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Quando Di Maio e M5S criticavano i governi che chiedevano la fiducia per zittire i dissidenti

Il ricorso alla fiducia per approvare i decreti governativi è sempre stato osteggiato dal Movimento 5 Stelle tanto che nella scorsa legislatura, in più di un’occasione, i pentastellati hanno criticato l’approccio dei governi Letta, Renzi e Gentiloni proprio per questo motivo. Sorge spontanea una domanda: che differenza c’é tra il Movimento 5 Stelle governativo che accetta di porre la questione di fiducia sul decreto sicurezza per far contento l’alleato Matteo Salvini e tacitare i dissidenti interni alla maggioranza e le vecchie questioni di fiducia dei governi Letta, Renzi e Gentiloni poste per gli stessi identici motivi?
A cura di Charlotte Matteini
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"Come si cambia per non morire", cantava Fiorella Mannoia qualche anno fa. A distanza di anni, la citazione della celebre canzone della cantautrice romana appare assolutamente calzante per descrivere l'incoerenza del Movimento 5 Stelle in veste governativa, un Movimento che nel giro di pochi mesi ha sostanzialmente abdicato alla maggior parte dei propri principi fondativi. Proprio in queste ore, il Senato ha approvato, facendo ricorso alla fiducia, il decreto sicurezza voluto dal ministro dell'Interno e alleato dei 5 Stelle Matteo Salvini. La questione di fiducia è stata annunciata nel pomeriggio di ieri dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro e sostanzialmente l'esecutivo vi ha fatto ricorso per arginare e neutralizzare la fronda dei dissidenti pentastellati – i senatori Nugnes, De Falco, Mantero, Fattori – che nelle giornate precedenti avevano annunciato che avrebbero votato contro il provvedimento, una decisione che avrebbe messo a rischio il passaggio parlamentare a Palazzo Madama, visti i numeri esigui.

Il ricorso alla fiducia per approvare i decreti governativi è sempre stato osteggiato dal Movimento 5 Stelle tanto che nella scorsa legislatura, Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Paola Taverna e molti altri parlamentari pentastellati hanno più volte criticato l'approccio dei governi Letta, Renzi e Gentiloni proprio per questo motivo, sostenendo che il ricorso alla questione di fiducia su provvedimenti controversi fosse svilente per la democrazia perché  stabiliva una centralità del governo sul Parlamento – contrariamente a quanto disposto dalla Costituzione – andando di fatto ad esautorare l'istituzione delle sue prerogative.

Di Maio sembra aver cambiato idea recentemente, perché fino a prima dell'estate, coerentemente con la propria posizione, si rifiutò di porre la questione di fiducia sul decreto dignità: "Abbiamo mantenuto la promessa alla Camera e non è stata posta la fiducia sul decreto Dignità. Anche al Senato non va posta la fiducia e bisogna votare il decreto senza atti di forza". E poi, ancora: "Come parlamentare lo chiedevo sempre. Ora mi sono fatto tre giorni in aula, l'opposizione ha avuto modo di discutere. Anche al Senato non dobbiamo mettere la fiducia e votare il decreto senza atti di forza”.

Con il decreto sicurezza, però, deve essere cambiato qualcosa. Anticipo la contestazione che molti militanti, simpatizzanti e lettori faranno: "Ma non governano da soli, si deve giungere a un compromesso". Ebbene, nemmeno Renzi, Letta e Gentiloni governarono da soli – in maggioranza c'era il Nuovo Centro Destra, per dirne una – e, per fare un esempio, dovettero ricorrere alla fiducia per non far cadere l'esecutivo (e neutralizzare i dissidenti) molte volte, ad esempio per far approvare le unioni civili o il Jobs Act.

Tornando però al punto centrale della questione: che cosa pensavano Di Maio, Di Battista, Catalfo e altri sulla questione del ricorso alla fiducia da parte dei governi precedenti? Ecco una carrellata di posizione espresse nel corso del tempo:

"Signori, siamo in piena emergenza democratica. Nelle aule parlamentari si sta consumando l'ennesima aberrazione istituzionale: il Pd ha appena dato il suo ok alla fiducia sulla legge elettorale quindi il Parlamento non potrà discuterla. Quello che hanno deciso due o tre capi di partito diventerà legge senza che nessuno possa dire la sua. È un momento critico. Alle 12:00 riuniremo il gruppo parlamentare e decideremo la nostra reazione, che sarà durissima. È un colpo mortale alla democrazia, una violazione delle regole democratiche", scriveva Di Maio il 10 ottobre 2017.

