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Salone del libro: tutti gli autori che hanno rinunciato per CasaPound

Il Salone Internazionale del libro di Torino diventa un vero e proprio caso politico. Dopo la notizia della presenza tra gli stand di Altaforte, una casa editrice vicina a Casapound, diversi scrittori e case editrici hanno annunciato che non parteciperanno più, da Wu Ming e Carlo Ginzburg a ZeroCalcare e i partigiani dell’Anpi. Non ultimi anche People, Tommaso Montanari, Salvatore Settis e il Museo di Auschwitz.
A cura di Titti Pentangelo
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Dopo le dimissioni del collaboratore di Nicola Lagioia, Christian Raimo, che aveva criticato la presenza al Salone del libro di Torino (in programma al Lingotto Fiere dal 9 al 13 maggio) di Altaforte, una casa editrice vicina a Casapound, continuano le polemiche che hanno ormai trasformato la kermesse letteraria in un vero e proprio caso politico. I primi a disertare sono stati il collettivo Wu Ming e  lo storico e saggista Carlo Ginzburg, seguiti a ruota dal fumettista Michele Rech, meglio noto con il suo nome d'arte ZeroCalcare. E non è finita qui. Nonostante le rassicurazioni del direttore Nicola Lagioia anche la presidente nazionale dell'Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), Carla Nespolo, ha annullato la sua partecipazione per "l'intollerabile presenza al Salone della casa editrice Altaforte che pubblica volumi elogiativi del fascismo oltreché la rivista Primato nazionale, vicina a CasaPound e denigratrice della Resistenza e dell'Anpi stessa". E People, la casa editrice nata da un'idea di un'idea di Giuseppe Civati, Stefano Catone e Francesco Foti, ha deciso di lasciare vuoto lo stand per tutta la durata della fiera e di organizzare degli eventi al di fuori del Salone come gesto di protesta. Non ultimi anche Halina Birembaun, sopravvissuta al lager, gli storici dell'arte Tommaso Montanari e Salvatore Settis.

La protesta degli autori: no vicini a Casapound

Anche i partigiani disertano per protesta, e c'era da aspettarselo. La presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani, Carla Nespolo, avrebbe dovuto presentare al Lingotto, venerdì 10 alle 10;30, il volume di Tina Anselmi, coraggiosa e giovanissima staffetta partigiana, “La Gabriella in bicicletta”, edizione Manni, ma ha annullato l’incontro. "Mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale", ha detto ZeroCalcare che era atteso in tre incontri diversi. Carlo Ginzburg, figlio di Leone e Natalia Ginzburg, era atteso sabato 11 al Lingotto per parlare del libro "Nondimanco. Macchiavelli, Pascal" edito Adelphi, ma ha annullato la sua partecipazione. "La mia – ha sottolineato – è una scelta politica, che non ha nulla a che fare con la sfera della legalità". Un chiaro riferimento al comitato di indirizzo del Salone, che aveva dato il via libera allo stand di Altaforte spiegando che chiunque non sia stato condannato per apologia di fascismo ha diritto di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi dei libri. E ha parlato di legalità anche il collettivo Wu Ming che era atteso domenica con la presentazione degli scritti su Tolkien, “Il Fabbro di Oxford”: "ci si nasconde dietro il “legale” per non assumersi una responsabilità politica e morale. Per rigettare il fascismo non serve un timbro della questura".

Anche People si è dissociata:"saremo comunque a Torino, ma con uno stand vuoto".  Come si legge sul comunicato: "Condividiamo le critiche avanzate in questi giorni all’organizzazione del Salone del Libro di Torino, per lo spazio concesso a case editrici e gruppi afferenti al neofascismo. Di fronte alla crescente ondata di violenza, di razzismo e di xenofobia che attraversano non solo il nostro paese, ma l’intero continente, non possiamo essere indifferenti. Come People, abbiamo quindi deciso di dimostrare fisicamente la nostra dissociazione da chi pensa sia normale dare visibilità e dignità di dibattito al neofascismo. Per questo, il nostro stand al Lingotto sarà lasciato vuoto per tutta la durata della manifestazione, e saremo rappresentati solo dalla scritta “Stand against fascism” che intendiamo affiggervi. Non intendiamo, tuttavia, ritirarci silenziosamente dalla lotta contro la marea nera che sta dilagando. Al contrario, saremo comunque presenti in città, e annunceremo presto gli eventi che terremo al di fuori del Salone, come gesto di protesta."

Volete Auschwitz o la casa editrice, vicina a CasaPound, Altaforte? Questa la domanda della lettera inviata al Comune di Torino firmata da Halina Birembaun, sopravvissuta al lager, dal direttore del Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, Piotr M. A. Cywiński, e dal presidente e dall'ideatore del "Treno della memoria", Paolo Paticchio e Michele Curto.

"Non si può chiedere ai sopravvissuti di condividere lo spazio con chi mette in discussione i fatti storici che hanno portato all’Olocausto, con chi ripropone una idea fascista della società [..] Non si tratta, come ha semplificato qualcuno, del rispetto di un contratto con una casa editrice, bensì del valore più alto delle istituzioni democratiche, della loro vigilanza, dei loro anticorpi, della costituzione italiana, che supera qualunque contratto”.

Settis e Montanari, che giovedì 9 maggio avrebbero dovuto presentare al Salone del Libro il loro manuale di storia dell’arte per le scuole, hanno deciso di ritirare la loro partecipazione perché "una manifestazione promossa dal ministero per i Beni Culturali della Repubblica italiana non può includere propaganda nazifascista”. Anche la giornalista Francesca Mannocchi, autrice del libro-inchiesta "Io, Khaled, vendo uomini e sono innocente", ossia una cronaca della detenzione degli immigrati nei lager in Libia raccontata dalla prospettiva di un trafficante di esseri umani, ha annunciato su Facebook: "Ho osservato tutto da qui, dalla Libia [..] Non sarò al Salone di Torino a parlare del mio libro e di migrazioni, dell'oblio dei morti nel Mediterraneo e delle politiche che l'hanno generata. Ho deciso di annullare la mia presenza il prossimo dodici maggio. Sarebbe stato troppo il disagio, personale e politico."

Alla fine, il Salone che voleva tenere alla larga la politica, per evitare di trovarsi nel mezzo della bagarre elettorale, rischia di rivelarsi il più "politico" di tutti.

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