Unioni civili celebrate in uno sgabuzzino: Comune condannato per discriminazione

Il comune di Stezzano, in provincia di Bergamo, è stato condannato dal Tar della Lombardia per discriminazione. La vicenda ha origine il 27 settembre scorso, quando il sindaco in quota Lega Nord, Elena Poma, decise di impedire lo svolgimento delle unioni civili nella consueta sala dedicata ai matrimoni, predisponendo una zona ad hoc, nell'ufficio servizi demografici, stanza descritta da alcuni articoli di giornale come "piccola e mal arredata". Circa una settimana dopo l'approvazione della delibera, una coppia di conviventi residenti nel Comune si presentò all'ufficio competente per richiedere la predisposizione della documentazione necessaria a celebrare l'unione civile in Comune e in quel momento venne informata del fatto che per disposizioni della Giunta, l'unione non sarebbe stata celebrata nelle apposite sale previste per il matrimonio civile ma, appunto, nella stanza dell'ufficio servizi demografici. Leggendo le delibere relative ai matrimoni civili, inoltre, i due conviventi notarono che era inoltre prevista la possibilità di celebrare le nozze in due dimore storiche di proprietà del Comune, ma anche in questo caso le unioni civili erano escluse.
Così, partendo sostanzialmente da questi due elementi, la coppia di conviventi ha deciso di intentare un ricorso al Tar contro il Comune di Stezzano, sostenendo che questo tipo di differenziazione fosse discriminatoria nei confronti delle coppie omosessuali che richiedono la celebrazione della propria unione civile. Con una sentenza pronunciata il 29 dicembre scorso, il Tar della Lombardia ha dato ragione ai ricorrenti e condannato il Comune di Stezzano. "Il legislatore non avrebbe inteso estendere il matrimonio civile alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ma avrebbe scelto di riservare a esse un nuovo istituto (l’unione civile), pur nella consapevolezza che, stante la pari dignità sociale di ogni forma di relazione familiare (da tempo affermata sia dalla Corte Costituzionale sia dalle Corti sovranazionali), non avrebbe potuto introdurre un trattamento discriminatorio tra le coppie formate da persone dello stesso sesso", si legge nella sentenza del Tar, che ha proceduto a dichiarare illegittima la delibera comunale della discordia.
Inoltre, per quanto riguarda la posizione del sindaco Poma, che in seguito all'approvazione della legge sulle unioni civili dichiarò che si sarebbe rifiutata di celebrarle, dando mandato ai consiglieri comunali di procedere al suo posto, il Tar ha evidenziato che l'obiezione di coscienza invocata dal primo cittadino non sarebbe prevista dalla legge sulle unioni civili.