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Pnrr, l’allarme della Corte dei Conti: “Il governo allenta i controlli, ma così si aiuta la mafia”

La presidente dell’Associazione magistrati della Corte dei conti ha ripetuto, in una lettera al governo Meloni, quello che la Corte sostiene da settimane: prolungare lo scudo erariale per i sindaci mette a rischio la gestione dei fondi del Pnrr e può anche favorire la criminalità organizzata.
A cura di Luca Pons
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Nel 2020, con il decreto Semplificazioni, il secondo governo Conte ha introdotto il cosiddetto ‘scudo erariale‘. Si tratta di una norma che toglie ai sindaci la responsabilità per i danni economici (o erariali, appunto) del Comune: possono essere puniti solo se c'è stato dolo, cioè la volontà esplicita di commettere un reato, e non nei casi di "colpa grave".

Il provvedimento doveva durare un solo anno, ma dopo il rinnovo del governo Draghi è arrivato fino al 2023. Ora il governo Meloni ha intenzione di prolungarlo ancora, modificando il decreto Pnrr che è in conversione al Senato. Ma la Corte dei Conti ha segnalato che, facendolo, si potrebbero facilitare anche le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle amministrazioni.

A cosa serve lo scudo erariale per i sindaci

Uno dei motivi per cui è nato lo scudo erariale era che si voleva dare un periodo di flessibilità ai sindaci e alle amministrazioni comunali nel momento in cui la pandemia da Covid-19 era ancora all'apice. Quando è stato prorogato fino al 2023, poi, l'idea era di agevolare la spesa per il Pnrr e velocizzare i tempi.

I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, in molti casi devono essere spesi direttamente dai Comuni. A causa della cosiddetta ‘paura della firma‘, molti sindaci tendono a rallentare i tempi della burocrazia per evitare di doversi prendere responsabilità eccessive, soprattutto nei Comuni più piccoli dove il personale specializzato sul piano tecnico-contabile scarseggia.

La scadenza del cosiddetto scudo erariale è al 30 giugno 2023. Dopo aver provato a prolungarlo già con l'ultimo decreto Milleproroghe, la maggioranza di centrodestra ha deciso di intervenire con il decreto Pnrr: alcuni senatori di Fratelli d'Italia hanno presentato un emendamento per prorogare lo scudo fino al 31 dicembre 2025.

Perché secondo la Corte dei Conti lo scudo è un pericolo

Paola Briguori, presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei Conti, ha scritto una lettera a Palazzo Chigi per avvertire dei rischi di questa scelta. "Non ci sono mai state tante risorse come in questo momento", ha detto, "Non è possibile che, proprio ora, si alleggeriscano i controlli su chi le gestisce".

Nonostante la proroga sia inserita nel decreto sul Pnrr, "sembra applicarsi a tutti i casi di responsabilità erariale", ha spiegato Briguori, quindi l'emendamento "condurrebbe a una surrettizia abrogazione dell’art. 103, comma 2 della Costituzione". Si tratta dell'articolo che dice che alla Corte dei Conti spetta il controllo della contabilità pubblica. Infatti, per altri due anni e mezzo la Corte non potrebbe intervenire quando ci sono problemi nella contabilità dei Comuni, anche se questi problemi causano forti danni economici, se non nei casi di dolo.

A inizio febbraio, all'inaugurazione dell'anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino aveva ribadito lo stesso principio: "Permangono perplessità sulle norme che hanno previsto limitazioni alla perseguibilità delle condotte gravemente colpose, ancorché produttive di danno", aveva detto. Il rischio è che "l'indebolimento della responsabilità erariale possa creare situazioni propizie alla dispersione delle risorse pubbliche, specialmente di quelle legate al Pnrr". Questo, infatti, porterebbe "un clima favorevole per l'infiltrazione della criminalità organizzata".

Nonostante i ritardi nella realizzazione del Pnrr, quindi, la soluzione non è sollevare i sindaci da tutte le responsabilità economiche. "Si può intervenire con una riforma strutturata sulla responsabilità erariale e si possono iniziare ad adottare norme più snelle sull’attività amministrativa" per contrastare la paura della firma, ha detto Briguori, ma "non vi può essere una disciplina che introdurrebbe aree di impunità nella gestione di quelle risorse per le quali l’Europa ci chiederà conto".

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