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Napolitano: “Su intervento in Libia nel 2011 non decisi io ma governo Berlusconi su spinta Onu”

L’intervento contro Gheddafi nel 2011 fu deciso dal governo Berlusconi su spinta dell’Onu, secondo l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che riconosce al leader di Forza Italia “l’atto di responsabilità” di non essersi dimesso allora. L’ex capo dello Stato ricorda che l’operazione fu legittimata da tutti a livello nazionale e internazionale.
A cura di Stefano Rizzuti
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La decisione di intervenire in Libia nel 2011 insieme ai francesi contro il colonnello Gheddafi fu del governo guidato da Silvio Berlusconi: a dirlo è l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Dire che il governo fosse contrario e che cedette alle pressioni del capo dello Stato in asse con Sarkozy, non corrisponde alla realtà”, afferma Napolitano in un’intervista rilasciata a la Repubblica. “I miei rapporti con l'allora presidente francese – spiega l’ex capo dello Stato – erano di certo poco intensi e tutt'altro che basati su posizioni concordanti in un campo così controverso. E non soltanto io trovai fondate le considerazioni del consigliere di Palazzo Chigi Archi, ma concordarono con esse anche autorevoli membri presenti del governo, come il Ministro della Difesa La Russa”.

Obiettivo dell’Italia era quello di evitare che il da farsi sul piano internazionale per la Libia fosse “oggetto di una sortita francese fuori di ogni regola comune” per collocarlo, invece, “nel quadro delle direttive dell’Onu e nell’ambito di una gestione Nato”. Secondo Napolitano, quella della Libia fu una “vicenda con una forte dimensione internazionale: non fu un affare tra francesi e italiani, non fu una questione tra diverse personalità istituzionali del nostro Paese. Questa è una visione ridicolmente distorta della realtà”, spiega replicando a chi lo accusa di essere il principale responsabile di quella decisione.

Napolitano ricostruisce l’incontro avvenuto al Teatro dell’Opera:

La consultazione informale di emergenza si tenne in coincidenza con la celebrazione al Teatro dell'Opera dei 150 anni dell'Unità d'Italia. A quella consultazione io fui correttamente associato. Il presidente della Repubblica è presidente del Consiglio supremo di Difesa, e in posizione di autorità costituzionale verso le forze armate, aveva titolo per esprimersi su una questione così importante. Ma quella sera la discussione fu aperta dall'allora consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Bruno Archi, che era in contatto diretto con New York mentre veniva varata la seconda risoluzione delle Nazioni Unite che autorizzò e sollecitò un intervento armato ai sensi del capitolo settimo della Carta dell'Onu in considerazione del fatto che i precedenti appelli al governo libico non erano stati raccolti. Dal quadro complessivo rappresentato dal consigliere diplomatico di Palazzo Chigi emergeva l'impossibilità per l'Italia di non fare propria la scelta dell'Onu. In quella sede informale potemmo tutti renderci conto della riluttanza del presidente Berlusconi a partecipare all'intervento Onu in Libia.

L’ex presidente della Repubblica riconosce a Berlusconi “l’atto di responsabilità" di non dimettersi dopo la decisione di intervenire in Libia. “Berlusconi ha di recente ricordato il suo travaglio che quasi lo spingeva a dare le dimissioni in dissenso da una decisione che peraltro spettava al governo. Che egli abbia evitato quel gesto per non innescare una crisi istituzionale al vertice del nostro paese, fu certamente un atto di responsabilità da riconoscergli ancora oggi”. La decisione fu approvata anche da Camera e Senato – ricorda Napolitano – con l’adesione “dell’allora opposizione di centrosinistra”: “La legittimazione di quella scelta fu massima al livello internazionale e nazionale”. Difatti, secondo l’ex capo dello Stato il protagonista dell’intervento in Libia fu l’Onu, “non ci fu una decisione italiana a se stante”.

Secondo Napolitano, ancora oggi “è troppo facile giudicare sommariamente un errore l’intervento Onu in Libia”, anche se “nessuno è in grado di indicare” quale fosse l’alternativa all’intervento. Per l’ex presidente della Repubblica “l’errore veramente grave fu non dare, in quanto comunità internazionale, nessun contributo politico, di institution building, economico alla conclusione dell'operazione militare. Ci fu quasi un tirarsi fuori, e fu ciò che provocò il caos degli anni successivi".

Napolitano, durante l’intervista, ha parlato anche dell’attuale presidente francese Macron, spiegando che si “distingue nettamente da Sarkozy perché affronta in chiave europea tutte le questioni che possono interessare i nostri paesi”. Il presidente emerito della Repubblica consiglia “misura e serietà” per evitare “contrapposizioni tra Italia e Francia, anche se si stanno verificando divergenze su qualche problema di notevole rilevanza come quello del futuro di Fincantieri”. Sul tema, Napolitano loda il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Sono convinto si stia muovendo con chiarezza e fermezza nella convinzione che si possa e debba arrivare a posizioni concordi tra il suo governo e  quello del presidente Macron”.

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