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Figlio di due mamme, Viminale presenta ricorso. Ma i giudici lo rigettano: “Atto di nascita valido”

“L’elemento della diversità di sesso tra genitori, nel quadro complessivo del nostro ordinamento, non può giustificare una condizione deteriore per i figli”, ha scritto la Corte d’Appello di Bari, rigettando il ricorso che aveva presentato il ministero dell’Interno sull’atto di nascita di un bambino, figlio di due donne. “Il prevalente interesse del minore verrebbe leso e strumentalizzato attraverso il rifiuto dell’identità”, hanno spiegato i giudici: “Non pare più possibile affermare che il termine coppia sia di per sé giuridicamente riferibile alle sole coppie di sesso diverso”.
A cura di Annalisa Girardi
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La Corte di Appello di Bari ha respinto il reclamo presentato dal ministero dell'Interno lo scorso anno confermando così la trascrizione dell'atto di nascita di un bambino che oggi ha tre anni e mezzo, figlio di due donne. "L'elemento della diversità di sesso tra genitori, nel quadro complessivo del nostro ordinamento, non può giustificare una condizione deteriore per i figli", ha scritto la Corte. Il piccolo è figlio biologico di una donna inglese, unita civilmente alla compagna barese.

"Il prevalente interesse del minore verrebbe leso e strumentalizzato qualora, attraverso il rifiuto dell'identità, conseguenza del riconoscimento in Italia come figlio delle due madri, il risultato sarebbe la stigmatizzazione della condotta delle due madri, per aver le stesse cercato fuori dall'Italia la realizzazione del diritto a divenire genitori, anche se non biologici", hanno spiegato i giudici.

Per il ministero dell'Interno la "trascrizione dell'atto di nascita di un minore che non ha alcun legame di sangue con un cittadino italiano" era "contraria ai principi primari costituzionalmente garantiti quali sono quelli relativi al diritto alla cittadinanza italiana". Ma per la Corte di Bari è più importante, oltre all'interesse del minore, "il diritto al riconoscimento della genitorialità". Facendo riferimento a una sentenza della Corte Costituzionale, i giudici di Bari hanno ricordato che "il dato della provenienza genetica non costituisce un requisito imprescindibile della famiglia": inoltre "il progetto genitoriale di una coppia omosessuale" unita civilmente, è paragonabile  a quello "di una coppia che, per sterilità o infertilità assoluta ed irreversibile, non sia in grado di procreare autonomamente", ha sottolineato la sentenza.

Infine, i giudici hanno concluso: "Non pare più possibile affermare che il termine coppia sia di per sé giuridicamente riferibile alle sole coppie di sesso diverso e sarebbe piuttosto da assumersi come violazione dell'art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo ogni disparità di trattamento fra coppie eterosessuali e omosessuali, a fortiori dopo l'entrata in vigore della Legge Cirinnà".

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