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Giorgia Soleri sull’aborto: “La legge ha lacune enormi, ti pongono domande violente e invadenti”

Giorgia Soleri ripercorre uno dei momenti più difficili della sua vita, quando si è trovata a dover abortire. L’approccio con l’aborto non è stato accogliente come avrebbe dovuto essere e, anzi, non sono poche le falle del sistema statale.
A cura di Ilaria Costabile
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Giorgia Soleri si racconta in un'intervista al Corriere della Sera, durante la quale attraverso il suo libro, "La signorina Nessuno", ripercorre alcuni momenti particolarmente difficili della sua vita. Non solo la vulvodinia e l'endometriosi, patologie di cui soffre e che le hanno dato modo di rivolgersi a tutte quelle donne il cui dolore non è stato riconosciuto e che, invece, meritano di avere uno spazio di confronto e di ascolto. Tra i momenti più difficili della sua vita, però, c'è stato il momento in cui ha dovuto abortire, un'esperienza che non si aspettava di dover affrontare con così tante difficoltà.

Lo scontro con la ginecologa

Un racconto non semplice, che porta a galla momenti difficili vissuti quando aveva poco più di vent'anni: "Ero giovanissima, avevo problemi di salute mentale ed economici, non avevo un lavoro con entrate certe. Il momento in cui mi sono interfacciata col mondo sanitario è stato un’esperienza che mi è stata fatta vivere in modo estremamente negativo. La 194 ha lacune enormi che dovrebbero essere prese in considerazione. Invece rimane una legge fuori dal periodo storico in cui viviamo". L'incontro con la dottoressa non è stato conciliante, anzi, è stato umiliante, svilente per una ragazza che ha preso una scelta difficile, ma consapevole: "Sono andata in consultorio e sono stata aggredita dalla ginecologa, che mi sgridò dicendo che noi giovani facciamo sesso senza precauzioni e usiamo l’aborto come contraccettivo, senza sapere nulla della mia storia". 

Le colpe dello Stato

Le modalità con cui avviene la pratica non sono per niente accoglienti, risultano invece ostiche e sono imposte dallo Stato che, invece, dovrebbe tutelare le donne in un momento così delicato e che porta con sé un'accettazione e un cammino da dover intraprendere. Giorgia Soleri, quindi, con una estrema chiarezza racconta quali sono, a suo avviso, i dettagli che andrebbero modificati affinché le donne si sentano meno giudicate:

Un’assistente sociale indaga sulla tua famiglia per capire se ci siano traumi che ti hanno portato ad abortire con domande violente e invadenti a cui non vorresti rispondere poiché, qualsiasi sia il motivo della scelta, l’aborto è un diritto. Per sette giorni devi soprassedere, non puoi abortire: è come se lo Stato dicesse “ti permetto di fare questa cosa brutta, tu vai in castigo sette giorni, pensaci, se hai ancora il coraggio di farlo, va bene”. Ci sono donne che abortiscono senza senso di colpa, è ingiusto obbligarle a vivere questa esperienza in modo traumatico quando è possibile accompagnarle. Piuttosto di un colloquio con l’assistente sociale, proporrei delle sedute di psicoterapia.

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