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Landini a Fanpage: “Rischio autoritario in Italia, problema non sono i poliziotti ma chi li comanda”

In un’intervista a Fanpage.it, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha parlato della manifestazione in programma per sabato 9 marzo, rilanciando la richiesta di cessate il fuoco a Gaza e di stop alla corsa al riarmo mondiale. In Italia, il rischio di “svolta autoritaria” va fermato ribadendo il diritto a manifestare, scioperare ed esprimere il proprio pensiero, ha detto.
A cura di Luca Pons
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Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha risposto alle domande di Fanpage.it in vista della manifestazione di sabato 9 marzo, che vedrà il sindacato scendere in piazza insieme a una rete di associazioni. Il leader sindacale ha detto che bisogna non solo chiedere il cessate il fuoco a Gaza, ma anche riconoscere che "quello che sta facendo Netanyahu è sbagliato anche per il popolo di Israele", alimentando una guerra che "favorisce una logica di reazione di terrorismo". In Italia, invece, c'è il "rischio di una svolta autoritaria" che va fermato rivendicando il diritto di manifestare. Landini ha commentato anche i referendum contro il Jobs Act che la Cgil sta organizzando, dicendo che si aspetta il supporto di tutti i partiti di opposizione.

Con questa manifestazione cosa chiedete al governo Meloni per quel che riguarda Gaza, e come giudica la sua linea finora?

Noi chiediamo in modo molto esplicito che ci sia un cessate il fuoco immediato. Bisogna fermare il massacro che oggi è in corso verso il popolo palestinese e bisogna mandare un messaggio in cui prevale di nuovo una logica di mediazione, di pace. Su questo punto siamo molto chiari. Noi scendiamo in piazza per ribadire di fermare quel massacro, di dare il sostegno alla popolazione palestinese che in alcuni casi non ha da mangiare né da bere, ma nello stesso tempo noi siamo lì per rivendicare che sia il popolo israeliano che il popolo palestinese abbiano diritto ad avere ognuno di essi uno Stato, una loro libertà.

Può apparire in questo momento un'utopia, la cosa più difficile, ma io invece credo sia il messaggio che in tutto il mondo deve essere dato. Altrimenti il messaggio che passa, che è quello che sta già avvenendo, è che ormai la guerra è tornata ad essere lo strumento normale di regolazione dei rapporti. E c'è il rischio di un'estensione della guerra. C'è una corsa al riarmo e oggi, purtroppo, siamo di fronte alla guerra in Ucraina, alla guerra in Medio Oriente, in Siria, in Africa. Non possiamo far finta di non vedere quello che sta succedendo. E penso che per tutto quello che sta avvenendo in Italia, in Europa e nel mondo, noi dobbiamo anche dire basta alla corsa al riarmo. Perché questo sta generando non solo un aumento delle spese militari, ma un riarmo anche sul piano nucleare. Noi abbiamo bisogno esattamente dell'opposto.

Crede che la comunità internazionale dovrebbe anche lanciare sanzioni contro Israele per accelerare la fine del conflitto?

Come abbiamo visto, le sanzioni anche nei confronti della Russia non è che hanno cambiato il corso. Le sanzioni hanno sempre una loro importanza, sono un atto politico, però qui serve che si intervenga per fermare quel massacro, per cessare il fuoco. Questo in realtà è il modo per garantire tutti i due popoli. Quello che sta facendo Netanyahu credo che sia una cosa sbagliata anche per il popolo di Israele, non solo contro il popolo palestinese. È quella cultura che genera odio, credo che sia un elemento che favorisce solo una logica di reazione, di terrorismo, che è esattamente l'opposto di quello di cui abbiamo bisogno.

Scendete in piazza anche per rivendicare il diritto di manifestare. Che clima si respira oggi nel Paese?

La cultura della guerra porta a una logica di violenza. Noi scendiamo in piazza non solo per quello che è successo a Pisa, che è sotto gli occhi di tutti, o a Firenze, ma perché in questi ultimi mesi ci sono state una serie di scelte, di episodi che vanno in direzione sbagliata. A partire dalla precettazione fatta da Salvini che mette in discussione il diritto di sciopero, fino ad arrivare in diverse situazioni – verso gli studenti e non solo – anche all'uso dei manganelli, quando ci sono persone che semplicemente stanno manifestando e stanno esercitando il diritto sancito dalla Costituzione.

In questa logica noi vediamo il rischio di una svolta autoritaria, e deve essere fermata. E qui, lo dico in modo molto chiaro, non è un problema dei lavoratori della polizia. Qui è un problema di chi governa, di chi dà gli ordini. Quando si parla di responsabilità per noi oggi la responsabilità è garantire il diritto democratico, sancito dalla nostra Costituzione, di poter manifestare il proprio pensiero. Non ci possono essere pesi o misure diverse a seconda di chi scende in piazza e di qual è l'argomento di cui discuti.

E siccome noi vediamo il rischio di un’involuzione autoritaria, pensiamo che la democrazia la si difende praticandola, e il diritto di manifestare lo si difende scendendo in piazza e manifestando. Credo che questo sia un punto importante, soprattutto quando a manifestare sono le nuove generazioni che vivono in un mondo pieno di precarietà, pieno di ingiustizie e che non vedono davanti a sé un futuro.

A proposito di precarietà, di recente la Cgil è tornata a lavorare su delle proposte di referendum contro norme contenute anche nel Jobs Act. A che punto è il lavoro sui quesiti? E pensa che i partiti di opposizione potrebbero spaccarsi sull'appoggio a questi referendum?

Noi, insieme alla Uil, stiamo proseguendo la mobilitazione e gli scioperi che abbiamo fatto nello scorso mese di dicembre per cambiare le politiche del governo. Poi come Cgil abbiamo valutato che in questa nostra strategia abbiamo bisogno di cambiare le leggi sbagliate sugli appalti, sulla precarietà, sul Jobs Act, perché queste leggi in questi anni hanno cancellato la libertà delle persone. Quando una persona è precaria non è libera, quando una persona non ha diritti ed è ricattabile, non è libera. Quando in un cantiere o in un appalto si muore perché non vengono rispettate le norme di sicurezza, non si è liberi.

E noi stiamo decidendo – in questo mese concluderemo questa discussione – anche di usare lo strumento del referendum. Vogliamo usare tutti gli strumenti: quello della contrattazione nazionale, aziendale, quello del contrasto giuridico nei tribunali, ma qui c'è una legislazione da cambiare. Siccome il governo e il Parlamento stanno addirittura peggiorando queste leggi, noi pensiamo anche di usare lo strumento del referendum, perché il referendum è anche un documento democratico che permette alla singola persona di decidere senza mediazioni.

Io penso che i partiti che stanno all'opposizione dovrebbero cogliere positivamente questa iniziativa. Noi naturalmente ci rivolgiamo a tutti i cittadini: chi è giovane, non vuole essere precario; immagino che chi ha dei figli preferisce che lavorino in Italia e che non vadano all'estero; e immagino che anche chi fa impresa, ha bisogno di persone libere che usino la loro testa, che siano retribuiti e che possano vivere dignitosamente, che abbiano anche uno stipendio da spendere. Quindi la nostra non è una battaglia semplicemente contro qualcuno, ma è una battaglia per dare un futuro a questo Paese, mettendo al centro la libertà delle persone. Chiediamo ad ogni cittadino di usare questo suo diritto e di essere lui direttamente che dice "Basta con la precarietà, voglio essere libero e voglio un lavoro dignitoso".

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