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“Presidente ci salvi lei”. Dopo la tempesta, la folla si aggrappa a Napolitano

Il capo dello Stato acclamato all’entrata a Montecitorio, dopo l’ennesima debaclé del Governo:”Ci resta solo lei. Sciolga le Camere”.E il Quirinale, in silenzio, attende dal premier “atti istituzionali”.
A cura di Biagio Chiariello
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Presidente ci salvi lei gridavano gli italiani fuori montecitorio

Sono le 17.30 quando il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, fa il suo ingresso alla Camera tra le ovazioni della folla in piazza: «Bravo presidente, sei unico».E anche: «Presidente, ci salvi lei». E' forse questa l'immagine che illustra meglio di tutte quella che è stata la convulsa giornata di ieri, in cui è sembrato che tutto si sfracellasse e tanto si è sfracellato. Ad accogliere il Presidente della Repubblica in Aula non è il "padrone di casa", come dovrebbe essere da registro, ma il suo vice, Antonio Leone. Già da qui si capisce che c'è qualcosa che non va. Poi Gianfranco Fini arriva, si scusa, e spiega quanto accaduto pochi minuti fa. Il Governo è stato battuto sul rendiconto dello Stato. «Un fatto senza precedenti» nella storia del nostro Parlamento, la maggioranza è andata sotto nel testo fondamentale per il Bilancio dello Stato (in realtà era capitato nel 1988, quando il governo Goria venne battuto, per l'appunto, su un emendamento al Bilancio), non mancando di far notare come questo «ha evidenti implicazioni di carattere politico». Napolitano era a  Montecitorio per assistere alla presentazione del libro dedicato a «Gaetano Martino, 1900-1967» e la sua figura tranquilla e sicura è l'antitesi del caos che si sta diffondendo in quello stesso Palazzo.

Napolitano non è riuscito a vedere con i suoi occhi quella che è la foto-copertina della giornata. Silvio Berlusconi pallido e immobile. Preoccupato. Il premier non riesce a credere che il governo sia stato battuto, si fa dare subito i tabulati delle presenze dal Ministro Fitto. Li guarda con nervosismo: Tremonti, Bossi, Maroni, Scajola, Micciché, oltre a squadre di leghisti, «responsabili» e pidiellini ormai avversi al Cavaliere. Così Berlusconi se ne va. Nerissimo. Incontra Tremonti ma non lo degna nemmeno di uno sguardo.

Una sconfitta troppo fragorosa per passare nuovamente inosservata (la 91esima volta che il governo viene battuto). Di fatto, il Presidente del Consiglio ora dovrebbe salire al Quirinale e rassegnare le dimissioni (almeno stando a quanto accaduto 23 anni fa con Goria). Anzi no. Non c'è neppure bisogno di arrivare al Colle, visto che Napolitano è a sua volta a Montecitorio. Ma questo non avviene in serata, con Berlusconi che resta murato a palazzo Grazioli per un vertice di maggioranza. E non avverrà neppure oggi.

Ma il Quirinale potrebbe essere chiamato di nuovo in causa oggi. Alle 10 infatti si riunisce a Montecitorio la giunta per il Regolamento, nella quale bisognerà decidere se e come andare avanti (è probabile la richiesta di una nuova fiducia). In base a quel che succederà, capiremo se Berlusconi deciderà di consultarsi con Napolitano. Il Colle è dunque in attesa, «dovendo il presidente della Repubblica astenersi da ogni intervento fino a che in Parlamento c'è una questione aperta».

Ma la folla ieri gridava a gran voce a Napolitano: «Ci salvi lei. Sciolga le Camere». Ma non è così che dovrebbe essere: il Presidente della Repubblica «rappresenta l'unità nazionale» della patria, ma non può diventarne il salvatore.

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