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Claudio Cecchetto: “Festivalbar era l’estate, spero riparta. Feci Sanremo a 28 anni per salvarlo dalla crisi”

Claudio Cecchetto ripercorre la sua carriera in un’intervista a Fanpage.it, dai palchi di Sanremo e Festivalbar alla scoperta di talenti che oggi tengono in piedi i palinsesti Tv: “Per Fiorello, Amadeus, Scotti, Jovanotti sono come un padre, ma non hanno firmato una cambiale a vita”. Lo spettacolo è nel suo quotidiano, nel suo numero di telefono si susseguono i numeri 883: “Non è un caso, l’ho scelto io”.
A cura di Andrea Parrella
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Gioca Jouer, talent scout, Festivalbar, Sanremo, anni '80, deejay, Gerry Scotti, 883. Le parole chiave racchiuse in quel sovrainsieme chiamato Claudio Cecchetto sono innumerevoli e si potrebbe proseguire citando Amadeus, Fiorello e Jovanotti, senza comunque uscirne con la certezza di aver completato la lista. Cecchetto è una colonna dello spettacolo italiano, il deus ex machina da cui nasce la generazione di conduttori che oggi regge una fetta maggioritaria dei palinsesti televisivi in Italia. Ha calcato i principali palchi d'Italia, dal Festivalbar a Sanremo (dove l'anno scorso è arrivato anche suo figlio Jody) ed ha rappresentato un cambio di paradigma del fare Tv come pochi sono riusciti a fare. Soprattutto, Cecchetto ha sempre lasciato una volta arrivato in cima, per ripartire. A 71 anni ripercorre in questa intervista con Fanpage.it gli snodi principali di una carriera in cui divertirsi è stato legge: "Con il lavoro che faccio – racconta a Fanpage.it – sono sempre in vacanza. Faccio il disk jockey, vado a suonare, non a lavorare".

È una conquista, non tutti possono dire di essere in vacanza quando lavorano.

È il termine lavoro che è sinistro, è una passione, vado a suonare.

In Italia, in fondo, Claudio Cecchetto è sinonimo di DJ.

Mi fa piacere che qualcuno me lo riconosca, significa che quello che ho fatto ha creato questa situazione e ne sono felice.

Parliamo del successo, che ha raggiunto a 23 anni, il primo Sanremo da conduttore a 28. Oggi un 40enne in tv viene definito "giovane". 

Anche nel mio periodo io ero definito così. Il più giovane quando sono arrivato io era Claudio Lippi, era una televisione fatta da 40enni e 50enni. Ci fu un'azione di coraggio che arrivò dopo un periodo di crisi. Sanremo, quello del 1979, presentato dal grande Mike a cui devo tutta la mia carriera (fu lui a scoprirlo e lanciarlo a Telemilano 58, la futura Canale 5, ndr) non era andato bene. Quel modello era in difficoltà, così Gianni Ravera, patron di Sanremo allora, si rese conto del fenomeno delle radio libere, dei disc jokey, su cui puntò per salvare la manifestazione rimpiazzando la figura del presentatore classico.

Come mai scelse proprio lei?

La domanda gliela feci anch'io. "Perché tu sei veloce e ci sta un cantante in più", rispose. Era una battuta, ma un fondo di verità c'era, perché lui era patron di una manifestazione musicale, Sanremo, e voleva che fosse un evento di cantanti, non uno show del presentatore.

Molto simile alla svolta del Sanremo di Amadeus degli ultimi anni.

E guarda il caso strano: dove nasce Amadeus? Quella è la scuola, è molto più importante ciò che presenti e non il presentatore.

Non solo Ravera. Nel 1983 Vittorio Salvetti la chiama a inaugurare il Festivalbar. Un talent scout come Cecchetto ha avuto a sua volta grandi talent scout.

Quello senz'altro, hanno visto in me una persona che potesse fare al caso loro. Salvetti mi contattò quando dopo Sanremo passai a Canale 5, lo incontrai in un ristorante di Roma e lui mi disse che affidandolo a me avrebbe voluto rendere il Festivalbar quello che è poi diventato, una manifestazione itinerante nelle varie città d'Italia su Canale 5, mentre prima era solo un riassuntino mandato in onda su Rai2. Disse che mi considerava il presentatore numero 2 in Italia.

Domanda telefonata: chi era il primo?

"Sono io", disse. Mi risultò simpatico da matti e ci siamo subito intesi. Obiettivamente Salvetti era di quelli che, oltre ad aver fatto scouting con me, mi ha insegnato tanto di come stare su un palco.

