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Pierluigi Diaco: “Per i detrattori sono l’antipatico, ma ci rido su. La Tv è succube dei social”

Pierluigi Diaco si racconta in un’intervista a Fanpage.it: “Circolano meme su di me? Non so cosa siano e non mi interessa”. Sul rapporto con i social: “Li evito, non lasciano il tempo di riflettere”. Il 30 maggio sarà in prima serata con Bella Rai2: “Mi piace una Tv accogliente in cui i ricordi e la nostalgia trovino casa”.
A cura di Andrea Parrella
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Pierluigi Diaco è una presenza fissa della Rai2 degli ultimi anni. Io e Te, Ti Sento, poi Bellama', il pomeriggio della seconda rete è diventato un territorio familiare e gli ascolti in crescita dell'ultima stagione confermano una legge indiscutibile della Tv: conta esserci, possibilmente ogni giorno. Non piace a tutti e lui lo sa, lo raccontano i momenti meme che lo vedono protagonista sui social a sua insaputa, visto che lui sui social non c'è. La sua è una carriera articolata, precoce, sconta il ruolo di enfant prodige della televisione, iniziando a lavorare prestissimo (a 15 anni) e trascorrendo molto tempo al fianco di Maurizio Costanzo, come autore ma anche davanti alla telecamera. Negli ultimi anni il suo trascorso si arricchisce con l'affermazione in Rai e anche grazie alla relazione e il matrimonio con Alessio Orsingher, che lo completa definitivamente. In questa intervista si racconta a pochi giorni dall'approdo in prima serata il 30 maggio con BellaRai2, spin off del suo appuntamento pomeridiano interamente dedicato alla storia della rete che lo ha accolto in questi ultimi anni.

Celebri una rete di cui sei un volto indiscusso. Ne hai piena consapevolezza?

La consapevolezza è la prima cosa che un conduttore televisivo e radiofonico deve avere per fare questo lavoro. Per consapevolezza io intendo la conoscenza del mezzo e, soprattutto, di telespettatrici e telespettatori. Questa consapevolezza l'ho maturata nel tempo, sono 32 anni che faccio questo mestiere ed è chiaro che nell'economia del mio percorso, tra gioie e dolori, spigolature, un lavoro avanti e dietro la telecamera, tutto è servito ad acquisire una conoscenza che ti permette di vivere questo mestiere con equilibrio.

Andare tutti i giorni in Tv, quanto conta per capire il senso di questo mestiere?

In modo decisivo. Io ho sempre condotto programmi quotidiani, vivo il mio lavoro con una dimensione quasi operaia, apro e chiudo la saracinesca perché è importante dare l'esempio. Quando mi occupavo di temi più prettamente giornalistici, c'era l'esigenza di avere le antenne sempre accese sulla contemporaneità e sulla notizia, mentre nei programmi che conduco ormai da molti anni, mi sono tarato sul racconto, i sentimenti, le emozioni, che poi sono cose cui mi appassiono anche in privato.

Diaco nel 2003 a Sky
Diaco nel 2003 a Sky

Un programma quotidiano come BellaMa' si studia nei minimi particolari o si lascia un po' andare?

Io non ho scaletta, non ho gobbo, "cucino" il programma ogni giorno. Provo a far sì che si crei un clima in studio che mi consenta, anche con gli ospiti, di lavorare sull'imprevedibilità. Mi piace una televisione in cui ci sia un flusso di coscienza continuo, dove le persone si guardino negli occhi, con una dimensione umana in tempi disumani. Come noto io mi sono sottratto a quella che da anni definisco una dittatura digitale.

Hai sempre rivendicato una distanza dal mondo dei social. Come mai?

Non amo quella fiera della vanità e credo che chi come me ha il privilegio di parlare in televisione tutti i giorni, debba avere anche quel senso della misura per preservarsi da questa mostra dell'ego.

Hai parlato di dittatura digitale, ma la televisione negli ultimi anni è diventata soprattutto ricerca del meme, frammenti di Tv che sui social diventano altro. E tu sei protagonista di alcuni meme diventati significativi.

