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M5s contro il riarmo, Maiorino: “Follia il 5% del Pil in spese militari, Trump mette a rischio stabilità globale”

In un’intervista a Fanpage.it Alessandra Maiorino, vicecapogruppo M5s al Senato, spiega perché i pentestellati insieme ad Avs saranno alla manifestazione di domani a Roma contro il riarmo europeo: “Non siamo soli, dobbiamo solo trovarci. Pensare di spendere il 5% del Pil nazionale in armamenti è follia pura, e a un certo punto qualcuno deve dire no”. Maiorino parteciperà domani al ‘contro Summit Nato’ a L’Aia, organizzato dal partito socialista olandese.
A cura di Annalisa Cangemi
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La parlamentare del M5s Alessandra Maiorino, vicecapogruppo al Senato e coordinatrice del Comitato Parità di Genere e Diritti Civili del Movimento, in un'intervista a Fanpage.it ha spiegato perché il M5s sarà domani, 21 giugno, a Roma in piazza a manifestare contro il riarmo europeo, in un momento molto delicato a livello internazionale, vista l'escalation tra Iran e Israele, con un nuovo fronte di guerra che si è aperto in Medio Oriente una settimana fa.

Che valenza ha la manifestazione contro il riarmo, in un momento in cui Trump è pronto a entrare in guerra con l’Iran?

Questa manifestazione era stata lanciata settimane fa da tante sigle della società civile, riunitesi sotto il Coordinamento Rete Italiana Pace e Disarmo, ben prima che Netanyahu, messo alle strette da un’opinione pubblica globale sempre più sgomenta di fronte ai suoi crimini e continue violazioni del diritto internazionale contro il popolo palestinese, lanciasse l’attacco all’Iran.

C’è ancora spazio per la diplomazia secondo lei? È possibile che nei 15 giorni di ultimatum lanciati da Trump ci sia una resa incondizionata da parte di Teheran, e la distruzione del suo programma nucleare?

Trump prende tempo perché rischia di tradire la principale promessa fatta al popolo MAGA, ossia di essere il presidente che interromperà tutte le guerre. E deve farsi i suoi calcoli. Ma è evidente che Netanyahu e Israele hanno un potere enorme sulla Casa Bianca. In poche ore Trump ha compiuto giravolte incredibili rispetto all’attacco inopinato che Israele ha lanciato contro l’Iran, mettendo a rischio la stabilità globale. Se c’è ancora spazio per la diplomazia? Le dirò due cose: la prima è che mai come in questo momento storico alla guida di alcuni Paesi che rappresentano potenze mondiali ci sono personalità spregiudicate, che qualcuno potrebbe definire persino instabili. La seconda è che l’opinione pubblica ha ancora la sua rilevanza e la sua forza, si tratta solo di riscoprirlo. Le persone sono sgomente, disorientate, anche frustate dal senso di impotenza, ma le cose possono cambiare. È un’opinione pubblica forte che può “costringere” la diplomazia a scendere in campo al posto delle armi e della guerra.

Alla piazza di domani Roma contro il riarmo non ci sarà Schlein, perché impegnata con la riunione dei Verdi e dei Socialisti ad Amsterdam. Ci saranno alcuni parlamentari del Pd, Scotto, Tarquinio, Cecilia Strada, Ruotolo. Vi aspettavate un’adesione più cospicua da parte dei dem?

Non entro in casa d’altri. Posso dire che noi del M5s con il presidente Conte sin dall’inizio abbiamo assunto una posizione netta e coerente contro questa folle corsa al riarmo, senza sfumature o bizantinismi. Ricordo che lo scorso marzo siamo stati a Strasburgo per ribadire le nostre ragioni, il 5 aprile abbiamo portato in piazza 100mila persone che hanno condiviso con noi la contrarietà al piano di riarmo dell’Ue. Oggi serve una netta posizione contro la guerra, contro chi propala menzogne solo per avere una buona scusa per arricchire i produttori di armi, a danno dei popoli e della loro qualità della vita. Per non parlare del fatto che a forza di evocare la guerra, e oggi il discorso pubblico ne è infarcito, poi in genere la guerra si palesa. Questa follia va fermata, dobbiamo tornare a parlare di ciò che interessa alle persone: più sanità, scuola migliore, condizioni di lavoro accettabili, prospettive di futuro. Tutto questo è sparito, sembra di vivere una dimensione parallela.

Dal vertice Nato potrebbe emergere una richiesta ai governi europei di aumentare spese militari al 5% Pil. Perché avete lanciato un appello per una manifestazione il 24 giugno nella sede del Parlamento olandese? A chi è rivolto?

