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Operaio morto alla Farnesina: “Suoi attrezzi sul pianerottolo, assurdo nessuno se ne sia accorto”

Luigi, il padre di Fabio Palotti, chiede che sia fatta giustizia per la morte del figlio. “Se ha sbagliato lui ci ha rimesso con la vita, se è stato qualcun altro deve pagare”.
A cura di Natascia Grbic
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"Vogliamo la verità. Se ha sbagliato lui ci ha rimesso con la vita, se è stato qualcun altro deve pagare". A parlare è Luigi Palotti, il padre di Fabio, l'operaio di 39 anni morto lo scorso 27 aprile schiacciato da un ascensore al ministero degli Esteri. La famiglia è determinata a scoprire cos'è accaduto: ciò che i suoi cari vogliono è una risposta ai tanti interrogativi che da giorni aleggiano senza risposta intorno a questo caso. Perché il telefono di Fabio non è stato trovato subito? Perché nessuno lo ha cercato nonostante il suo documento fosse rimasto all'ingresso della Farnesina? Come mai l'ascensore si è mosso perché Fabio stava lavorando? "Faceva questo lavoro da dodici anni e lo sapeva fare bene – continua il padre – La mattina del 28 mi ha mandato un messaggio la moglie, dicendo che non aveva contatti con lui dalle 18.30 e mi ha chiesto se lo avessi sentito. Ho risposto di no, e ho pensato che non fosse semplicemente tornato a casa. Non ho avuto nemmeno il tempo di sperare perché mi ha chiamato la mia ex moglie per dirmi che Fabio era morto".

Sul caso è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo, al momento contro ignoti. "C'è molto da lavorare – aggiunge Michele Montesoro, il legale della famiglia Palotti – Inizialmente è stato indicato come un semplice incidente sul lavoro, ma è possibile che in un ministero importante come quello degli Esteri una persona rimanga al suo interno viva o morta per una notte intera? E se ci fosse stato un malintenzionato, un terrorista?". Da capire anche perché il tasto della manutenzione non abbia svolto la sua funzione di blocco dell'ascensore. "Quando ha effettuato il controllo deve aver azionato preventivamente i sistemi di sicurezza – continua il legale – come mai si sono disattivati improvvisamente, tanto da far precipitare l'ascensore? O non era attivo o è stato disattivato o c'è stato un guasto a monte, ma in questo caso Fabio se ne sarebbe accorto".

C'è poi la questione del telefono personale di Fabio, trovato giorni dopo la sua morte sul tetto dell'ascensore. Con il cellulare aveva comunicato con gli amici fino a poco prima della sua morte, ma quando è stato rinvenuto il corpo è stato recuperato solo il telefono aziendale. "Qualche esperto dovrà chiarire perché il cellulare era sul tetto dell'ascensore", dichiara Montesoro. Nell'ora in cui è stato stimato l'incidente, una dipendente del ministero ha riferito di aver sentito delle grida di aiuto. Sono intervenuti i carabinieri, che però non hanno trovato nessuno. "Quando il collega di lavoro è arrivato il giorno dopo ha visto sul pianerottolo gli strumenti di Fabio e si è allarmato. Se li ha visti lui perché non lo ha fatto la sorveglianza, che avrebbe dovuto controllare piano per piano?

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