Inconsapevolmente però, non so di che parli. Io vivo nell'era analogica, ma non voglio apparire una persona vetusta, ovviamente con i miei collaboratori ho report quotidiani su ciò che si muove in rete, ma non avendo alcun tipo di curiosità e non essendo la mia tazza di tè, me ne tengo lontano.

Cosa, esattamente, ti distanzia da quel mondo?

Non ho alcun interesse per la brevità. Ovviamente ognuno è figlio del suo tempo, se questa è la passione di un ragazzo di 20 anni lo capisco, sono gli strumenti e mezzi attraverso cui molte persone hanno fatto conoscere il proprio talento, producendo una forma di artigianato digitale che prima non esisteva. A me, semplicemente, quel tipo di attenzione manca. Credo la radio e la televisione siano ancora i mezzi più potenti, contemporanei, imprevedibili, che si nutrono di una competenza specifica che inevitabilmente sulla rete non c'è.

Qualcuno diceva che parlano tutti e alla fine è come se non parlasse nessuno. 

Esiste un libero accesso in cui ognuno crede di poter diventare iconografico senza chiedersi se abbia un talento specifico. La televisione e la radio senza talento non si possono fare. Oppure si possono fare, ma l'attenzione mediatica è limitata, si tratta di meteore.

Non temi che questa forma di distacco possa essere un limite rispetto al racconto delle cose che accadono intorno a te?

No perché credo che questo fenomeno imploderà e sta già implodendo, lo vediamo da alcuni influencer che inevitabilmente sono alla parabola finale. Ma la spiegazione è anche abbastanza semplice: il web è una piattaforma attraverso cui passa tutto il contrario di tutto, ciò che funziona e non, ciò che ha senso e non ce l'ha. Dà l'opportunità a tutti di potersi esprimere e dare le pagelle alla vita altrui. Soprattutto non dà la possibilità di sedimentare.

Fammi un esempio.

Se io guardo uno spettacolo teatrale, un programma in Tv di qualsiasi tipo, l'istinto che ti porta a commentare in poche righe, con una battuta magari sprezzante, non ti permette di ragionare e articolare un pensiero. Il web è diventato un contenitore di istinti. Chiaro che l'istinto fa parte dell'animo umano e può produrre anche cose poetiche e interessanti, ma nella maggior parte dei casi l'istinto è il braccio armato della pancia. Rischia di essere molto pericoloso.

Quando dici che sta implodendo è perché immagini o auspichi che il ritorno alla lentezza non sia solo un trend, ma diventi realtà?

Ma questo non lo dico io. il dibattito nelle democrazie occidentali riguarda la tenuta politica, ma c'è un'altra sfida che riguarda la tenuta psicologica degli esseri umani. Ecco io penso all'infelicità, la mancanza di realizzazione personale, le geografie affettive che sono cambiate, la tenuta della famiglia, la fluidità. L'animo umano è talmente misterioso e complesso che ha bisogno di tempo per funzionare. E se questi tempi, che sono naturali, con la scusa di migliorare la qualità della vita e velocizzare, vengono traditi da tempi non umani ma disumani, gestiti da macchine o motori di ricerca, algoritmi o società multinazionali che governano i nostri dati, è ovvio che l'essere umano rischia di non affidare più alle proprie doti e potenzialità il compito di governare se stesso e ciò che gli sta intorno.

La tua posizione sul web è chiara, ma i media tradizionali che ruoli dovrebbero avere?

Negli ultimi anni da parte dei media tradizionali, giornali, radio e Tv, c'è stata negli anni una patetica sudditanza psicologica nei confronti dell'agenda dettata dai social. Trovo assurdo che si stia a parlare di Alfredo94 che commenta una vicenda. A volte basta una mole di 10 tweet consecutivi perché i media rincorrano un tema. Io penso che i media tradizionali dovrebbero ritirare fuori la spina dorsale, dettando l'agenda.

