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Ultima Generazione ti può non piacere, ma almeno chiediti: io cosa posso fare per fermare la crisi climatica?

Le loro azioni non hanno ancora raggiunto il cambiamento che si auspicavano, e allora? Voi cosa fate di meglio?
A cura di Saverio Tommasi
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Le reazioni dei passanti a Ultima Generazione
Le reazioni dei passanti a Ultima Generazione

Li abbiamo imparati a conoscere, e molti a odiare. Altri, invece, guardano alle loro azioni con curiosità benevola. Sono il movimento Ultima Generazione, prevalentemente giovani – alcuni giovanissimi – e usano metodi di disobbedienza civile non violenta contro il collasso ecoclimatico.

Quando per strada gridano loro "teste di ca**o" oppure "put*ane", non reagiscono e si limitano a cercare un'interlocuzione positiva, dove questo è possibile. Altrimenti tacciono, aspettano che la polizia li porti via e continuano a tenere fra le mani un cartello, o a sorreggere uno striscione. Confidano in una lettura, magari veloce ma non fugace, con la speranza di aver innescato qualche riflessione e taluni ritorni di pensiero sulle questioni che denunciano: "Stop ai combustibili fossili". E il motivo lo professano con chiarezza: "Se non agiremo subito, saremo l'ultima generazione ad aver conosciuto la Terra per come la conosciamo oggi".

Alle azioni di Ultima Generazione partecipano una decina di persone ogni volta. Talvolta meno, in talune situazioni qualcuna in più. Numeri ridotti, ma hanno una ramificazione nazionale e una connessione internazionale. Centellinano le presenze, si articolano improvvisamente in gruppi, si sciolgono per tornare insieme. Si moltiplicano e poi spariscono. Molto simili all'acqua, in questo. Si muovono insieme nella convinzione che una goccia da sola non sia sufficiente, ma comunque senza gocce non si possa formare un movimento capace di cambiare la storia dell'umanità, a partire dal clima. Fanno parte di A22, un network internazionale di gruppi con obiettivi e pratiche comuni, e sono "impegnati in una folle corsa: provare a salvare l'umanità". Mescolano l'utopia – a me ricordano quella disequilibrante e stupenda di Eduardo Galeano – quando al primo punto del manifesto di A22 come frase di apertura scrivono: "Siamo l’ultima generazione del vecchio mondo. Siamo qui oggi per dire che creeremo un nuovo mondo, in cui l’umanità si abbraccerà"; ma sono anche pratici, diretti, non infingardi, quando scrivono: "Accetteremo le conseguenze delle nostre azioni", cioè gli insulti, le minacce, le prese in giro, i commenti di chi non vuol risolvere i problemi, dimenticando che sono anche i suoi. Oppure le strumentalizzazioni da parte di chi da quei problemi trae il suo ricco sostentamento. E poi le denunce, tante, e i processi. Il rischio – concreto – di essere marginalizzati dall'ambiente di lavoro, oppure licenziati. Se fosse necessario – lo dicono senza nessun giro di parole – accetterebbero anche la reclusione, per le loro idee.

"Finché tutti non saranno liberi, nessuno di noi sarà libero", scrivono nel manifesto di A22. L'eco è quello della disobbedienza civile, o dei movimenti di liberazione sud americani. Anche un po' Gramsci e un pezzo di Gaber.

Diciamo la verità: sono maledettamente strani, questi giovani di Ultima Generazione. Si interessano a un argomento senza che nessuno glielo chieda, si preoccupano del mondo intero senza essere ricattabili, rischiano sulla propria pelle, non hanno paracaduti, la totalità di loro studia. Sono alieni rispetto al conformismo, alla negazione e ai complotti. Soprattutto agiscono, questa è la mia impressione avendoli seguiti per oltre un anno durante le principali manifestazioni di disobbedienza.

Hanno colorato monumenti, aeroporti, dato volantini, si sono sdraiati per terra, hanno bloccato il traffico, steso striscioni, urlato al microfono, talvolta dopo pochi minuti avevano la voce roca come di chi non è abituato a gridare, ma sente la necessità di farlo esattamente in quel momento.

Il loro obiettivo è "ottenere misure di contrasto al collasso ecoclimatico a cui stiamo andando incontro a causa delle troppe emissioni".Su questo hanno le idee chiare e ripetono le parole del segretario generale dell'ONU: “Stiamo andando verso l'inferno climatico con l'acceleratore premuto".

Le lobby del fossile, secondo le attiviste e gli attivisti di Ultima Generazione, stanno infatti facendo di tutto per mantenere un profitto economico immutato, con mezzi immutati, condannando così a morte milioni di persone con le loro azioni.
Ultima Generazione parla apertamente di genocidio programmato, partendo dalla consapevolezza che tutti ormai conoscono i dati, le dinamiche, le conseguenze di ogni azione di immissione nell'atmosfera di inquinanti, e non si possa perciò più parlare di ignoranza o non conoscenza.

