Pensioni: nessuna riforma dal Governo, resta in vigore la legge del 2010

La tanto attesta lettera del Governo Berlusconi all’Unione Europea è arrivata a destinazione. Bruxelles, dopo il forcing sul Governo italiano, ha dato uno stringato accenno di soddisfazione e si prepara a veder realizzate le promesse dell’Esecutivo. I leader dell’eurozona ovviamente non accetteranno più solo dichiarazione d'intenti ma aspettano fatti e tempi certi.
Dopo il via libera all’accordo europeo anticrisi con misure drastiche e decise, a Bruxelles e nelle cancellerie degli altri Paesi europei si guarda molto all’Italia e a quello che riuscirà a mettere in piedi il nostro Paese contro il contagio della crisi. All’Italia così, come è stato fatto con la Grecia, si chiedono tagli, crescita economica e rigore nei conti pubblici. Le misure del Governo vanno in quel senso anche se molto vaghe, Berlusconi ha voluto che tutto avesse un suo spazio temporale per essere assorbito dai cittadini.
Il Presidente del Consiglio, ha voluto rimarcare di non aver introdotto “misure così negative come quelle in Grecia”. Ma sa benissimo che anche se avesse voluto, non ha la forza istituzionale per imporre misure troppo drastiche, impegnato com’è in una latente crisi di Governo che va vanti da tempo. Tra le misure più osteggiate, tra quelle in cantiere per una ridefinizione dei capitoli di spesa pubblica, è quella delle pensioni.
Il tema Pensioni in Italia è forse anche più delicato di quello del lavoro e dei licenziamenti, non solo per l’elevato numero di anziani pensionati, ma soprattutto perché va a colpire diritti acquisiti che difficilmente saranno accettati dai cittadini. In più nel Governo non vi è affatto accordo su un tema che invece richiederebbe un Esecutivo forte.
La missiva inviata all’UE sul tema è molto vaga e anzi sottolinea come aggiustamenti sono stati già fatti, quasi a ricordare che ulteriori modifiche non sono previste a breve. “La normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa” si legge nell’inizio del capitolo sulla sostenibilità della finanza pubblica, l’unica (non)novità riguarda le pensioni di vecchiaia con un globale innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni con un graduale incremento a partire dall’anno prossimo per arrivare a regime nel 2026. In realtà questa è solo una constatazione in base alla legge già in vigore dal 2010 che lega l’aspettativa di vita alla pensione e che, dunque, si prevede venga raggiunta a 67 anni nel 2026. Nulla è stato deciso sulle Pensioni di anzianità.
Per il momento si continua sulla strada percorsa, ovvero sull’innalzamento graduale del sistema delle quote, che sommano l’età anagrafica minima (60 anni fino al 2012 e 61 anni dal 2013) con l’anzianità contributiva di almeno 35 anni. Le quote da raggiungere per arrivare alla pensione per i lavoratori dipendenti sono fissate a 96 fino al 2012 e a 97 dal 2013.
Ad opporsi ad ogni modifica delle pensioni di anzianità è la Lega, che non crede di poter far sopportare al proprio elettorato una simile riforma. Bossi e tutto lo stato maggiore del Carroccio è stato chiaro, le pensioni non si toccano e sono pronti a far mancare i loro sostegno al Governo in caso contrario. Eppure qualcosa andrà fatto perché il sistema previdenziale attuale è troppo sbilanciato a favore delle vecchie generazioni, aggravato da politiche miopi che nel passato hanno permesso migliaia di baby pensionati. Certamente simili riforme andrebbero concordate con le parti sociali, ma quando si crea un clima di sfiducia collettiva, pressati dalle incombenze economiche, trattative simili diventano complicate se non impossibili.