Nel 2011 con Costanzo a "Maurizio Costanzo Talk".
Nel 2011 con Costanzo a "Maurizio Costanzo Talk".

Anche se non lo sai, i social hanno tracciato un ritratto di te, che è quello del rigore, della severità. Ti ci rivedi?

Non mi definirei rigoroso e severo. Se poi la severità è perché invito a non dire parolacce in Tv (il rimprovero a una signora nel pubblico, ndr) a me pare una cosa naturale. Un conto è la vita privata, ognuno di noi fuori dal perimetro professionale si lascia andare a vocaboli più coloriti, ma io penso che chi parla da un microfono del servizio pubblico dovrebbe perfino provare piacere a utilizzare un vocabolario sobrio ed elegante.

Non temi di risultare antipatico?

I detrattori da sempre fanno di tutto per farmi apparire un antipatico, è anche divertente leggere. Ognuno ha un suo giudizio, muove le sue critiche e i suoi apprezzamenti. Io quando ho scelto di fare questo mestiere ho messo in conto tutto, ma non ho mai derogato a una regola: non rispondo alle critiche. Penso sia legittimo si esprimano critiche anche molto feroci e penso sia il compito di chi fa questo mestiere incassarle. Anche perché parliamo di una cena referenziale tra addetti ai lavori, il pubblico televisivo è composto da una moltitudine di esseri umani ed è molto diverso da chi, forse mosso da un po' di risentimento o invidia, si cimenta nel commentare la vita degli altri sui social.

De Sica racconta che Costanzo, tuo maestro, gli disse una volta che lui aveva la faccia da stronzo e doveva fare lo stronzo. Stare in Tv significa anche essere personaggi per lasciare il segno. Tu in Tv sei diverso dal Diaco di tutti i giorni?

Assolutamente no, nel senso che io sono molto naturale. Certo, c'è stato un periodo della mia vita professionale in cui, essendo giovanissimo, con un'attenzione mediatica e delle grosse aspettative su di me, avevo presunzione e anche una mancanza di consapevolezza che mi portava a recitare la parte del giovane di mestiere. Ho alimentato questa narrazione anche perché funzionale al mio mestiere. Chiaro che oggi, a 47 anni, essendo autore di me stesso e avendo una squadra con cui preparo in toto i miei programmi, e avendo avuto anche un'evoluzione personale, sentimentale, mi sono strutturato a tal punto da scoprire che la naturalezza, l'essere ciò che sei è quello che viene apprezzato dal pubblico e ti fa lavorare con maggiore serenità.

In un'intervista, parlando del tuo processo evolutivo, della terapia e della depressione di cui avevi sofferto, hai capito quanto la persona è più rilevante del personaggio.

Questo è il mestiere che io volevo fare da piccolo, ma quando ho iniziato non ero strutturato per poterlo fare con la professionalità che veniva richiesta. I percorsi personali ovviamente influiscono su quelli personali e facendo una Tv di stampo umanista, tutto ciò incide su ciò che fai, ciò che pensi, gli argomenti che tratti. Io tento di fare una Tv che abbia un sapore di pace, mi piace creare ponti, non mi piace lavorare sul conflitto.

L'intervista sembra essere tornata di moda, non si fanno che programmi di interviste.

Sai, io credo che non finirà mai perché è nell'indole dell'essere umano nutrire curiosità nei confronti delle storie altrui. Esiste nelle dinamiche della seduzione in amore, dell'amicizia, quando ci si conosce e si tenta di capire se ci sia un comune denominatore, succede con gli sconosciuti in treno e, inevitabilmente, con i personaggi popolari verso cui le persone hanno curiosità. Poi secondo me dipende da come si fanno le interviste, io tendo ad essere accogliente, mi piacciono le interviste in cui l'ospite viene ascoltato e non c'è una tesi precostituita che sta alla base della conversazione.