"Se non protestiamo, se accettiamo questo crimine senza ribellarci, ne saremo complici", è questo che li spinge in piazza, in strada, nei musei a praticare azioni di richiamo di fronte ad alcune delle opere d'arte più significative della nostra storia, come quando in altre città europee hanno deciso di unire le proprie mani all'arte incollandole sul vetro protettivo delle opere stesse.

Gli attivisti (ma loro preferiscono la dizione "cittadine e cittidini) di Ultima Generazione mettono il loro corpo a disposizione per quello che (a ragione, se mi è permesso) ritengono un obiettivo più grande: la salvezza del pianeta, e dunque di tutte le specie viventi (umanità compresa), presenti e future.

Mettono il corpo a disposizione di una causa, come i militari, ma al loro contrario non praticano la sottrazione della vita altrui per raggiungere i propri scopi. Loro, la vita, vogliono garantirla. Gli scopi di Ultima Generazione sono internazionali, non mirano alla prosperità di un singolo Paese. Si sono formati sui libri, non sanno sparare, però conoscono la filosofia e la dialettica.

Io li ho seguiti dall'inverno all'estate, fino a oggi, per capire le reazioni dell'opinione pubblica di fronte alle loro parole, di fronte alle loro azioni. Queste del video sono le reazioni che hanno suscitato, ve lo scrivo con una preghiera: il video guardatelo fino in fondo, non lasciatevi spaventare dalla prima parte. Saranno sognatori, ma senza sogni non si è mai costruito niente di duraturo. Saranno inefficaci, ma su questo tornerò dopo. Ora facciamo un passo indietro.

Vari sono gli aspetti che mi hanno colpito di Ultima Generazione, uno di questi è la capacità – e la necessità – di relazionarsi con i media: le chat, gli appuntamenti dati ai giornalisti in un luogo e a un orario precisi, dove poi avviene di solito l'incontro con una o due persone del movimento; a me è accaduto varie volte, e quello è il luogo dove restiamo in attesa di un segnale che riceveranno per primi i componenti del movimento da altri componenti del movimento, cioè coloro che nella pratica inizieranno l'azione; al segnale telefonico conducono noi giornalisti nel luogo dell'azione, appena un momento prima che questa avvenga. È' un'organizzazione più complessa delle poche righe che mi sono occorse per spiegarla. Anomala, sicuramente. Per chi fa il mio mestiere può sembrare strana, anche sospetta. Anzi: lo è. Credo che in qualunque altra situazione l'avrei raccontata senza celare l'idea di una buffonata, e senza esimermi dalla reprimenda sulla necessità dell'allargamento del consenso, che non può passare dalla segretezza di un'azione, troppo simile all'ingiustizia, che infatti si organizza sempre molto bene con i silenzi intorno. Ma non è questo il caso. Il silenzio rispetto alla tipologia dell'azione fino a pochi istanti prima che questa avvenga, nel caso di Ultima Generazione mira a salvaguardare l'azione e le persone: troppi quelli interessati a bruciarla, farla saltare, disinnescarne l'efficacia. Per questo la necessità di un'organizzazione millimetrica da parte loro. Non è infatti uno scherzo, per questi attivisti, la salvezza del pianeta Terra.

La disobbedienza civile è la consapevole violazione della legge per un obiettivo ritenuto sociale, questa potrebbe essere la prosa del pensiero del filosofo americano John Rawls, a cui molti di Ultima Generazione attingono nella formulazione del proprio pensiero. È lo stesso teorico (non il solo) che sostiene che gli atti di disobbedienza civile possono essere solo non violenti. Non tutti i pensatori lo ritengono, ma Ultima Generazione lo ha messo in ogni suo manifesto programmatico: "Siamo aperti e nonviolenti".  Attenzione: in questo caso "nonviolento" è scritto esattamente così, come la storia dei movimenti ha insegnato loro, e dunque è scritto attaccato. Perché la nonviolenza non è l'opposto della violenza, non è un semplice ribaltamento, oppure la violenza allo specchio, ma una pratica altra, diversa non soltanto negli obiettivi ma anche nei metodi. È differente, non è la fotocopia girata. È più profonda, ha convinzioni più radicate.

E dunque: perché Ultima Generazione organizza la pubblica violazione della legge attraverso azioni collettive? Il ragionamento di Ultima Generazione è piuttosto semplice, e provo a spiegarlo così: se altre forme di proteste non sono efficaci, se nessuno ascolta un sit in di fronte al Parlamento, se lo spazio mediatico conquistato con una manifestazione è irrilevante, allora cercano altri metodi e sperimentano nuove strade. È questo quello che sta cercando di fare da oltre un anno Ultima Generazione.

