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Paola Minaccioni: “Porto la mia comicità in America. Con la meritocrazia, l’Italia è più provinciale”

Paola Minaccioni è pronta per portare in America il suo spettacolo “Dal vivo sono molto meglio”. L’attrice ha raccontato a Fanpage.it di voler portare negli States le sue maschere preferite, da Sabrina Ferilli a Giorgia Meloni: “In Italia c’è una cultura basata sulle amicizie, i legami, le questioni private, che prescindono dalla meritocrazia, siamo un po’ provinciali”.
A cura di Ilaria Costabile
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Paola Minaccioni è pronta per volare in America dove sarà protagonista della rassegna "In Scena, Italian Theater Festival" con la data dell'8 maggio a New York e del 10 maggio a Los Angeles. Un'attrice che nella sua carriera ha attraversato vari registri, dal comico al drammatico, iniziando dalla televisione passando per il cinema, senza mai lasciare il teatro. Il palco d'oltreoceano la aspetta e come racconta a Fanpage.it l'obiettivo non è quello di imitare la comicità americana, quanto di far conoscere quella italiana, ora che l'Italia sembra godere di nuova luce negli States.

Pronta per la partenza?

Pronta, sì! Dal punto di vista tecnico dello spettacolo abbiamo fatto le prove, sistemato il testo, parlato con i tecnici a New York, visto le sale su Zoom, la valigia è ancora un disastro (ride ndr.). Sono molto gasata, sarà un bel viaggio.

Prima volta in America col tuo spettacolo teatrale "Dal vivo sono molto meglio", hai pensato di modificare qualcosa per avvicinarti al pubblico d'oltreoceano?

"Dal vivo sono molto meglio" è un flusso di coscienza, e io racconto un avvenimento realmente accaduto: una separazione di qualche anno fa e ormai ampiamente superata, da qui ho scritto un monologo che racconta di relazioni umane. Ci sono stati interi blocchi che ho cambiato negli anni, perché magari volevo raccontare un'altra cosa di me. Per esempio, un anno fa, ho iniziato a parlare della meditazione che era un pezzo che non facevo, oppure ho cominciato a parlare dei vaccini. E lo faccio usando le mie maschere preferite.

Sabrina Ferilli, Loredana Berté, Giorgia Meloni. 

Esatto. Sono come delle voci interiori, perché le imito senza maschere, sono tre parti dell’essenza dell'essere donna. La Berté è la donna trasgressiva, libera, anticonformista, la Ferilli è l’immagine della femminilità classica, della donna sexy, la Meloni è la madre patria, donna chioccia, la crocerossina che si immola per la famiglia.

Portare la propria comicità in un contesto diverso dall'Italia è una sfida. Cosa ti aspetti da questo debutto?

Parto senza aspettarmi niente, sono molto contenta di portare in America, che è la patria della stand up, una comicità italiana, che preveda anche delle maschere italiche, come la Donna Fugata, la telefonista rumena, la mia nonna. Spero che questo show, che è più vicino al nostro immaginario, alla nostra commedia dell’arte, sia il sale dello spettacolo. Non voglio andare lì ad emulare gli americani, voglio andare lì a fare quello che facciamo noi.

Sabrina Impacciatore è stata consacrata dal pubblico americano dopo la partecipazione in The White Lotus, un riconoscimento che in Italia sembrava non appartenerle. Credi che gli americani riconoscano un talento che noi diamo per scontato?

Mah…non saprei, purtroppo la nostra vita è basata sull'essere nel posto giusto al momento giusto. L'esempio di Sabrina è calzante. Sono anni che lavora e mostra il suo talento, però quella serie, quel personaggio, essere lì, in una seconda stagione che ha avuto molto più successo della prima, è stato importante. Non conosco il mercato americano, credo sia spietato e schiacciante tanto quello italiano, ma in America forse la meritocrazia ha qualche vantaggio in più.

Ovvero?

Noi, di default, siamo legati ad una cultura basata sulle amicizie, i legami, le questioni private prescindono dalla meritocrazia, siamo un po' provinciali a livello mediatico.

Qui rientra anche il discorso della netta separazione dei generi. Chi nasce come attore comico, sembra non poter fare altro, è un pregiudizio che hai percepito nella tua carriera?

Sìsì, l’ho percepito. Un attore comico magari non viene ammesso ai provini, ai colloqui. Personalmente non ho pregiudizi nei confronti dei comici, vero è che non tutti sono attori, alcuni lavorano in televisione, altri sono cabarettisti. Da questo punto di vista è vero che l'intellighenzia non ci premia, però bisogneremmo sforzarci a fare delle commedie diverse.

Paola Minaccioni, però, rappresenta un'eccezione. Ad esempio: Magnifica Presenza, Allacciate le cinture, Mine Vanganti, Le Fate Ignoranti, possiamo dire che sei una creatura di Ozpetek?

Ho potuto portare al cinema dei personaggi articolati, mi sono divertita moltissimo, è stato lui forse il primo a darmi questa possibilità, poi per fortuna ce ne sono stati anche altri, però sono molto legata a Ferzan.