A Uno Mattina Estate nel 2010 con Giorgia Luzi
A Uno Mattina Estate nel 2010 con Giorgia Luzi

La sensazione che la Tv non abbia più la centralità di una volta c'è.

Non sono d'accordo, i dati dicono il contrario. La Tv è un mezzo sacrale che certifica una notizia, dà peso a qualcosa che è accaduto davvero. Mentre la fruizione web è veloce e frenetica, tale da non rimanere. C'è un perimetro in cui le persone insieme guardano qualcosa e quel qualcosa è la Tv, o la radio. Il rapporto con questi mezzi è ancora magico, anche se si è da soli, danno una sensazione comunitaria che nessun altro mezzo dà.

Ti approcci a una prima serata. La Tv del pomeriggio è solo uno step per arrivare ad altro?

Assolutamente no, io adoro la Tv del pomeriggio, mi diverto moltissimo a farla, mi piace il pubblico che la guarda. Ne ho fatta molta di Tv del pomeriggio, sono molto allenato a farla ed è la mia comfort zone. Parli a un pubblico trasversale, per lo più femminile che ripaga il mio sentirmi un po' massaia.

In BellaRai2 grande spazio alla storia e agli archivi.

Mi piace una Tv accogliente in cui i ricordi, la memoria, i tutti nel passato, le nostalgie e le malinconie possano avere casa. La Rai può vantare una cosa inestimabile come le sue teche. Stiamo parlando di una quantità di documenti sconfinata che appartiene alla più grande industria culturale del paese, si potrebbe fare un canale solo con le teche e per chi lavora in Rai è un privilegio poterle consultare. Anche quando ho lavorato all'omaggio a Costanzo, cosa che per me aveva un significato particolare, rivedere quello che Maurizio ha fatto dà la misura che molte cose siano state già dette e fatte da altri e che il nostro compito sia quello di non farle dimenticare.

Si può ancora inventare Tv?

È molto difficile, perché la maggior parte delle cose è stata già fatta in tempi più umani di questi. La Tv era più lenta e comprensibile, in grado di parlare a tutti, coniugando l'alto e il basso. Questo strumento funziona se riesce ad essere un mix delle due cose e parlare senza supponenza a tutti.

Però il timore per un mancato rinnovo della platea esiste.

Ma il rinnovo della platea in questi anni è avvenuto, la Rai ha acquisito pubblico giovane e lo dicono i dati dello straordinario lavoro su Sanremo fatto da Conti, Baglioni e Amadeus. Bellama' nasce dall'idea del confronto tra boomer e generazione Z, ma questa cosa è già tra noi, quando vedi un pezzo in cui Orietta Berti duetta con Rovazzi o Fedez, questo significa che anche per i più giovani appellarsi a vecchie glorie significa mettere insieme nonne e nipoti, genitori e figli.

Come vedi il ritorno di Carlo Conti a Sanremo?

Sarà bravissimo, perché ha una grande valore, che è l'intuito. Inoltre ha una grandissima capacità di essere rassicurante, con il suo gruppo di lavoro e i telespettatori. Poi Carlo ha fatto la radio e questa cosa è una garanzia per Sanremo, sia per qualità musicale che tempi di conduzione. Poi sa valorizzare talenti altrui, sa fare una conduzione in sottrazione in cui valorizza sempre chi ha accanto a sé.

Rispetto alla Rai c'è un'idea molto polarizzata dell'azienda, tu che hai lavorato negli ultimi anni a cavallo ttra governi precedenti e quello attuale, hai percepito un cambiamenti di alcune dinamiche?

La Rai è un'azienda solida perché è fatta da professionisti che l'hanno attraversata in tutte le stagioni culturali del paese. Ha una grandissima capacità di resistere perché è fatta da uomini e donne che sono mossi da passione e francamente nel mio perimetro d'azione, in quello che vedo io, c'è un'azienda molto solida, fatta da persone motivate. Forse questa cosa interessa meno ai giornali, ma io in BellaRai2 proverò a dire questo, che esiste un orgoglio aziendale che prevale su tutto il resto.

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