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Perché il governo Meloni si sta scontrando con la Corte dei conti sul Pnrr

Il governo Meloni ha deciso di eliminare il controllo concomitante – cioè in corso d’opera – che la Corte dei conti effettua sul Pnrr. La scelta, inserita nel decreto Pa che si trova alla Camera, è stata fortemente contestata dai magistrati della Corte: il rischio, dicono, è che non ci siano più controlli efficaci sui soldi che vengono spesi.
A cura di Luca Pons
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Nel decreto Pa, il governo Meloni ha inserito un emendamento che elimina il controllo concomitante della Corte dei conti sui lavori del Pnrr, il piano europeo da centinaia di miliardi di euro che coinvolge decine di migliaia di progetti. In pratica, la Corte potrà effettuare un controllo a posteriore sui lavori, valutando come sono stati spesi i fondi, e continuerà a fare una relazione ogni sei mesi in cui esamina l'attuazione del piano. Ma non potrà più intervenire, come ha fatto in passato, mentre i progetti sono in corso per segnalare delle mancanze, degli errori , degli sprechi o delle vere e proprie frodi.

Ieri Giorgia Meloni, intervistata su Rete 4, si è difesa ripetendo ciò che ha già sostenuto in precedenza: "Facciamo quello che ha fatto il precedente governo". Lo stesso ha ribadito oggi Matteo Salvini: "Abbiamo fatto esattamente quello che hanno fatto Conte e Draghi. O erano distratti quando la stessa cosa veniva fatta da Draghi e Conte e loro erano al governo, oppure hanno cambiato idea. Detto questo, non c'è alcun conflitto con la Corte dei conti". In realtà , il governo si sta appellando più che altro a un tecnicismo, dato che il governo Draghi non ha mai parlato di eliminare il controllo concomitante. È utile quindi spiegare cosa ha fatto Draghi, cosa vuole fare Meloni, di cosa si sta parlando e quali sono i temi da cui è nato lo scontro con la Corte dei conti.

Cos'è il controllo concomitante

Il controllo concomitante è nato formalmente nel 2009, ma nella pratica è stato attivato solo nel 2020, dal secondo governo Conte. Questo è avvenuto prima che il Pnrr esistesse, anche se si stava già parlando di un piano europeo. Negli anni successivi, il controllo è stato quindi svolto e applicato anche al Pnrr: dal novembre 2021 un gruppo apposito di magistrati contabili ha coordinato i lavori, compilando 48 delibere relative a progetti specifici del Piano nazionale di ripresa e resilienza pubblicate tra il 2022 e il 2023.

Perché il governo Meloni ha deciso di interromperlo

Il governo Meloni ha deciso di interrompere questa attività di controllo. Da una parte, ha detto che è un lavoro ridondante perché anche la Corte dei conti europea può effettuare un controllo sui lavori. Su questo si è detto a favore anche Carlo Calenda, leader di Azione. Va detto che, però, proprio dall'Unione europea è arrivato qualche commento scettico sulla decisione, che ha scatenato una risposta stizzita del governo italiano.

La differenza con il governo Draghi

Dall'altra, l'esecutivo di Giorgia Meloni si è difeso dalle critiche dicendo che sta solo attuando quanto previsto dal governo Draghi, e concordato con l'Ue. Nel 2021, infatti, il governo di Mario Draghi in un decreto – concordato con Bruxelles – ha stabilito le funzioni della Corte dei conti per quanto riguarda il Pnrr. Da qui viene, ad esempio, il fatto che la Corte stila una relazione ogni sei mesi. Ma in quel decreto non si parlava di controllo concomitante. Secondo Raffaele Fitto, ministro responsabile del Pnrr, questo significa che cancellarlo è in linea con quanto fatto dall'esecutivo precedente.

Draghi, però, non ha mai parlato di cancellare il controllo concomitante. Anche per questo i magistrati della Corte sono stati finora decisamente critici della scelta. Mentre il governo procedeva a porre la questione di fiducia sul decreto Pa che renderà definitiva la cancellazione del controllo, ieri, i magistrati si sono riuniti in assemblea. Ne è uscito un comunicato in cui si rivendica che l'allentamento dei controlli "riduce di fatto la tutela della finanza pubblica", perché "non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile, ma la tutela dei cittadini".

L'altro oggetto di scontro: lo scudo erariale per i sindaci

L'altro tema su cui la Corte ha segnalato dei rischi è quello dello scudo erariale, che tutela gli amministratori (come i sindaci) dalla responsabilità per i danni economici del Comune (o della loro amministrazione) quando un progetto non va a buon fine, a meno che non avessero la chiara volontà di danneggiare le finanze pubbliche. Lo scudo era nato durante la pandemia, per permettere una certa flessibilità alle amministrazioni comunali. Poi è stato prolungato fino al 30 giugno 2023, per agevolare i lavori del Pnrr e ridurre la ‘paura della firma'.

Il governo Meloni ha intenzione di prolungarlo ancora, con lo stesso decreto Pa. Anche in questo caso, la presidente del Consiglio ha detto di star semplicemente seguendo le orme dei suoi predecessori. Ma per la Corte il rischio è che si riducano troppo i controlli su come viene speso il denaro pubblico.

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