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Federico Ferrero: ‘Alla fine della fiera’ dopo tangentopoli non è cambiato nulla?

Vent’anni fa l’Italia scopriva ufficialmente il sistema del tangenti. Dopo quattro lustri il sistema non sembra per niente cambiato. Abbiamo intervistato Federico Ferrero, autore del libro ‘Alla fine della Fiera’, dove vengono ripercorse le vicende di tanti protagonisti di Tangentopoli. Molti sono stati dimenticati, altri sono riusciti a rientrare.
A cura di Alessio Morra
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alla fine della fiera, federico ferrero

Federico Ferrero, a vent’anni dall’arresto di Mario Chiesa, ha voluto ripercorrere in ‘Alla fine della fiera’ la storia di tanti protagonisti di Tangentopoli. Alcuni sono finiti nel dimenticatoio altri sono riusciti a riciclarsi. Leggendo il libro, parlando di Tangentopoli con Ferrero e vedendo quello che è accaduto nelle ultime settimane con le vicende di Lusi e Belsito si nota che in Italia in tutti questi anni poco è cambiato.

AM: Come nasce ‘Alla fine della fiera.’?

FF: “Già in quegli anni seguivo le trasmissioni, m’interessava guardare ‘Un giorno in Pretura’, leggevo i giornali, i settimanali come ‘L’espresso.’. Avvicinandosi il ventennale, ho pensato che avrei potuto raccogliere tutto il materiale che avevo conservato. Ho avuto la fortuna di incontrare un editor, di questa casa editrice di Torino, fondata da Andrea Agnelli, da Michele Dalai e da uno dei componenti della band dei Subsonica. L’editor mi ha chiesto di fare un’intervista pilota per vedere come lavoravo. E’ piaciuta, e siamo andati avanti.”.

AM: Ufficialmente Tangentopoli nasce il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, in realtà tutto parte da molto lontano.

FF: “ In realtà possiamo dire che il sistema delle tangenti esiste sin dalla nascita della Repubblica, c’è sempre stata corruzione diffusa, ma non era massiccia come in quegli anni. In quel periodo la Procura di Milano, con Antonio Di Pietro, stava indagando da diversi mesi su due diversi filoni d’inchiesta, che non erano direttamente legati con il denaro illecito in politica. L’episodio specifico con cui inizia tutto riguarda Luca Magni. Un imprenditore delle pulizie, che non è un eroe, perché aveva accettato il sistema delle tangenti. Magni era abituato a pagare, ma viveva un momento difficile, e non poteva riempire la bustarella di soldi come voleva Mario Chiesa, un craxiano di ferro, presidente del Pio Albergo Trivulzio, che pretendeva tangenti su tutti gli appalti. Magni si consultò con la sorella, che era sua socia nell’azienda, che gli consigliò di parlare con un amico ai Carabinieri. Magni poi incontrò Di Pietro che gli consigliò di incontrare Chiesa, con una valigetta piena di soldi, firmati, e piena di microspie. L’imprenditore gliela consegnò e Chiesa fu arrestato.".

AM: In Italia tante inchieste sono state insabbiate. Perché non è stata affossata l’inchiesta di ManiPulite?

FF: “Il clima politico e della società civile di quegli anni era il migliore possibile per far nascere un’inchiesta di questo tipo. Negli anni ’60 o ’70 la politica godeva di grande credito nei confronti della gente e non sarebbe stato consentito ai magistrati di indagare sui cinque partiti di maggioranza. In quegli anni, come ha detto Montini, un democristiano, la classe politica era ‘sputtanata.’, fare il politico era diventato l’equivalente di essere un ladro, soprattutto se eri un socialista.”.

AM: Tu nel tuo libro parli di personaggi che sono scomparsi. Ma come hanno fatto alcuni personaggi a riciclarsi?

“Ci sono alcuni personaggi che hanno la faccia tosta. Il primo che mi viene in mente è Paolo Cirino Pomicino, che ancora oggi continua a dire che è una vittima della giustizia, dici di essere stato prosciolto, ma non è vero. E’ uno dei condannati per la maxitangente Enimont. Un po’ è dipeso dagli elettori che lo hanno rivoltato. In parte è colpa del sistema politico che non permette agli elettori di scegliere il proprio candidato. Quindi se l’è sempre cavata scegliendo bene il partito con cui candidarsi. Poi ci sono episodi dimenticati. Ad esempio c’è Lorenzo Cesa dell’UDC, che scappò con la valigia inseguito dagli agenti, scene da Far West. Oggi Cesa è il segretario dell’UDC e si batte per la legalità. C’è un sottobosco di personaggi che hanno fatto dimenticare il loro passato. Penso ad Enzo Carra un giornalista che andò da Di Pietro, ed uscì con la manette, poi si è messo a fare politica.”.

AM: Uno dei personaggi più chiacchierati è senza dubbio Primo Griganti. Come mai lui non si è riciclato?

FF: “Greganti è sempre fermo sulla sua posizione. Continua a sostenere che i soldi che gli furono dati dal Gruppo Ferruzzi, non erano per il PCI-PDS. Quei soldi erano parte di pagamento che gli spettava, perché lui aveva costituito una società in collaborazione con il Gruppo Ferruzzi, che faceva affari con la Cina, ed avendo speso più del dovuto aveva ricevuto un contributo extra dalla Ferruzzi. Approfondendo la sua vicenda giudiziaria, qualche dubbio c’è. E’ difficile essere d’accordo con lui quando dice che:’mai il PCI prese tangenti.’’, perché a Milano diversi amministratori del PCI-PDS furono arrestati.”.

AM: Tra i tanti personaggi che hai incontrato c'è anche Chiara Moroni.

FF: “Rispetto agli altri intervistati è giovane, e non ha vissuto direttamente la vicenda, che riguardò il padre. E’ una ragazza molto maturata, rispetto al suo avvento in politica. Oggi sono passati tanti anni e analizza con maggiore distacco le vicende di Tangentopoli. Ha smesso di condurre una battaglia senza quartiere contro le toghe rosse. Ora dice che è vero che i magistrati hanno fatto un uso eccessivo delle manette, ma il clima di terrore e di gogna lo hanno creato le televisioni e i giornali che parlavano di avvisi di garanzia, che sembravano condanne automatiche. L’artefice di questa campagna mediatica, secondo la Moroni, non era Rai3 con TeleKabul, ma era figlia di Silvio Berlusconi, che con Emilio Fede e Paolo Liguori piazzavano l’inviato ventiquattro ore al giorno davanti al tribunale.”.

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