finito, tanta era stata la richiesta di medicinali.

Il ritorno a casa fu ancora più duro. Quel malore che gli aveva provocato una forte tosse si ripresentò in maniera più acuta. In quei giorni non riusciva a respirare e non era certo per colpa dell'asma. Non gli bastò nemmeno una cura a base di antibiotici per guarire da quel disturbo. Fu allora che si rivolse alla compagna, Martina Batini, chiedendole di tenersi pronta per qualsiasi emergenza.

Se vedi che non respiro bene, chiama l’ospedale – le disse perché non s'era sentito mai così male -. Sono stato ammalato per 3 settimane, continuavo ad avere tosse molto forte e mi sentivo debilitato. Alla fine sono guarito ma si sono ammalati anche Martina, in forma più lieve, e Leo (il figlioletto di 2 anni, ndr). Anche lui per circa un mese ha avuto una tosse impressionante. Quando si è cominciato a parlare del virus, senza nessuna competenza medica, mi sono detto: allora l’ho preso.

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