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Di Rubba e Manzoni, i due commercialisti condannati continuano a controllare i bilanci della Lega

Il 3 giugno 2021, gli ex revisori contabili dei gruppi parlamentari della Lega Di Rubba e Manzoni sono stati condannati dal tribunale di Milano nell’ambito dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission. “Il caso non c’entra nulla con noi”, ha detto il leader del Carroccio Matteo Salvini. Ma l’ultimo bilancio della Lega dimostra che almeno fino a fine 2020, mentre già erano sotto indagine, i due commercialisti controllavano le casse del vecchio partito fondato da Umberto Bossi.
A cura di Marco Billeci
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"La Lega non c'entra nulla". Così il segretario del Carroccio Matteo Salvini il 4 giugno scorso liquidava i giornalisti che gli chiedevano un commento sulla condanna di Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, per peculato e turbata libertà di scelta del contraente, nell'ambito della vicenda sulla Lombardia Film Commission. Una tesi azzardata, se non altro perché per anni i due commercialisti sono stati revisori dei conti dei gruppi parlamentari leghisti. Ora, nuove carte dimostrano come la società di Di Rubba e Manzoni abbia continuato a occuparsi dei soldi della Lega, anche dopo che i due sono stati prima indagati nel luglio 2020 e poi arrestati il 10 settembre scorso.

La prova sta in alcuni documenti allegati al rendiconto finanziario 2020 della "Lega Nord per l'indipendenza della Padania". Parliamo qui della cosiddetta vecchia Lega, quella fondata da Umberto Bossi e rottamata da Salvini a fine 2017. In realtà, anche dopo la creazione della nuova Lega per Salvini premier, l'originario partito indipendentista è rimasto attivo, con i suoi tesserati, versamenti, dirigenti. Soprattutto, è alla vecchia Lega che sta in capo la restituzione dei celebri 49 milioni di rimborsi elettorali, dopo la condanna per truffa a Genova. Per questo motivo, la Lega Nord per l'indipendenza della Padania è considerata una sorta di bad company del Carroccio.

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L'inchiesta sui commercialisti

Nei giorni scorsi l'Adnkronos ha rivelato come nella relazione di accompagnamento al bilancio 2020 si ipotizzi per la prima volta la chiusura definitiva della vecchia Lega. Intanto, però, l'attività del partito prosegue, compresa la gestione delle società partecipate. Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che entrano in gioco Di Rubba e Manzoni. Come mostriamo nei documenti allegati a quest'articolo, i grafici sulla situazione finanziaria al 31 dicembre 2020 delle partecipate leghiste  portano la firma della "Manzoni e Di Rubba Stp Srl" (MDR STP SRL). Si tratta proprio della sigla finita al centro dell'indagine sulla compravendita di un capannone a Cormano, che ha portato alla condanna dei due commercialisti. Della società, fa parte anche il tesoriere del partito, Giulio Centemero.

La MDR STP SRL è finita sotto il faro dell'antiriciclaggio di Bankitalia nell'estate del 2020 per una serie di operazioni sospette. Da qui , è scaturita poi l'inchiesta che ha visto protagonisti Di Rubba e Manzoni. Tra i movimenti di denaro al centro dell'attenzione, più di uno coinvolge la cassaforte immobiliare della vecchia Lega, la Pontida Fin, una delle due società partecipate che alla fine del 2020 risultavano ancora controllate dai due commercialisti (l'altra è la Fin Group Srl, in liquidazione). "Di Rubba disponeva direttamente dei conti della Pontida Fin", ha raccontato ai magistrati l'ex socio dei due contabili Michele Scileri. Secondo Scileri, i commercialisti avrebbero usato le casse del partito come un bancomat. Tra le altre cose, con i soldi della Pontida Fin, Manzoni avrebbe anche comprato una macchina per la moglie.

La Pontida Fin è finita anche al centro delle indagini delle procure di Genova e di Milano per l'ipotesi, a oggi non provata, che sia stato uno dei vicoli utilizzati per riciclare soldi della Lega nascosti all'estero per sfuggire al sequestro dei conti. Nelle scorse settimane, il caso è tornato al centro del dibattito politico dopo l'inchiesta di Fanpage Follow the Money:  nel video, tra l'altro, il sottosegretario leghista al Tesoro Claudio Durigon senza sapere di essere ripreso svela di non essere preoccupato per le inchieste sui fondi della Lega perché "il generale che indaga lo abbiamo messo noi".

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