Cecchetto e Vittorio Salvetti nel 1987 al Festivalbar
Cecchetto e Vittorio Salvetti nel 1987 al Festivalbar

Lei è un simbolo del Festivalbar, una manifestazione che si è chiusa circa 15 anni fa senza un perché. Che ne pensa? Potrebbe ripartire?

Magari è un po' tardi, farla ripartire è difficile, ma indubbiamente il marchio è diventato un ricordo. È solo la proprietà del marchio a poter rinverdire o reinventare il Festivalbar, non certo la televisione. Chiaro che una manifestazione del genere costa ed è complesso, però io sono dell'idea che mai dire mai. Purtroppo Vittorio Salvetti, l'inventore, non c'è più da tempo, lui era unico, sapeva quando tirare la cinghia e quando mollarla. Suo figlio Andrea è sicuramente capace, chissà che non ci ripensi, lo spero. Il Festivalbar non era solo una manifestazione musicale, ma era l'estate.

Arrivato all'apice del successo, decide di creare la sua factory, Radio Deejay, da cui emergeranno i più grandi talenti della Tv (e non solo) di oggi. Si era stancato di condurre?

Botte piena e moglie ubriaca è un casino. Io con loro ho realizzato dieci cose, da solo ne avrei realizzate due. Siccome amo fare, ho portato a casa più progetti attraverso le professionalità di Amadeus, Fiorello, Gerry Scotti. Sono entrato nel mondo della musica con Jovanotti e gli 883, nell'editoria con Fabio Volo. Da solo non avrei potuto fare tutto questo.

Però è sempre stato uno di quelli che arrivato a realizzare un progetto, faceva un passo indietro per iniziarne un altro.

Per mia fortuna ho realizzato molti progetti che sono arrivati al numero uno e quando accade ciò che ti resta da fare è lavorare unicamente per mantenere quella posizione. È una fase che non mi appassiona, a me piace buttarmi in nuovi progetti per diventare numero uno. Amo creare.

Creare, è questo il suo vero talento?

A 71 anni posso dire che sì, il mio talento è la voglia di fare. Mi fa piacere essere descritto come un importante talent scout, sono cose che non do per scontate, ma mi gratificano parecchio, significa che sono opera del mio lavoro e non del mio ufficio stampa.

Il talent scout sa anche quando lasciar andare i suoi talenti. Non ha mai corso il rischio di oscurare o ostacolare qualche suo pupillo?

Onestamente credo di no, anche perché ho sempre cambiato tipologia di progetto. Quando siamo riusciti a portare al successo Jovanotti, dopo non abbiamo provato a fare una replica, ma abbiamo puntato su Fiorello. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi talenti, ma non c'è stato un momento in cui ho capito potessero camminare da soli, l'ho sempre saputo dall'inizio. Il mio compito era metterli nelle condizioni di poterlo fare. Andare avanti è una crescita continua insieme, loro hanno imparato da lei e io da loro.

Nel 1979 esce Video Killed the Radio Star, nel 1981 nasce MTV e in quegli anni lei, in Italia, capisce che musica e video diventeranno inseparabili.

Io mi convinsi a fare Deejay Television sulla base di un ragionamento semplice: possibile che tutti i cantanti vengano presentati con la stessa scenografia? Il pop, il dark, il classico. Con i video ognuno ha un'ambientazione personale, adatta al suo stile. A Popcorn (il programma musicale Rai condotto nel 1983, ndr) che mi affidarono, tu vedevi il cantante inglese uguale al cantante napoletano, con i video tutto diventava personalizzato e l'ambientazione rispettava il genere musicale. Era inevitabile che i video sarebbero andati forte.

Cecchetto e Jovanotti, uno dei suoi tanti pupilli.
Cecchetto e Jovanotti, uno dei suoi tanti pupilli.

E pure al tempo ci furono molte critiche, vi accusavano di distruggere la musica e, potenzialmente, le radio. È andata così?

Assolutamente no, l'industria discografica ne ha beneficiato, ne è nato un nuovo canale oltre a quello radiofonico, che contribuiva a diffondere la musica, non a bloccarla. All'inizio mi accusarono anche di esterofilia, ma io volevo semplicemente che gli artisti  e i musicisti italiani potessero conoscere ciò che accadeva all'estero e non fossero vincolati solo al proprio repertorio. Poi va detto che Deejay Television era allo stesso tempo un'opportunità per lanciare nuovi volti alla conduzione molto legati alla musica. Mi giocai persino Leonardo Pieraccioni a Deejay Tv.

