Gaza, l’Onu lancia l’allarme: “Senza aiuti immediati, 14mila bambini potrebbero morire entro 48 ore”

Nella Striscia di Gaza, devastata da oltre un anno e mezzo di bombardamenti e di occupazione militare israeliana, la situazione umanitaria ha raggiunto un punto di non ritorno. Secondo le Nazioni Unite, infatti, se a Gaza non arriveranno immediatamente cibo, acqua e medicinali, almeno 14mila bambini palestinesi potrebbero morire entro le prossime 48 ore. A lanciare l'allarme è stato Tom Fletcher, vice segretario generale dell'Onu e coordinatore per le emergenze internazionali, che ha definito l'attuale condizione di Gaza una "tragedia senza precedenti". I cinque camion di aiuti autorizzati da Israele ieri, 19 maggio, i primi dopo oltre undici settimane di blocco totale, rappresentano infatti, ha detto Fletcher, "una goccia nell'oceano". Troppo poco, dunque, e troppo tardi.
"Oggi avremo una difficile discussione su Gaza.Sul tavolo abbiamo la proposta olandese di revisione dell'articolo 2 dell'accordo di associazione con Israele: ne discuteremo, non posso prevedere il risultato", ha dichiarato Kaja Kallas, Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a margine del consiglio affari esteri e difesa, "gli aiuti devono raggiungere Gaza il prima possibile, quello che passa ora non è abbastanza, è una goccia nell'oceano, ci sono migliaia di camion che aspettano", ha aggiunto.
Cinque camion dopo un ultimatum: così Israele riapre (parzialmente) il valico
L'ingresso limitato degli aiuti nella Striscia non è avvenuto per un improvviso cambio di strategia umanitaria. Dietro la riapertura del valico di Kerem Shalom c'è infatti solo la forte pressione politica degli Stati Uniti, che nei giorni scorsi hanno fatto arrivare a Tel Aviv un messaggio estremamente chiaro: o Israele permette il passaggio degli aiuti e riduce l'intensità dell'invasione, o il sostegno americano potrebbe venire meno. Secondo il Washington Post, dunque, si è trattato di un vero ultimatum. Così, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la riapertura parziale del confine al termine di una riunione di governo estremamente tesa, in cui si è discusso anche del rischio crescente di isolamento internazionale.
Bombe su scuole e abitazioni: 60 morti in una notte
Intanto, mentre quei pochi camion varcavano il confine sud di Gaza, l'invasione continuava senza tregua: nella notte tra il 18 e il 19 maggio, i bombardamenti israeliani hanno infatti continuato a colpire scuole, abitazioni e rifugi civili in diverse zone della Striscia. Il bilancio delle vittime è stato ancora una volta pesantissimo: almeno 60 morti, tra cui molte donne e tantissimi bambini. A nord, un attacco ha distrutto una casa e una scuola trasformata in centro di accoglienza: 22 morti. A Deir al-Balah, nel centro della Striscia, un altro raid ha ucciso 13 persone, mentre nel vicino campo profughi di Nuseirat si contano 15 vittime. A Khan Younis, nel sud, altri due bombardamenti hanno provocato 10 morti. E gli ospedali locali, quei pochi che restano, già al collasso, non sono più in grado di gestire le emergenze, mancano letti, farmaci e personale.
Falliscono i negoziati: "Differenze fondamentali tra le parti"
Da Doha, dove si sono tenuti nuovi colloqui tra Hamas e Israele con la mediazione del Qatar, arrivano segnali negativi: il primo ministro qatariota, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha dichiarato infatti che i negoziati non hanno portato ad alcun risultato concreto. Le distanze tra le parti, ha spiegato, restano profonde, soprattutto su cessate il fuoco, rilascio degli ostaggi e ritiro dell'esercito israeliano. Hamas chiede la fine dell'invasione e garanzie per la popolazione civile. Israele, invece, continua a ripetere che la sua offensiva andrà avanti "fino alla distruzione totale" del movimento palestinese.
Netanyahu contro Regno Unito, Francia e Canada: "Vogliono premiare Hamas"
In queste stesse ore, si intensificano anche le frizioni diplomatiche: Regno Unito, Francia e Canada hanno duramente criticato il governo israeliano per aver impedito l'arrivo degli aiuti umanitari e per la violenza crescente nella Striscia e in Cisgiordania. I tre paesi chiedono l'immediata apertura dei corridoi umanitari e valutano possibili sanzioni nei confronti di Israele. La reazione di Netanyahu, che ha lanciato l'operazione Carri di Gideone, (Gideon's Chariots) nel tentativo di controllare tutta Gaza dopo aver tagliato cibo, carburante e qualsiasi tipo di aiuto sanitario dall'inizio di marzo, è stata feroce: in un post pubblicato su X (ex Twitter), il primo ministro ha infatti accusato i leader occidentali di voler "premiare l'attacco genocida del 7 ottobre", aggiungendo poi che chiedere a Israele di porre fine all'invasione equivarrebbe, a suo dire, a "incoraggiare nuovi massacri". Netanyahu ha poi ribadito le condizioni israeliane per una tregua: la liberazione degli ostaggi, il disarmo di Hamas, l'esilio dei suoi leader e la completa smilitarizzazione di Gaza: "Nessun Paese potrebbe accettare meno di questo, e Israele non lo farà", ha concluso.
La situazione nella Striscia di Gaza, dunque, continua a essere disperata. Dopo mesi di assedio, fame e bombardamenti, la sopravvivenza di migliaia di bambini è legata alla rapidità con cui il mondo saprà agire. Ma mentre gli appelli si moltiplicano, gli aiuti restano bloccati ai confini e le bombe israeliane continuano a cadere.
Onu: "Autorizzati a inviare circa 100 camion di aiuti umanitari"
Secondo quanto annunciato a Ginevra, nelle ultime ore, dal portavoce dell'Ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, Jens Laerke, l'Onu sarebbe stata autorizzata a inviare "circa 100" camion di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Il portavoce ha dichiarato anche che oggi l'Organizzazione sarebbe stata autorizzata anche a recuperare i propri cinque camion entrati a Gaza ieri, 19 maggio, dopo settimane di blocco totale da parte di Israele.