"Da quando Governa, il Partito sedicente "democratico", non fa altro che tenere il Parlamento fuori dalla formazione delle Leggi attraverso l'apposizione del voto di fiducia. Renzi aveva detto, appena insediato a palazzo Chigi: ‘con me mai più voti di fiducia'. Oggi il ministro Boschi dopo aver apposto voti di fiducia su tutti i decreti utili, dichiara: "Troppe fiducie e decreti? Colpa del bicameralismo".Cara Ministro, il bicameralismo non c'entra niente è un falso problema. La colpa è delle continue porcate che mettete nei decreti, come nell'ultimo: date soldi all'Expo togliendoli a polizia e vigili del fuoco. Vergognatevi!", era la posizione espressa il 17 maggio 2014.

"Vi ricordate quando vi raccontavo che il nostro ostruzionismo o la minaccia di fare ostruzionismo fa uscire il PD fuori di testa? Guardate questa foto. Ci siamo iscritti tutti in discussione generale sul vergognoso e incostituzionale decreto-legge Emergenza abitativa-EXPO 2015. Abbiamo i numeri e la forza (ieri sul caso Genovese ne abbiamo data una dimostrazione) per farlo decadere o per fare miglioramenti. Il governo sta pensando di mettere la fiducia per azzittire l'opposizione. Ancora una fiducia! Renzi che non ha una maggioranza utilizza solo lo strumento della fiducia per blindare le sue porcate", scriveva invece Alessandro Di Battista il 16 maggio 2014.

E poi, ancora: "La delega lavoro, il famigerato Jobs Act, passa al Senato con il voto di fiducia. Ecco il capolavoro di Renzi: mette la fiducia (quindi niente discussione nel merito) su una legge delega in bianco che lo legittima a scrivere in futuro una riforma del lavoro a suo piacimento! Visto che il premier continua a ripetere che quelle in Senato sono state solo ‘sceneggiate’, vi raccontiamo come sono andate realmente le cose. Nel corso della discussione in Commissione, Il Movimento 5 Stelle si è posto in modo propositivo, pronto a partecipare alla costruzione di una reale riforma del lavoro per il Paese, trovando però una chiusura significativa da parte della maggioranza e del Governo, che ha prodotto come esito finale un testo povero di contenuti che in sostanza dà a Renzi carta bianca nella regolamentazione di una materia così delicata come il lavoro, che provocherà un grave danno ai lavoratori, alle piccole e medie imprese, nonché all’economia e ai consumi. Il Movimento 5 Stelle, quando il testo è arrivato in Aula, ha presentato 158 emendamenti, tutti di merito, per favorire una discussione responsabile e costruttiva. E quando sono iniziate a circolare le prime voci di una possibile richiesta di fiducia, proprio per non lasciare più alibi al Governo, ha annunciato, insieme ad altre forze politiche di opposizione, la volontà di ritirare gran parte di questi, lasciando solo i più importanti, imprescindibili per attuare una vera riforma del lavoro", la posizione di Nunzia Catalfo in merito alla fiducia sul Jobs Act.

Il 6 novembre del 2014, il senatore Vincenzo Santangelo appariva parecchio allarmato, tanto da parlare di dittatura in dirittura d'arrivo: "L’Italia è una repubblica parlamentare, ma il Parlamento italiano è esautorato, non serve più a nulla. Decide solo il governo con decreti legge imposti con la “fiducia”. Ieri è stata la 25esima sul decreto SfasciaItalia. 12 volte alla Camera e 13 al Senato, con una media di 3 fiducie al mese. Nessuno è riuscito, in così poco tempo, a fare di meglio: 27 voti di fiducia con il governo Prodi (dal 2006 al 2008 una media di 1,1 fiducie al mese), 53 con il governo Berlusconi (dal 2008 al 2011 con una media di 1,2 al mese), 51 con il Governo Monti (dal 2011 al 2013 con una media di 3 al mese), 10 con il Governo Letta (2013 – 2014 con una media di 0,9 al mese). Ieri ci sono state le prove generali di dittatura".

Netta la posizione degli esponenti del Movimento 5 Stelle alla Camera sul ricorso alla fiducia per il Decreto del Fare diffusa il 23 luglio 2013:

Oggi il governo di Capitan Findus Letta, mister “Non userò la leva della fiducia per far passare i provvedimenti“, ha posto la fiducia sul decreto del Fare pur di non discutere gli 8 emendamenti presentati dal M5S

“Il governo vuole ancora mettere le mani nelle tasche dei cittadini aumentando per esempio le accise sulla benzina, noi su questo abbiamo trovato coperture alternative, ma non sono state accolte assieme ad altre coperture proposte. Funziona così: presentiamo degli emendamenti per chiedere il miglioramento del decreto, ci viene chiesto di ridurre gli emendamenti, noi presentiamo solo quelli con priorità più alta e poi questi non passano. Per il primo anno le coperture previste dal decreto si potevano trovare con la rinuncia ai rimborsi elettorali dei partiti, che invece si intascano a luglio 91 milioni di euro. L’unica cosa che interessa il governo è sapere se vogliamo togliere gli emendamenti o far votare la fiducia: dimenticano che è il Parlamento ad essere sovrano, non il governo. Non c’è la volontà politica di mettere soldi nei punti giusti: il testo di questo decreto è impresentabile. Se il governo vuole discutere siamo pronti a farlo, se non lo vuole fare è una dittatura governativa e ha già dimostrato di esserlo con i precedenti decreti.” M5S Cameraù