C'è stato un progetto che non le è riuscito come avrebbe voluto?

Devo dire che la maggior parte delle volte le cose che ho avuto in mente sono riuscito a realizzarle. Quelle che non sono andate in porto, forse, non erano adatte al momento o mancavano le risorse. Ma una delle mie caratteristiche è che quando mi accorgo che una cosa non funziona, mollo il colpo. Inutile sprecare troppe energie arrancando.

Se un'idea è perdente non vale la pena inseguirla?

Non è detto che sia perdente a prescindere, potrebbe esserlo in questo momento ma funzionare tra cinque anni. Un'altra cosa che ho sempre pensato è che bisogna essere avanti di mezz'ora, non troppo. "Ho avuto la stessa idea dieci anni fa", senti spesso dire: troppo presto, rispondo io. Avere l'idea è un conto, ma tocca mettersi nelle condizioni di realizzarla.

La sua biografia si intitola "il talento è un dono e il successo è un mestiere". Non basta l'estro, bisogna essere centrati e avere costanza.

Assolutamente, il trucco è capire davvero quale sia il tuo talento vero. Se scopri esattamente cosa ti piace fare hai risolto, perché passeresti 24 ore a farla.

Le sue principali scoperte hanno trovato una loro costanza: Fiorello si alza all'alba, Amadeus va in onda tutti i giorni, Jovanotti va in bici.

Assolutamente, credo siano cose che riempiono loro la vita. Lorenzo va in bici e al contempo lavora, si guarda attorno. Sono appena andato a trovarlo nel centro dove sta facendo riabilitazione dopol'incidente, è fatto d'acciaio e si sta già rimettendo in sesto per il prossimo viaggio.

Per loro lei che ruolo ha? È un padre, o un amico? Come si rapportano a colui che li ha "visti" per primo?

Si rapportano come a un buon padre di famiglia, che c'è sempre quando hai bisogno e presso cui sanno di trovare sempre una porta aperta. Questo non significa che abbiano firmato una cambiale per la loro vita. Sanno che li comprendo perché ci siamo sempre compresi e capiti.

Nel 2024 Amadeus ha annunciato che farà il suo ultimo Sanremo.

Ultimo, diciamo il suo quinto Sanremo. Se poi si deciderà per una pausa, allora si vedrà.

Dovesse pensare a un nome per succedergli?

Per come la vedo io, squadra vincente non si cambia. A queste eventualità bisogna pensare se ci sono i motivi per un cambio, ma per come vedo io Sanremo, non avverto questa necessità.

Mi sarei aspettato facesse il nome di Gerry Scotti.

Certo, lo meriterebbe, ma il problema di Gerry è che anche lì è una questione di aziende. Bisognerebbe fare un'eccezione come hanno fatto con Maria De Filippi. Lui è lo zio d'Italia e con lui si porterebbe sicuramente a casa un grande festival.

Non voglio divulgare i suoi dati personali, ma nel suo numero di telefono si susseguono le cifre 883. È un caso?

Chiaro che no (ride,ndr), dove c'è possibilità di fare spettacolo anche con il proprio numero di telefono io ci sono. Quando ho fondato Radio Deejay nell'82 io avevo un van della radio, la nostra frequenza era 99.7 e la targa del van era 99.700.

Ha scelto la targa e anche il numero di telefono?

Esatto. Per il numero di telefono, vent'anni fa si potevano scegliere e l'ho fatto.

Cecchetto con Pezzali e Francesco Facchinetti
Cecchetto con Pezzali e Francesco Facchinetti

Al netto dei dissapori recenti avrà scherzato in passato con Max Pezzali di questa cosa?

No, non ricordo che ne abbiamo mai parlato in verità, ma posso dire che la scelta di quel numero fu assolutamente mia. Stiamo parlando di 25 anni fa (e glissa sul tema Pezzali, ndr).

Parliamo di futuro. Quali sono i suoi progetti?

Penso a Radio Cecchetto, la mia filosofia è che non so cosa farò in futuro, ma so quello che non farò. Sicuramente Radio Cecchetto non sarà come qualcosa che ho già fatto e hanno già fatto. Ho in mente di fare qualcosa di diverso e non per supponenza. Secondo me Radio Cecchetto nel futuro punta a diventare così importante da essere integrata nello stesso gruppo di Radio Deejay e Radio Capital, le altre due radio che ho fondato, andando a formare il più grande polo radiofonico europeo.

Insomma, puntando sempre al numero uno, per poi guardare altrove.

Esatto, questo è il mio prossimo numero uno.

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