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Morte Michele Merlo, la Procura chiede archiviazione: “Impossibile dimostrare responsabilità”

La Procura di Vicenza ha chiesto l’archiviazione, sostenendo di fato che non sia stato possibile dimostrare un nesso di casualità e individuare responsabili del decesso. Secondo l’accusa, il medico di base non avrebbe capito che Merlo era stato colto da una leucemia fulminante.
A cura di Andrea Parrella
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Svolta sul caso della morte di Michele Merlo, a più di due anni dalla scomparsa del cantante, ex concorrente di Amici, a causa di una leucemia fulminante. La Procura di Vicenza ha infatti chiesto l'archiviazione, sostenendo di fato che non sia stato possibile dimostrare un nesso di casualità e quindi verificare eventuali responsabilità. L'ipotesi era relativa all'eventualità che il 28enne si sarebbe potuto salvare se il suo medico di base di Rosà, indagato, avesse scoperto immediatamente la malattia.

La tesi dell'accusa

Stando a quanto denunciato dall'accusa, il medico di base non avrebbe capito che Merlo era stato colto da una leucemia fulminante. Merlo si presentato nello studio del medico il 26 maggio con un grosso livido alla gamba e per questo trattato. Il medico è stato probabilmente fuorviato dalle parole dello stesso cantante, che lamentava dolore alla coscia sostenendo che il livido fosse scaturito con ogni probabilità da un trasloco. Dopo pochi giorni dalla prima visita vi era stata la giusta diagnosi e la corsa a vari pronto soccorsi, ma per il giovane è stato troppo tardi per qualsiasi cura.

Il padre di Michele Merlo: "Una sanità che non funziona più"

La famiglia Merlo porta avanti una battagli legale sin dalla morte del giovane 28enne, con l'obiettivo di dimostrare che si sia trattato di un caso di malasanità. Domenico Merlo, padre dell'artista, si è detto più volte certo che Michele si sarebbe potuto salvare se solo i medici fossero stati più attenti e tempestivi nel soccorrerlo. L'uomo aveva tuttavia chiarito la sua rassegnazione: “Non mi aspetto nulla dalla giustizia e non condanno l’errore umano, anche se mi ha devastato la vita”. Aggiungendo:

“Quello che è successo a Michele è frutto di una sanità che non funziona più: il sistema ha subito dei tagli importanti e questo porta continuamente a situazioni drammatiche. I medici legali sostengono che bastava un esame del sangue per salvarlo. Aveva una probabilità dal 77% all’89% di guarire, in circa sei mesi, dalla malattia”.

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