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Prezzo della benzina, l’impegno della viceministra Todde: “Lo dobbiamo abbassare ancora”

Secondo la viceministra dello Sviluppo economico, intervistata da Fanpage.it, serve un nuovo scostamento di bilancio per affrontare il caro-energia e il caro-carburante.
A cura di Giacomo Andreoli
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"Dobbiamo intervenire ancora: il taglio delle accise che abbiamo fatto non basta". A dirlo è la viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde, intervistata da Fanpage.it. Secondo quella che è anche la vicepresidente del Movimento 5 stelle, poi, serve un nuovo scostamento di bilancio per affrontare tutto il caro-energia e il caro-carburante. Miliardi di euro insomma, da trovare a discapito dell'aumento della spesa militare al 2% del Pil (secondo la richiesta dalla Nato). Per Todde non è infatti quella la priorità per le imprese e i cittadini italiani in un momento di crisi economica come questo.

C'è un piano d'emergenza se la Russia decide di chiudere i rubinetti del gas?

Noi come governo stiamo agendo su tanti livelli: come primo punto stiamo cercando di riempire gli stoccaggi, per affrontare il prossimo inverno in tranquillità. Questa è la priorità. Poi stiamo cercando di differenziare il più possibile le fonti, quindi fare il più possibile contratti con vari Paesi per avere le forniture che possano coprire i 30 miliardi di metri cubi che noi prendiamo annualmente dalla Russia. Sono circa il 43% del consumo di gas nazionale. Poi c'è la rigassificazione, ampliando le fonti. E infine cercare di accelerare il più possibile l'adozione di rinnovabili, perché noi abbiamo una componente di gas che viene bruciata proprio per produrre energia elettrica. Per produrre quest'ultima dobbiamo utilizzare altre fonti.

Ma se servisse un razionamento, saremmo pronti?

Noi faremo di tutto per fare in modo che i 30 miliardi di metri cubi di gas che importiamo vengano da altre fonti e ci stiamo preparando per questo. Chiaramente se sarà necessario adottare comportamenti estremi, le decisioni verranno prese in modo graduale, prima coinvolgendo le imprese e poi, come estrema ratio, i cittadini. Questo comunque non vuol dire non avere un comportamento responsabile nei consumi: credo che questa crisi energetica ci dimostri quanto sia importante un consumo ragionevole.

Il governo ha tagliato il costo della benzina di 25 centesimi fino a fine aprile. Poi che succederà?

Oltre all'intervento sulle accise è stato detto che si farà chiarezza sui contratti di approvvigionamento. Da una parte agiamo per evitare le speculazioni, dall'altra cerchiamo di essere attivi rispetto alle accise, facendo tornare il prezzo a dei livelli accettabili. Ma l'intervento è un primo passo e non può limitarsi a questo livello: le risposte che servono sono più importanti, lo chiedono tutta la logistica e gli autotrasportatori, ma anche la parte industriale. Quindi sicuramente bisognerà re-intervenire e per questo noi, come Movimento 5 stelle, stiamo chiedendo da molto tempo uno scostamento di bilancio sul caro-energia e sul caro-carburante. Ritengo che si debba fare di più, gestendo comunque la situazione passo dopo passo, perché si evolve in maniera dinamica, giorno dopo giorno.

Quindi servono miliardi, ma intanto il governo vuole aumentare le spese militari. È il momento giusto?

Non lo è. Questo è un momento in cui noi siamo in piena crisi energetica, legata al costo delle materie prime, uscendo da una pandemia con delle risposte importanti da dare ai cittadini e alle imprese, che vedono lo spettro di una recessione che si può affacciare. Quindi parlare di aumento delle spese militari stride: un conto è capire che siamo in un'economia di guerra e che abbiamo mandato delle armi all'Ucraina per aiutare un paese aggredito secondo il diritto internazionale, diverso è dire che ora la priorità siano le spese militari rispetto all'emergenza economica che stiamo vivendo.

E l'Unione europea cosa può fare per fermare il caro-bollette e il caro-carburanti?

Stabilire un tetto europeo al prezzo del gas: questo darebbe tranquillità alle aziende e ai cittadini. Non solo: anche disaccoppiare il mercato dell'energia elettrica rispetto al mercato del gas, perché in questo momento chi sta producendo con l'idroelettrico subisce gli stessi rincari come se bruciasse gas. Queste storture di mercato vanno tolte. Poi noi lo stiamo dicendo da tempo: cominciamo a parlare di un Energy Fund europeo, proprio per fare in modo che approvvigionamenti e la serie di operazioni sul mercato del gas siano al livello condiviso con tutti gli Stati.

Lei si occupa anche di tavoli di crisi aziendale. Quanti lavoratori sono ancora a rischio?

Sono coinvolti 100mila lavoratori, tra 70 tavoli ancora aperti. Ricordo che erano 150 quando sono arrivata al ministero nel settembre del 2019, quindi è stato già fatto un grande lavoro di pulizia, di chiusura e di implementazione di un metodo per quanto riguarda la gestione delle crisi. Il punto è affrontare i tavoli di crisi non singolarmente, anche se ognuno ha delle specificità, ma con un approccio di filiera. Poi sono stati messi in campo anche strumenti finanziari come il Fondo salvaguardia per le imprese: ha risolto 9 casi per circa 2000 lavoratori salvati.

Qual è la situazione di Whirpool e Gkn?

Per quanto riguarda Gkn è entrato un nuovo imprenditore, Borgomeo, che ha ricevuto l'accettazione della proposta fatta da parte dei lavoratori. Quindi c'è un percorso di re-industrializzazione che si sta portando avanti con convinzione. Per quanto riguarda Whirpool il consorzio deve risolvere due temi: da una parte avere la certezza del sito (e quindi fino a che non si chiude quel tipo di contrattazione è difficile poi arrivare anche al contesto di dettaglio), dall'altra è anche importante fare in modo di essere conseguenti: il consorzio ha preso impegni precisi e noi dobbiamo pungolarlo per arrivare al riassorbimento dei 320 operai che in questo momento hanno problemi.

A dicembre il governo ha approvato norme contro le delocalizzazioni più blande di quello che aveva proposto lei. Hanno funzionato?

Io parto da un presupposto: noi siamo partiti osservando un fenomeno che coinvolgeva non le aziende davvero in crisi, escluse dalle norme approvate, ma società che non avevano problemi economici che delocalizzavano per massimizzare il profitto. Io credo nella libertà d'impresa: è giusto che un'azienda abbia la possibilità di decidere dove deve produrre, noi abbiamo il dovere di lavorare sulle leve di competitività, sugli incentivi e sugli investimenti. Ma allo stesso tempo è importante chiedere alle aziende che non hanno problemi economici dei comportamenti di responsabilità. Cosa importante, ed è quello che è stato tenuto nell'emendamento alla Legge di Bilancio, è che si è arrivati a un percorso condiviso. Ora si deve nominare un advisor, si deve discutere della ricollocazione del perimetro lavorativo e ci si deve occupare delle persone che lavoravano nel contesto, anche proponendo nuovi modelli e avendo la responsabilità di trovare dei nuovi investitori.

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