L'impegno contro il disastro climatico è una lotta contro il tempo. La differenza però è che questa volta riguarda veramente tutti, non soltanto a livello di coscienze, ma di impatto sulla nostra vita. O cambiamo ora, subito, con leggi adeguate e radicali, oppure ci attende l'invivibilità, almeno per noi umani, del pianeta. Non è soltanto la tesi di Ultima Generazione, o di A22, oppure la mia, è la tesi su cui – da alcuni decenni – è compatta la comunità scientifica internazionale.

Sono efficaci gli atti di disobbedienza civile di Ultima Generazione? È questa la domanda che perseguita ogni attivista, e me. Io la penso così: per ora, no.
Hanno avuto un impatto mediatico enorme, ma l'efficacia non si può misurare in quello, che al massimo è lo strumento per arrivare a un cambiamento.
E dunque: il cambiamento c'è stato? No.
Il cambiamento è iniziato? Neanche.
C'è qualcosa di meglio che le cittadine e i cittadini potrebbero fare, a livello di azioni collettive? Al momento, non sembra. Perciò se è vero che le azioni si sono rivelate secondo me inefficaci sul piano anche minimale del cambiamento, non so (e sembra che nessuno lo sappia) cosa di migliore potrebbe essere messo in campo.
Gli attivisti rivendicano una maggiore consapevolezza data secondo alcuni di loro dal numero crescente delle persone che li hanno contattati. Purtroppo ogni evento di cronaca – anche quelli unanimemente condannabili – richiama persone. Certamente dunque le proteste di Ultima Generazione avranno richiamato qualche interesse sopito, di nuove o vecchie generazioni. Sicuramente qualcuno in più, dopo l'eco mediatica, si è avvicinato a quel tipo di protesta, ma niente di neanche lontanamente avvicinabile alla possibilità di ottenere un cambio rispetto alle decisioni di chi avrebbe il potere politico per imporre una lotta non di facciata al disastro climatico. Però non è colpa di Ultima Generazione, loro stanno facendo anche l'impossibile, lo stanno esigendo come avrebbe detto Che Guevara, provando a essere semplicemente realisti di fronte alla sfida a cui siamo chiamati.

"Il problema non è italiano, è  mondiale, cosa possiamo farci noi?" è soltanto una delle tante scuse degli inerti. Chi non ha voglia di cambiare trova infatti sempre una scusa, e ne stanno trovando a bizzeffe. Così Ultima Generazione finisce per raccogliere moltissimo del malcontento delle persone che incontrano durante le loro sortite sociali: offese, minacce, spintoni e poi il solito mantra ascoltato durante i blocchi stradali: "Dobbiamo andare a lavorare, lasciateci passare!! Toglietevi di mezzo!!"

Il mio pensiero è questo: se qualcuno pensa che dieci minuti di pausa collettiva a un semaforo siano più importanti della catastrofe climatica, sbaglia.
Se qualcuno pensa che la vernice pulibile sul vetro protettivo di un quadro qualunque di un museo qualsiasi in Europa sia più importante di alluvioni e incendi, sbaglia.
Se qualcuno pensa che un'azione dimostrativa di fronte a Palazzo Vecchio danneggi l'arte, erra. Le ragazze e i ragazzi di Ultima Generazione stanno anzi sottolineando l'importanza dell'arte, e la stanno addirittura preservando nei secoli attraverso la lotta contro un cambiamento climatico che vedrebbe la totale erosione di tutte le opere che oggi studiamo e ammiriamo.

In questo anno in cui ho seguito Ultima Generazione penso dunque di avere imparato questo: le loro azioni non hanno ancora raggiunto il cambiamento che si auspicavano, anzi, non sono neanche vicine al raggiungimeno di obiettivi minimi. Però sono il meglio che esista in questo momento nel campo della richiesta dei diritti. Perciò non guardateli con l'indice puntato, loro lottano anche per noi, se ancora non ce l'hanno fatta è più colpa nostra che loro. Sono in cammino e noi dovremmo ascoltarli di più, perché nella sostanza, in tutte le sostanze, hanno ragione in modo spudorato, enorme, infinito. Non hanno bisogno di qualcuno che si inchini a loro, ma di smetterla di essere trattati come "noi e loro". Loro sono noi, intendendo la parte più utopica, linda, straordinaria delle possibilità che la vita ci ha messo di fronte: salvare l'intero pianeta. Di fronte a questo, possiamo anche arrivare dieci minuti più tardi in ufficio, non morirà nessuno. Almeno in questo caso.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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