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La grave minaccia: “Pagatemi oppure metto un veleno mortale in cibo e acqua nei supermercati”

Dopo una lunga indagine, la polizia postale del Lazio insieme alla sezione del Friuli-Venezia Giulia ha individuato e arrestato il presunto autore delle estorsioni.
A cura di Enrico Tata
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"Pagatemi oppure avveleno i prodotti e l'acqua minerale del supermercato". Oltre duecento tentativi di estorsione ai danni di aziende italiane ed estere. La minaccia, sempre la stessa. Dopo una lunga indagine, la polizia postale del Lazio insieme alla sezione del Friuli-Venezia Giulia ha individuato e arrestato il presunto autore delle estorsioni. Quest'ultimo, stando a quanto si apprende, è stato raggiunto dal provvedimento di perquisizione personale e domiciliare mentre si trovava in affidamento in prova ai servizi sociali, una misura alternativa che gli era stata concessa in seguito a una precedente condanna sempre per reati di estorsione e frode informatica.

All'interno dei suoi dispositivi (la perquisizione è durata oltre 16 ore) sono stati trovati numerosi indizi a conferma delle ipotesi degli investigatori. Tra l'altro nel suo appartamento c'erano una tovaglia, un forno e una bilancia identici a quelli comparsi in uno dei video che l'indagato inviava alle aziende con le sue minacce. In questi filmati, in pratica, spiegava le modalità con cui avrebbe avvelenato barattoli e bottiglie d'acqua. La sostanza scelta era il solfato di tallio, un veleno (perfettamente idrosolubile) utilizzato contro topi, formiche e scarafaggi. L'avvelenamento acuto provoca dolori, vomito, diarrea emorragica, stomatite, dispnea, paralisi e anche morte in 3-5 giorni.

Ancora, l'analisi dei dispositivi ha consentito di ritrovare gli account utilizzati dall'uomo per minacciare le aziende. Facendo riferimento a quei nomi, stando a quanto spiegano le forze dell'ordine, sono stati denunciati circa 200 casi analoghi, quindi presumibilmente messi in atto tutti dalla stessa persona. Queste prove hanno consentito al giudice di sorveglianza di Trieste di revocare il permesso ai servizi sociali e poi al gip di Roma di disporre la detenzione cautelare in carcere.

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