A tutti i partiti del campo progressista a livello europeo. Questa iniziativa seguirà il ‘contro Summit Nato’ organizzato dal partito socialista olandese sabato 21 giugno a L’Aia, cui parteciperò in rappresentanza del M5s. Per l’occasione ci saranno manifestazioni gemelle in tante città europee. Poi il 24 giugno il M5s, con il nostro presidente Conte, ha chiamato a raccolta i leader delle forze democratiche e progressiste europee che condividono le critiche all’inopinato riarmo, con l’obiettivo di creare un coordinamento europeo a partire da questo primo momento pubblico. L’appello di Giuseppe Conte ha questo obiettivo. Non siamo soli, dobbiamo solo trovarci. Pensare di spendere il 5% del Pil nazionale in armamenti è follia pura, e a un certo punto qualcuno deve dire no.

In Ungheria la polizia ha vietato il Pride in programma il 28 giugno a Budapest, ma il sindaco della città ha detto che si farà lo stesso. Ci saranno scontri? Pensate di partecipare?

Noi abbiamo acquistato i biglietti aerei per Budapest già da tempo. Qualunque cosa si pensi del Pride, e qui penso ai critici di questa manifestazione, vietarli è una gravissima violazione delle libertà personali e un attacco diretto ai milioni di cittadini e cittadine con un “diverso” orientamento sessuale. È inaccettabile. La comunità LGBTI ungherese non può essere lasciata sola, e noi ci siamo, siamo al loro fianco come lo saremo sempre verso qualunque soggetto venga preso a bersaglio per alimentare campagne di odio e disprezzo. Orban ci vedrà bene, e vedrà che c’è un’Europa dove le sue politiche non sono benvenute.

A questo proposito, nella Relazione sullo Stato di diritto dell’Ue, approvata mercoledì, si afferma che c’è stato un peggioramento della tutela delle minoranze e dei gruppi vulnerabili, con particolare attenzione alle persone Lgbtiq+, e si chiede di riconoscere il matrimonio egualitario e la tutela del diritto all'autodeterminazione di genere per le persone trans e non binarie. È un passo avanti?

Da tempo in sede europea si chiedono passi avanti ai singoli Stati membri, ma se queste richieste non sono vincolanti sortiscono poco effetto. Basta guardare all’Italia e allo stato penoso in cui versiamo, con controversie davanti ai giudici e persino davanti alla Corte Costituzionale per riconoscere i figli delle coppie LGBT. Quando torneremo al governo tutte le coppie saranno uguali e chiunque abbia un progetto di vita e di famiglia avrà le tutele che gli sono dovute.

È iniziata la nuova edizione di UNITE, per favorire una maggiore presenza delle donne in politica e nei processi decisionali. Ci spiega quali sono gli obiettivi di quest’anno?

In questa edizione ci sono due grandi novità: la formazione delle iscritte e degli iscritti, che avverrà attraverso incontri online con l’ausilio di esperte e l’apertura agli uomini. Siamo convinte infatti che la politica debba parlare di più il linguaggio delle donne e intercettare i loro bisogni. Ma questo non significa escludere gli uomini. Insieme ci si forma e si impara nuovamente a conoscersi, perché non c’è nulla di più falso del detto secondo cui gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere. Veniamo dal pianeta Terra, siamo esseri umani. A 50 anni dalla riforma del diritto di famiglia, vogliamo attualizzarla in ogni suo aspetto, perché tutte le disuguaglianze derivano ancora da lì.

Le ultime novità emerse su Paragon con il coinvolgimento del giornalista D’Agostino, mostrano che il caso è tutt’altro che chiuso. Cosa bisogna aspettarsi adesso?

Da mesi aspettiamo risposte da parte del governo italiano su chi abbia usato e perché lo spyware di Paragon nei confronti del direttore Cancellato, al quale si sono aggiunti anche i casi dei giornalisti Ciro Pellegrino e da ultimo del direttore D’Agostino. I segnali finora non sono stati affatto incoraggianti, tutto tace ma gli interrogativi rimangono. La verità è che il governo Meloni sta minando ogni presidio di legalità e diritto, instaurando uno Stato di polizia in nome di una non meglio chiarita “sicurezza”. Come cittadina non mi sento affatto più sicura, sapendo che giovani attivisti che protestano perché si vedono rubare il futuro possono finire in galera o che il telefono di giornalisti può essere spiato.

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