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Crisi di Governo 2022

Quando parla Draghi in Senato e alla Camera e quando si vota la fiducia

Si comincia mercoledì in Senato: Mario Draghi interverrà in Aula alle 9.30 e la discussione dovrebbe durare tutto il giorno, con un eventuale voto di fiducia alle 19.30.
A cura di Annalisa Girardi
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Mario Draghi interverrà in Senato domani mattina, mercoledì 20 luglio alle 9.30. L'appuntamento è stato fissato, ma non è ancora chiaro cosa dirà il presidente del Consiglio e come potrebbe risolversi la crisi di governo innescata dallo strappo del Movimento Cinque Stelle sul decreto Aiuti, sempre a Palazzo Madama. Alla Camera, invece, Draghi si recherà il giorno dopo: la procedura in Senato dovrebbe infatti durare tutto il giorno.

Come abbiamo detto, si comincia in Senato alle 9.30. Le comunicazioni del presidente del Consiglio all'ordine del giorno potrebbero durare all'incirca un'ora. Alle 10.30 ci potrebbe essere una breve pausa per permettere a Draghi di depositare il discorso pronunciato anche alla Camera, dove sarà presente il giorno successivo. Alle 11 dovrebbe cominciare la discussione generale a Montecitorio, che occuperà più o meno cinque ore di tempo. Verso le 18.40 si prevede che porrebbe iniziare la chiama con il risultato dell'eventuale voto di fiducia per le 19.30.

A Montecitorio invece Draghi si recherà giovedì 21 luglio. La discussione generale inizierà alle ore 9.00 e dovrebbe finire per le 11.30, quando è prevista la replica del presidente del Consiglio. A seguire, poi, le dichiarazioni di voto per appello nominale che dovrebbero occupare circa un'ora e mezza di tempo, dalle 13.45 alle 15.15. L'intervento di Draghi e la discussione generale potranno essere seguiti in diretta sui canali del Parlamento, ma anche sulle pagine YouTube di Camera e Senato.

Gli scenari possibili a cui aprirà l'intervento di mercoledì in Senato sono diversi: il capitolo Draghi potrebbe proseguire con la conferma della fiducia da parte dei partiti di maggioranza (o senza il Movimento Cinque Stelle), ma il presidente del Consiglio potrebbe anche confermare la volontà di dimettersi. In tal caso la parola passerebbe al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ma anche in questo caso le opzioni sul tavolo sarebbero diverse: dall'incarico a un nuovo tecnico "traghettatore" fino al 2023, alle elezioni anticipate.

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