Scriveva il senatore Airola il 13 novembre 2014:

“Alla fine il conto è arrivato: il Consiglio di Presidenza del Senato ha deciso di punire con la sospensione dall’Aula (tra i 7 e i 10 giorni) i Senatori del Movimento 5 Stelle che hanno protestato contro lo Sfascia Italia nel giorno in cui il governo calava dall’alto l’ennesimo voto di fiducia sull’ennesimo scellerato decreto. La decisione è stata presa da un Consiglio di Presidenza monco, in cui mancava il rappresentante del Movimento 5 Stelle, Laura Bottici, rimasta nella sua città, Carrara, accanto ai cittadini alluvionati. Ed è stata presa senza che venissero ascoltati i senatori M5S interessati, come invece prevede il Regolamento. Se ci avessero ascoltato, avremmo spiegato loro le ragioni della nostra protesta. Per la 24esima volta il governo ci ha imposto un voto di fiducia su un testo blindato, un decreto omnibus che condanna il nostro Paese al cemento, all’incenerimento e alle trivelle. Abbiamo potuto leggere e discutere questo testo, emendarlo, migliorarlo? NO. Per questa quotidiana violazione della democrazia e questa umiliazione del confronto parlamentare, anche noi ci sentiamo di invocare delle sanzioni nei confronti della maggioranza. Anche i cittadini, soprattutto loro, potrebbero invocarle, chiedendo una sospensione per il presidente Grasso che da due anni impedisce a quest’Aula una normale dialettica e per il governo, che devasta il Paese e calpesta il Parlamento. Invece, in questo Paese e in queste Aule, che sempre più assomigliano a un mondo capovolto, la sospensione arriva per noi che abbiamo cercato di impedire le trivellazioni selvagge, l’acqua privata, la devastazione dell’ambiente. Noi oggi abbiamo la coscienza pulita; le mani della maggioranza e di chi ha votato lo Sfascia Italia, invece, continueranno ad essere sporche, nere come la colata di petrolio con cui vogliono soffocare questo Paese”. 

E infine, per concludere la carrellata, la posizione sul ricorso alla fiducia per l'approvazione della legge sulle unioni civili di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico e i due capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Nunzia Catalfo:

“Il Presidente del Consiglio ha deciso che su una legge che riguarda i diritti delle persone, come quella sulle unioni civili, il Parlamento non deve discutere. Dopo aver tentato di strozzare il confronto in Aula con l’'emendamento canguro, dopo aver rifiutato la nostra proposta di stare in Aula anche il weekend per approvare la legge in tempi rapidi, ora cala la carta del voto di fiducia, che esautora il Parlamento e azzera ogni confronto.
Il Pd è dilaniato al suo interno e non ha la forza nè i numeri per approvare questa legge, perciò la strategia è quella di mettere il bavaglio al dibattito, evitare di spaccarsi in Aula e poi scaricare tutte le responsabilità sul MoVimento 5 Stelle. Noi chiediamo invece che si stabilisca una data certa entro cui votare il Ddl sulle unioni civili, senza impedire il dibattito in Aula: i tempi per farlo ci sono, lo hanno confermato anche i tecnici del Senato, e ci sono al 100% anche i nostri voti. Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo. Perciò approviamo questa legge subito, ma facciamolo nel rispetto delle regole della democrazia. Se così non sarà, vi faranno credere che non si fidano del M5S, quando in realtà non si sono fidati di loro stessi”. M5S Parlamento

UPDATE: La presidenza del Senato ha dichiarato inammissibili, poiché non c’è ostruzionismo, tutti gli emendamenti ‘canguro‘ alla legge sulle unioni civili, compreso quindi l’emendamento Marcucci (PD): il famoso “super canguro” che il M5S non avrebbe votato, ma che in realtà non è mai stato messo in votazione e ora dichiarato inammissibile. #ChiedeteScusaAlM5S. No alla fiducia, votiamo in Aula!

Sorge spontanea una domanda: che differenza c'é tra il Movimento 5 Stelle governativo che accetta di porre la questione di fiducia sul decreto sicurezza per far contento l'alleato Matteo Salvini e tacitare i dissidenti interni alla maggioranza e le vecchie questioni di fiducia dei governi Letta, Renzi e Gentiloni poste per gli stessi identici motivi?

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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