Paola Minaccioni nella serie "Le Fate Ignoranti" su Disney Plus
Paola Minaccioni nella serie "Le Fate Ignoranti" su Disney Plus

Hai dichiarato che la tua vena tragicomica è un qualcosa che hai ereditato dalla tua famiglia. Attingi ancora dal tuo bagaglio familiare quando devi andare in scena?

È una cosa che faccio in modo inconsapevole. Credo sia così per tutti, attingere dal proprio immaginario, la propria educazione, anche il livello di follia, autoironia, sono cose che noi ereditiamo dalla nostra famiglia, che assorbiamo. A volte cerchi di emanciparti, ma ce l’hai sempre dentro.

Prima parlavamo di maschere e delle tue imitazioni. Come nasce l'esigenza di imitare un personaggio e come scegli i vari soggetti?

Ci sono vari sistemi, a volte sono casuali. La Ferilli ho cominciato ad imitarla guardando una serie che stava facendo, mi ricordava un po’ la Magnani. La Meloni mi è stata assegnata in un programma televisivo che andava in onda su Sky, lei era ancora Ministro della Gioventù e ho cominciato a lavorare sul linguaggio, è stato più uno studio. Poi non sono un’imitatrice, sono una che fa parodie, a volte prendo anche l’essenza delle persone.

E ora che la Meloni è diventata Presidente del Consiglio hai cambiato qualcosa della sua parodia?

No, perché penso che la mia imitazione della Meloni sia sempre stata rispettosa. Credo che la comicità debba allargare il pensiero delle persone, fare un personaggio troppo schierato è come parlare sempre alle persone che già la pensano come te, invece se riesci a fare una parodia divertente, super partes, colpisci e fai ridere tutti.

A proposito di comicità, in Italia è ancora possibile fare satira oppure vige davvero la legge del "non si può dire più niente"?

Credo che la trasformazione del linguaggio e questa riflessione sia importante e necessaria. La comicità basata solo sull’offesa non porta da nessuna parte, nel linguaggio quotidiano, invece, credo che ci si possa fermare un secondo prima di pronunciare una parola che possa essere offensiva per qualcuno.

Sei stata protagonista de L'attesa, uno spettacolo teatrale con Anna Foglietta, in cui si indaga anche il tema della libertà della donna. Quanto ti senti libera?

Sono sicuramente una persona libera, autonoma, l’indipendenza economica per le donne è fondamentale. Poi nel tempo, anche con sofferenza, ho imparato a scegliere, a non adattarmi facendo un passo in avanti, a volte due indietro.

Gli inizi del tuo percorso sono stati in televisione. Partiamo dalla Gialappa's che periodo è stato?

Sono cresciuta con i programmi della Gialappa’s e con quelli satirici del gruppo della Dandini, e aver avuto la possibilità di poter lavorare con entrambi è stato entusiasmante, ricordo il divertimento, Amy Winehouse, il Mago Forrest. Fanno comicità ironica, dissacrante, ma con grande gusto, sono prima di tutto tre persone molto intelligenti. Mi diverte sempre pensare ai nostri sketch delle due pornostar, io e Federica Cifola, un giorno hanno ricevuto il nostro dvd perché ci siamo autocandidate e da lì, in dieci minuti, sono state prodotte dieci puntate.

Paola Minaccioni e Mago Forrest
Paola Minaccioni e Mago Forrest

Una volta approdata in tv, è stato tutto in discesa?

Col senno di poi, so che sarei stata pronta anche per iniziare col cinema, ma dovevo mantenermi in qualche modo. Ricordo il giorno in cui decisi di prendere il treno da sola per andare a fare un concorso per cabaret, io che non avevo nemmeno mai fatto cabaret, andai a fare il concorso di Massimo Troisi, ero l’unica femmina. Sul treno prima di partire pensai “ma dove sto andando?” e poi sono arrivata in finale. Vinse Maurizio Battista che già era un cabarettista potente, io arrivai seconda, non avendo nemmeno repertorio, sono andata in finale con un pezzo mai fatto dal vivo, una cosa assurda per un comico.

In tanti anni tra film, teatro e televisione hai avuto partner dalla comicità straordinaria: Gigi Proietti, Enrico Brignano, Christian De Sica, Lillo e Greg, Vincenzo Salemme, Corrado Guzzanti, c'è un aneddoto che ti piace ricordare con qualcuno di loro?

Di Gigi Proietti ricordo la sua simpatia, il suo incredibile fascino. Facevo il suo capo nella serie "Una pallottola nel cuore" e ricordo quando per la prima vita ci trovammo a recitare insieme, quanto fosse complicato per me, non ridere, non dirgli quanto fosse fantastico. Raccontava barzellette tra un ciak e l'altro, era professionale e molto gentile.

Paola Minaccioni, Gigi Proietti e Francesca Einaudi in Una pallottola nel cuore
Paola Minaccioni, Gigi Proietti e Francesca Einaudi in Una pallottola nel cuore

Nel 2020 il tuo cortometraggio "Offro io" è stato premiato come migliore della categoria, possiamo aspettarci un film di cui sarai regista?

Sì, mi è saltato in mente, è un progetto di cui non parlo ancora, però esiste.

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